CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2022, n. 6489
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico del reddito – Redditometro – Fattori-indice della capacità contributiva – Valore presuntivo – Onere di prova a carico del contribuente
Rilevato che
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso un avviso di accertamento per IRPEF relativo al 2005 emesso a seguiti di accertamento sintetico ex art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 in base al redditometro di cui al D.M. 10 settembre 1992;
la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che a giustificazione del proprio operato l’Ufficio sostiene che gli indicatori rappresentano una presunzione semplice di tipo grave, precisa e concordante necessaria e sufficiente per legittimare l’accertamento ex art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 ma tali indicatori, di per sé soli, non possono assumere le vesti di presunzioni semplici caratterizzate dai caratteri della gravità, precisione e concordanza se non sono accompagnati da comportamenti omissivi della parte contribuente, quali mancata tenuta della contabilità, omissione di registrazioni, che nella fattispecie concreta non si sono verificati, per cui è onere dell’Ufficio motivare e provare i dati identificativi dei presupposti materiali e giuridici ai quali è correlata la pretesa tributaria.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato a due motivi di impugnazione, mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 1, 36, 54 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per difetto di motivazione in merito a quali elementi di fatto e a quale iter logico si sia potuto concludere che il contraddittorio endoprocedimentale tra contribuente ed ente impositore non ha avuto luogo.
Il primo motivo di impugnazione è infondato.
Secondo questa Corte, infatti:
il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 41935 del 2021; Cass. n. 41875 del 2021; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);
in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 41935 del 2021; Cass. n. 41875 del 2021; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018).
Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale – affermando che a giustificazione del proprio operato l’Ufficio sostiene che gli indicatori rappresentano una presunzione semplice di tipo grave, precisa e concordante necessaria e sufficiente per legittimare l’accertamento ex art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 ma tali indicatori, di per sé soli, non possono assumere le vesti di presunzioni semplici caratterizzate dai caratteri della gravità, precisione e concordanza se non sono accompagnati da comportamenti omissivi della parte contribuente, quali mancata tenuta della contabilità, omissione di registrazioni, che nella fattispecie concreta non si sono verificati, per cui è onere dell’Ufficio motivare e provare i dati identificativi dei presupposti materiali e giuridici ai quali è correlata la pretesa tributaria – ha infatti fornito una motivazione ragionevole, coerente e chiara, con la quale ha spiegato di non ritenere sufficienti gli indicatori legati all’accertamento sintetico mediante il cd. redditometro, ritenendo che per integrare una presunzione semplice, tale da invertire l’onere della prova e gravare dello stesso il contribuente fosse necessario un quid pluris rappresentato da un comportamento omissivo di quest’ultimo quale ad esempio la mancata o scorretta tenuta della contabilità, comportamento omissivo che invece, nel caso di specie, non vi è stato. La motivazione della sentenza impugnata si colloca pertanto ben al di sopra del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass. n. 27899 del 2020; Cass. n. 22272 del 2018).
Con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, 2697, 2728 cod. civ. per avere la sentenza impugnata ritenuto che i coefficienti del cd. redditometro posti dall’Ufficio a base dell’accertamento avrebbero natura e valore di mere presunzioni semplici non caratterizzate dai requisiti della gravità, precisione e concordanza e sarebbero perciò inidonei a sorreggere la pretesa impositiva in assenza di ulteriori elementi istruttori a sostegno del ritenuto scostamento dei redditi.
Il secondo motivo di impugnazione è invece fondato.
Secondo questa Corte, infatti:
In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 27811 del 2018; Cass. n. 40933 e 40935 del 2021).
La Commissione Tributaria Regionale – affermando che a giustificazione del proprio operato l’Ufficio sostiene che gli indicatori rappresentano una presunzione semplice di tipo grave, precisa e concordante necessaria e sufficiente per legittimare l’accertamento ex art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 ma tali indicatori, di per sé soli, non possono assumere le vesti di presunzioni semplici caratterizzate dai caratteri della gravità, precisione e concordanza se non sono accompagnati da comportamenti omissivi della parte contribuente, quali la mancata tenuta della contabilità, l’omissione di registrazioni, che nella fattispecie concreta non si sono verificati, per cui è onere dell’Ufficio motivare e provare i dati identificativi dei presupposti materiali e giuridici ai quali è correlata la pretesa tributaria – non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto che non fosse sufficiente ad invertire l’onere della prova e a porla a carico del contribuente la determinazione del reddito effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, considerando invece necessario che l’Ufficio desse prova anche di una condotta omissiva del contribuente riguardante ad esempio l’omesso e scorretta tenuta della contabilità.
Pertanto, ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione e fondato il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accolto il secondo motivo di impugnazione e respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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