CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 giugno 2022, n. 20792
Dipendente INPS – Assegno di garanzia della retribuzione – Art. 19, CCNL 1998/2001 – Esercizio di funzioni di particolare rilevanza – Assenza di atto di conferimento formale
Rilevato che
1. Con sentenza del 26 luglio 2016, la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Ferrara nella parte in cui aveva accolto la domanda proposta da M.L., dipendente INPS inquadrata in area C-ex VII qualifica funzionale, per l’accertamento del diritto a percepire l’assegno di garanzia della retribuzione, di cui all’articolo 19 CCNI 1998/2001, a far data dal 24 febbraio 2001; riformava la sentenza di primo grado in ordine al regime degli accessori, dichiarando dovuta la maggior somma tra rivalutazione monetaria ed interessi legali, dalla maturazione di ciascun credito al saldo.
2. La Corte territoriale respingeva l’appello dell’INPS, fondato sul rilievo che l’esercizio, incontestato, di funzioni di particolare rilevanza da parte della dipendente non era avvenuto sulla base di un atto di conferimento formale del direttore di sede competente bensì del sotto-ordinato direttore di area.
3. Osservava che tra le funzioni di particolare rilevanza per l’ente, di cui al contratto decentrato del 1998, rientrava la Commissione C.I.G., in quanto istituita per legge (L. nr. 64/1975); interpretava la disposizione contrattuale nel senso che l’atto di conferimento formale non era richiesto per le funzioni espressamente indicate nella tabella ma solo per le funzioni «analoghe» a quelle ivi elencate.
4. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’INPS, articolato in un unico motivo di censura, cui M.L. ha resistito con controricorso.
5. Le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di censura l’INPS ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – la violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro e degli articoli 1362 e segg. cod.civ., con riferimento all’articolo 36 CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1994/1997, posto in correlazione con il Contratto Collettivo decentrato INPS per l’anno 1998 dell’8 luglio 1998, allegato 1 lett. B, titolo II, punto 8 e con l’articolo 19 CCNI 1998/2001, attuativo del CCNL 1998/2001 ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI, sottoscritto il 16 febbraio 1999 nonché la violazione dell’articolo 111, comma sette, Cost., in una lettura integrata con l’articolo 6 CEDU.
2. L’INPS ha esposto che nella contrattazione collettiva della prima tornata era stata prevista (articolo 36 CCNL del comparto ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1994/1997, del 6 luglio 1995) l’ attribuzione di indennità dirette a remunerare l’esercizio di funzioni di particolare rilevanza per l’ente da parte di personale appartenente, tra l’altro, alla VII qualifica funzionale, rinviando alla contrattazione decentrata di Ente la definizione dei criteri per l’attuazione, le modalità e la periodicità di erogazione.
L’allegato 1 al Contratto Collettivo Integrativo 1998, dell’8 luglio 1998, al titolo II (Sistema delle Indennità) lettera B (Indennità ex articolo 36, comma uno CCNL 1995), punto 8, prevedeva una indennità mensile lorda di € 130.000 per i collaboratori svolgenti «con atto formale anteriore al 31 dicembre 1996» funzioni indennizzabili analoghe a quelle previste alla tabella di cui all’allegato nr. 3.
3. Nell’assunto dell’INPS la disposizione contrattuale richiederebbe, dunque, l’atto formale di conferimento delle funzioni, per di più di data anteriore al 31.12.1996.
4. L’Ente ha dedotto che, a voler seguire la interpretazione accolta nella sentenza impugnata, non si sarebbe compreso il motivo per il quale lo stesso allegato 1 al Contratto Collettivo Integrativo 1998, titolo II, alla lettera C (nr. 1) richiedeva per la indennità di funzione il previo conferimento formale al personale di VIII e IX qualifica che svolgeva le funzioni di cui alla tabella allegato 3.
5. Il ricorso è inammissibile.
6. La questione di causa verte, piuttosto che sulla interpretazione del contratto collettivo nazionale del comparto enti pubblici non economici, sulla disposizione dell’allegato 1 (titolo II, punto 8) del Contratto integrativo dell’INPS dell’8 luglio 1998.
7. Con riferimento alla interpretazione del contratto collettivo integrativo nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, questa Corte ha ripetutamente affermato (ex plurimis: Cassazione civile sez. lav., 09/06/2017, n.14449; Cass. 5745/2014, 19227/2011, 28859/2008), che la regola posta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui all’art. 40 del predetto D.Lgs., con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo, in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione.
8. L’INPS, nel censurare la interpretazione del contratto integrativo accolta nella sentenza impugnata, non individua gli specifici canoni ermeneutici che il giudice dell’appello avrebbe violato né le ragioni della violazione; soltanto nella rubrica del motivo figura la deduzione della violazione degli articoli 1362 e segg. cod.civ., che non trova, tuttavia, alcun riscontro nella parte espositiva.
9. Il ricorso è costruito come critica diretta alla interpretazione enunciata dal giudice dell’appello, richiedendosi a questa Corte di fornire una inammissibile interpretazione diversa del testo contrattuale.
10. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
11. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200,00 per spese ed € 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.