CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 giugno 2019, n. 17586
Tributi – Accertamento – Raddoppio dei termini di decadenza – Necessità della effettiva presentazione della denuncia penale – Esclusione – Sufficiente l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato
Rilevato che
– Con sentenza n. 9004/13/17 depositata in data 24 ottobre 2017 la Commissione tributaria regionale della Campania (in seguito, la CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza n. 15420/6/16 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (in seguito, la CTP) che a sua volta aveva accolto il ricorso proposto dalla società Solutions Srl in liquidazione (in seguito, la contribuente) relativo all’avviso di accertamento IVA 2007;
– La CTR confermava la decisione di primo grado, ritenendo assorbente ogni altra questione il fatto che non potesse trovare applicazione il raddoppio dei termini per l’accertamento, anche alla luce dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, in caso di omessa presentazione della denuncia penale entro la scadenza ordinaria dei termini di accertamento;
– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo. La contribuente ha resistito depositando controricorso.
Considerato che
– In via preliminare, la contribuente deduce l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e per violazione dell’art. 360 bis cod. proc. civ. per contrasto del ricorso con la giurisprudenza consolidata in materia. Le eccezioni sono destituite di fondamento, da un lato in quanto il ricorso riproduce compiutamente non solo la sentenza impugnata, ma anche quella di primo grado, e dalle pronunce si evince in modo completo la serie di elementi in fatto e diritto su cui è intervenuta la decisione in sede di merito sulla questione del raddoppio del termine, né il ricorso, sulla base delle sentenze della Cassazione riprodotte in ricorso può dirsi contrastante con l’art.360 bis cod. proc. civ. per manifesta infondatezza. Infine, la questione della delega di firma dell’avviso, su cui la CTR non si è pronunciata e che pure è stata dedotta in controricorso come eccezione, in ogni caso essa non è preliminare all’esame del motivo di ricorso, incentrato sulla stessa decadenza del potere di accertamento da parte dell’Amministrazione;
– Con l’unico motivo di ricorso – dedotto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. -, l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art.l, comma 132 e 2, comma 3 della legge n. 208 del 2015, con riferimento al termine di decadenza dell’accertamento tributario, per aver la CTR erroneamente ritenuto non applicabile alla fattispecie il raddoppio affermando la necessità della prova della comunicazione della notitia criminis entro il termine di decadenza ordinario;
Il motivo è fondato. Va infatti ribadito che: «In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011» (Cass. 30 maggio 2016 n. 11171);
– «In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudico penale e procedimento tributario» (Cass. 11 aprile 2017 n.9322);
– «In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli arti. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’Iva, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla l. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatatone conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o santonatoria entro il 31 dicembre 2015.» (Cass. 16 dicembre 2016 n. 26037);
– Orbene, la decisione della CTR, che considera non operante il raddoppio dei termini, e afferma la necessità della effettiva presentazione della denuncia penale entro il termine ordinario di accertamento, non è conforme ai principi di diritto sopra riportati e in sede di rinvio. Infatti, in riferimento ad avvisi di accertamento emessi, come nella fattispecie qui vagliata, il 5.6.2015, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di reato e persino l’omissione di quella comunicazione in relazione al termine di prescrizione dell’atto impositivo (Cass. sez. 5, 16/12/2016 n. 26037), perché quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti, come confermato dalla presentazione della denuncia penale nel caso di specie, intervenuta nel 2014 e di cui la stessa CTR dà conto;
– Conclusivamente, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata viene, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame del profilo e delle questioni rimaste assorbite, e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto oltre che per il regolamento delle spese di lite.
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