CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 giugno 2022, n. 20698
Estratto di ruolo – Avvisi di addebito – Impugnazione – Disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione delle relate di notifica – Valore probatorio della riproduzione informatica – Intimazione di pagamento – Effetto interruttivo della prescrizione
Rilevato che
Con sentenza n. 193 del 2020, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta da B. L. M., nei confronti di AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE ed INPS, avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di B. L. M. tesa ad impugnare l’estratto di ruolo indicante l’esistenza di due avvisi di addebito in ragione dell’affermata mancata notifica degli stessi e l’avvenuta decadenza ex art. 25 d.lgs. n. 46 del 1999 e la prescrizione dei crediti contributivi pretesi con l’avviso di addebito n. 36820120018482134;
ad avviso della Corte d’appello, rilevata la ritualità della costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate, rappresentata da avvocati del libero foro, l’appellante non aveva formulato alcuna puntuale contestazione in ordine alla conformità all’originale dei documenti prodotti in copia dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate ed in particolare dei documenti comprovanti le notifiche a mezzo posta prodotti dall’INPS, essendosi limitata ad un disconoscimento del tutto generico dell’intera documentazione depositata dalle controparti; il ricorso era infondato nel merito giacché la contestazione della conformità all’originale delle riproduzioni informatiche prodotte per provare l’avvenuta notifica degli avvisi di addebito e della cartella era del tutto generica, cioè non chiara, né circonstanziata ed esplicita, e come tale inidonea ad inficiare l’idoneità probatoria dei documenti prodotti, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità nell’interpretare l’art. 2712 c.c. (Cass. n.17526 del 2016; Cass. n. 24613 del 2019);
inoltre, era pure infondato il motivo secondo il quale il concessionario fosse comunque onerato della produzione in giudizio dell’originale della cartella di pagamento, in conformità con quanto stabilito da Cass. n. 10326 del 2014, in considerazione che la cartella altro non è che la stampa del ruolo in unico originale notificato al contribuente e che il concessionario mantiene solo la matrice, non sussistendo alcun onere di produrre in giudizio l’intera cartella; ancora, quanto alla notifica dell’avviso di addebito, la Corte ha stabilito che l’INPS aveva ritualmente provveduto alla notifica mediante raccomandata con avviso di ricevimento, come previsto dall’art. 30, comma 4, d.l. n. 78 del 2010, dovendosi fare applicazione del disposto dell’art. 26 d.p.r. n. 602 del 1973 ( Cass.n. 20918 del 2016 ed altre);
l’INPS aveva inoltre prodotto la cartolina attestante il recapito a mezzo posta, alla data del 30 gennaio 2013 e del 5 gennaio 2016 e da successive intimazioni di pagamento del 5 dicembre 2014 e 18 maggio 2018, con sottoscrizione del ricevente, con tutti gli effetti di cui all’art. 1335 c.c., in difetto di contestazioni sui contenuti della raccomandata e di proposizione della querela di falso (Cass. n.16528 del 2018); peraltro, non vi era alcuna necessità di inviare una seconda raccomandata alla destinataria dell’atto ai sensi dell’art. 60, comma 1 lett. b bis, d.p.r. n. 600 del 1973, perché la raccomandata era stata recapitata a mani proprie e la seconda raccomandata era prevista per l’ipotesi diversa della notifica a mezzo dei messi comunali di mezzi speciali autorizzati dall’ufficio; lo stesso doveva dirsi quanto alla notifica delle intimazioni di pagamento notificate a mezzo di raccomandata a.r. da ADER il 5 febbraio 2014; l’intimazione n. 06820189011830002000 era stata invece notificata a mezzo messi comunali, ritualmente, prima con consegna al portiere e poi con successiva raccomandata informativa alla destinataria;
la presenza degli atti notificati dimostrava l’avvenuta interruzione della prescrizione e l’infondatezza del relativo motivo di opposizione;
avverso tale sentenza ricorre B. L. M., sulla base di cinque motivi; resiste, con controricorso, l’INPS;
ADER Riscossione ha depositato memoria solo ai fini dell’eventuale discussione;
Considerato che
in sintesi, B. L. M. ha proposto i seguenti motivi:
1) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.5) e per violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215, 216 c.p.c.in relazione al disconoscimento della sottoscrizione e delle scritturazioni poste sui referti di notifica prodotti in copia dagli Enti ed al mancato procedimento di verificazione ad istanza degli Enti, contesta la cd. doppia conforme per la diversa motivazione adottata ed essendo stata omessa la valutazione del “fatto storico” procedimento di verificazione;
2) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4), c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c. per l’omessa decisione sull’eccezione di disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione delle relate di notifica poste sui referti di notifica prodotti in copia dagli Enti ed al mancato procedimento di verificazione ad istanza degli Enti, contesta la cd. doppia conforme per la diversa motivazione adottata ed essendo stata omessa la valutazione del “fatto storico” procedimento di verificazione;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2719 c.c. 214, 215, 216 c.p.c. in relazione al tempestivo disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione apposte sulle relate di notifica degli avvisi di addebito ed alla mancata richiesta di verificazione da parte degli Enti convenuti, posto che l’opponente non si era limitata a disconoscere la conformità delle copie ai sensi dell’art. 2719 c.c., ma soprattutto era stata disconosciuta la scritturazione e la sottoscrizione sui referti di notifica degli avvisi di addebito e sulla cartella;
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 60, comma 1 lett. b bis d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 139, terzo comma, c.p.c. in relazione all’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione, in relazione alla notificazione dell’intimazione di pagamento n. 06820189011830002000 che era avvenuta a mezzo dei messi comunali; la raccomandata era stata consegnata dal messo a mani del portiere ed era stata inviata a B. L. M. la raccomandata informativa, ma non erano state osservate le formalità della consegna dell’atto in busta sigillata sulla quale trascrivere il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione di notifica; inoltre, il consegnatario doveva sottoscrivere una ricevuta ed il messo doveva dare notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo lettera raccomandata di cui fosse certa l’effettiva ricezione;
5) violazione e falsa applicazione della normativa sulla prescrizione (art. 2943 c.c.) in quanto le intimazioni erano intervenute tardivamente ed, in difetto di notifica dell’atto presupposto, la sentenza impugnata non aveva riconosciuto l’interesse ad agire in accertamento negativo per far accertare l’avvenuta prescrizione maturata prima delle notificazioni contestate;
resiste con controricorso INPS; ADER ha depositato memoria solo ai fini dell’eventuale discussione;
Considerato che
i primi tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi dalla comune doglianza della mancata attivazione del procedimento di verificazione della scrittura privata disconosciuta (artt. 215 e 216 c.p.c.), sono infondati;
in primo luogo, va osservato che la sentenza impugnata ha, in via preliminare e dopo aver dato atto che l’appellante si era lamentato della mancata valutazione del disconoscimento delle copie dei documenti attestanti le notificazioni degli avvisi di addebito e della cartella di pagamento, ribadito che il disconoscimento effettuato non poteva ritenersi rilevante in quanto generico; è stata ricordata la consolidata giurisprudenza di legittimità che ritiene non sufficiente la generica eccezione di difformità al fine di incidere sul valore probatorio della riproduzione informatica e sono state richiamate le pronunce di questa Corte di cassazione nn. 17526/2016 e 24613/2013;
in sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto idonee le riproduzioni documentali prodotte al fine di provare l’effettiva notificazione degli avvisi di addebito e della cartella oggetto di causa, concludendo il proprio percorso motivazionale con l’ulteriore affermazione dell’infondatezza anche del motivo d’impugnazione basato sulla necessità della produzione dell’originale degli atti predetti da parte del concessionario per la riscossione;
a fronte dello snodo motivazionale basato sulla genericità della contestazione di conformità agli originali delle riproduzioni informatiche prodotte, la ricorrente non . . propone specifico motivo di ricorso sulla riscontrata genericità del disconoscimento operato, ma denuncia la obliterazione dell’ulteriore disconoscimento dell’autenticità delle scritturazioni e della sottoscrizione contenute nelle relate di notifica;
da ciò si deve trarre la conclusione che la sentenza impugnata non è stata attinta dall’impugnazione in cassazione in punto di conformità delle copie fotografiche ed informatiche agli originali, con la conseguenza della piena idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia al fine di dimostrare l’avvenuta notificazione degli avvisi di addebiti e della cartella opposti;
a questo punto balza evidente l’ininfluenza delle questioni sollevate in ordine agli effetti processuali derivanti dal disconoscimento delle sottoscrizioni apposte alle relate di notifica a mezzo posta di cui sopra, al fine di paralizzare per altra via la loro efficacia probatoria;
va infatti ricordato che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vd. di recente Cass. n. 19813 del 2021), in ordine all’ efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto solo in copia, si è orientata nel senso della considerazione complessiva dei contenuti dell’art. 2719 c.c. (quanto alla efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale non è espressamente disconosciuta), dell’art. 2712 c.c. (quanto alla idoneità delle riproduzioni meccaniche a formare piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se non se ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime) ed anche dell’art. 214 c.p.c., (secondo cui colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione), dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2,(secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta, fra l’altro, se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione), nonché dell’art. 2700 c.c. (che dispone che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti);
applicato tale complesso normativo al caso di specie, va dunque affermato che la mancanza di specificità del disconoscimento della conformità delle copie informatiche agli originali, considerato peraltro che non vi è obbligo per il concessionario di produrre gli originali (vd. Cass. 20769 del 2021), ha pienamente legittimato l’accertamento decisivo della esistenza delle notifiche non potendo, contrariamente alla prospettazione della ricorrente, porsi una questione di disconoscimento dell’autenticità delle sottoscrizioni e delle scritture con consequenziale operatività necessaria dei procedimento di verificazione ex art. 215 c.p.c. contenute nelle dette relate di notifica che rivestono la natura di atto pubblico;
così già Cassazione civile, sez. II, 27/04/2004, n. 8032, ha avuto modo di affermare, in tema di notificazione a mezzo posta, che si perfeziona, per il destinatario, con la consegna del plico, che l’avviso di ricevimento, parte integrante della relazione di notifica, ha natura di atto pubblico che – essendo munito della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’ufficiale giudiziario attesta avvenuti in sua presenza – costituisce, ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge n. 890 del 1982, il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa dataria l’identità della persona alla quale è stata eseguita e che ha sottoscritto l’atto, salvo che, ai sensi del successivo comma 4 della norma citata, la data di consegna non risulti apposta o sia comune incerta, sicché in tal caso i termini connessi alla notificazione decorrono dalla data risultante dal timbro postale. Ne consegue che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre la querela di falso – anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell’ufficiale giudiziario – a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto dall’ufficiale giudiziario nella redazione del documento;
in mancanza di un errore materiale rilevabile in modo immediato e diretto dall’esame obiettivo dello stesso atto, l’accertamento della non rispondenza al vero, postulando un giudizio di incompatibilità della data o di altri dati apposti con altri elementi di valutazione acquisiti al processo, può avere luogo soltanto nell’ambito del procedimento previsto dagli art. 221 ss. c.p.c. per l’invalidazione degli atti pubblici (Cass., sez 6-5, 31 luglio 2015, n. 16289; Cass. Sez. un., 27 aprile 2010, n. 9962);
il quarto motivo, che denuncia la violazione del disposto dell’art. 60, comma 1, lett. b. bis), d.P.R n. 600/1973, è inammissibile;
in punto di fatto, la sentenza ha affermato (pagg.6 e 7) che gli avvisi di addebito erano stati notificati ai sensi dell’art. 30, comma 4, d.l. n. 78/2010 conv. in l. n. 122/2010, secondo il quale la notifica dell’avviso di addebito può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; la sentenza ha affermato che doveva ritenersi quindi applicabile, l’art. 26 d.P.R. n. 602/1973, recante la disciplina della notifica delle cartelle di pagamento, che pure prevede la notifica tramite invio diretto della raccomandata, e che l’INPS aveva depositato gli avvisi di ricevimento delle relative raccomandate; in particolare, quanto all’avviso di addebito n. 36820120018482134, lo stesso è stato notificato a mezzo raccomandata consegnata a mani di B. L. M. il 30 gennaio 2013, sicché il richiamo all’art. 60 cit. non era pertinente, così come per la notifica dell’avviso di addebito n. 3682015001663987, per l’intimazione di pagamento n. 06820149008329028000, notificata il 5 febbraio 2014, che erano avvenute con invio diretto di raccomandata da parte dell’INPS e da ADER; pertanto, a fronte della raccomandata consegnata al portiere, non era necessario procedere all’invio della raccomandata informativa; l’unica notifica cui la sentenza ha ritenuto applicabile l’art. 60, comma 1 lett. b-bis, dPR n, 600/1973 è quella relativa all’intimazione di pagamento n. 06820189011830002000 e la disposizione risultava osservata perché consegnata a mani del portiere ed era stata inviata la raccomandata informativa a B. L. M.;
ciò premesso, il motivo può rivolgersi solo a questa ultima citata notifica dell’intimazione, riferita a diversi titoli impositivi anche non contributivi ed alla contribuzione pretesa dall’INPS per gli anni 2005,2006 e 2009; tuttavia, per effetto della mancata opposizione avverso gli avvisi di addebito n. 3682015001663987 e n. 36820120018482134, notificati correttamente il 5 gennaio 2016 ed il 30 gennaio 2013, e della successiva notifica dell’intimazione di pagamento – avvenuta il 5 febbraio 2014 – è evidente che la prescrizione eventualmente maturatasi prima delle date di notifica degli avvisi di addebito non può essere accertata, fermo restando l’effetto dell’interruzione del 5 febbraio 2014 connesso all’intimazione di pagamento; resta, dunque, non sostenuta dal necessario interesse ad impugnare l’ipotetica irregolare notifica dell’intimazione di pagamento avvenuta il 18 maggio 2018, posto che con la memoria di costituzione dell’INPS in primo grado i crediti contributivi sono stati ulteriormente richiesti con ulteriore effetto interruttivo come ritenuto da Cass. n. 21799 del 2021, secondo cui la richiesta del convenuto di mero rigetto della altrui domanda di accertamento negativo di un debito può costituire domanda idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, ex art. 2943, comma 2, c.c., se è volta, in concreto, a ribadire le ragioni del proprio credito e a chiederne giudizialmente l’accertamento, con i consequenziali effetti permanenti di cui all’art. 2945 comma 2 c.c., ben potendo un’azione di accertamento negativo dell’altrui negazione del credito contenere implicitamente un’azione di accertamento della titolarità della situazione giuridica dedotta in giudizio;
alla luce di quanto sopra, il quinto motivo resta assorbito;
in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore di ciascun controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo Introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
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