CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 maggio 2019, n. 14501
Inquadramento contrattuale – Diritto a differenze retributive e sul trattamento di fine rapporto
Fatto
Rilevato che:
1. S. R. (id est-, datore di lavoro) agiva ed otteneva, con procedura monitoria, nei confronti di M. Di P. (id est: lavoratrice), la restituzione dell’importo versato in esecuzione della sentenza del Tribunale di Chieti (sentenza nr. 1796 del 2007), in quanto riformata con sentenza della Corte di Appello di L’Aquila (sentenza nr. 426 del 2009), poi confermata in sede di legittimità (Cass. nr. 2002 del 2012);
1.1. proposta opposizione a decreto ingiuntivo dalla Di P., il Tribunale di Chieti (sentenza nr. 615 del 2014) accoglieva parzialmente l’opposizione, limitatamente alla decorrenza degli accessori;
2. la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza nr. 894 del 2015, in accoglimento dell’appello principale di M. Di P., rigettato quello incidentale di S. R., condannava la prima a restituire al secondo il «solo importo differenziale tra le maggior somme percepite in esecuzione della sentenza del Tribunale di Chieti nr. 1796 del 2007 (calcolate con riguardo all’inquadramento nel 1° livello contrattuale) e quanto a lei invece spettante in virtù dell’inferiore inquadramento contrattuale riconosciuto nella sentenza della Corte di appello di L’Aquila nr. 426 del 2009 assumendo a parametro di calcolo l’inquadramento nel 3° livello contrattuale) maggiorato di interessi legali e rivalutazione monetaria maturati sino al giorno del pagamento non dovuto (3.4.2008) nonché degli interessi legali, ovvero se di maggior misura, della rivalutazione monetaria – pari al saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi – dal giorno del pagamento non dovuto sino al soddisfo»;
2.1. a fondamento del decisum, la Corte di appello ha osservato che il Tribunale di Chieti, con la sentenza nr. 1796 del 2007, aveva riconosciuto, in favore della Di P., il diritto a differenze retributive e sul trattamento di fine rapporto, per il periodo dell’intercorso rapporto di lavoro, sulla base di un inquadramento professionale nel primo livello; tale diritto era stato parzialmente negato dalla successiva sentenza di appello nr. 426 del 2009 che riconosceva il medesimo diritto (id est: a differenze di retribuzione e sul trattamento di fine rapporto) ma con riferimento ad un inquadramento professionale inferiore (3° livello), con conseguente insorgenza di una obbligazione restitutoria delle maggior somme nel frattempo percepite dall’accipiens;
l’obbligo restitutorio, infatti, secondo la Corte di appello doveva essere limitato all’importo differenziale tra quanto percepito dall’appellante (Di P./lavoratrice) a seguito della sentenza di primo grado e la minor somma a lei effettivamente spettante a seguito dell’inferiore inquadramento contrattuale riconosciuto nella meno favorevole sentenza di appello; andavano, inoltre, respinte le domande di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, ex art. 2116 cod.civ., in totale carenza di allegazioni in punto di danno;
3. ha proposto ricorso per cassazione M. di P., affidato a quattro motivi;
4. ha resistito, con controricorso, contenente a sua volta ricorso incidentale con tre motivi, S. R.;
Diritto
Considerato che:
il ricorso principale si fonda sui seguenti motivi:
1. con il primo motivo, è dedotto – ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ. – error in procedendo; si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. in ragione dell’omesso, integrale esame del primo e del secondo motivo di appello; secondo la parte ricorrente, la sentenza della Corte di appello non avrebbe determinato il quantum dovuto in restituzione ma individuato (solo) il criterio in base al quale pervenire alla sua determinazione, così omettendo di pronunciarsi su una specifica domanda;
2. con il secondo motivo, è dedotto – ai sensi dell’art. 360 nr. 4- error in procedendo; si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. in ragione dell’omesso, integrale esame del terzo motivo di appello; secondo la parte ricorrente, la sentenza della Corte di appello avrebbe respinto il terzo motivo con cui si chiedeva la condanna generica al risarcimento del danno patito per omesso versamento dei contributi previdenziali prescritti nei confronti dell’Inps;
3. con il terzo motivo, è dedotta – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – violazione degli artt. 2116 e 2697 cod.civ.; la questione del precedente motivo è riproposta, in relazione alle norme che precedono; la parte ricorrente assume che la Corte avrebbe errato nel rigettare la domanda di condanna generica al risarcimento del danno per l’omesso versamento dei contributi, a tal fine non richiedendosi affatto la prova del danno;
4. con il quarto motivo, è dedotta – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – violazione degli artt. 91 e 92 cod.proc.civ.; secondo la parte ricorrente la Corte di appello non avrebbe potuto disporre la integrale compensazione di entrambi i gradi di merito, stante la sostanziale soccombenza della controparte;
5. il primo motivo del ricorso principale è fondato nei termini che seguono;
5.1. prima ancora della dedotta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., va rilevato che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ex art. 645 cod.proc.civ, quale è quello oggetto della sentenza impugnata, non introduce un giudizio autonomo e neppure un grado autonomo, ma costituisce solo una fase del giudizio già pendente a seguito del ricorso in monitorio del creditore. Il che comporta, per quanto di maggior rilievo ai fini della odierna fattispecie, che il giudice dell’opposizione è tenuto ad accertare sia l’an che il quantum della pretesa e deve pronunciare sentenza di condanna al pagamento di una somma determinata (in argomento, per tutte, cfr., Cass., sez. un., nr. 7448 del 1993);
5.2. viceversa, la Corte di appello di L’Aquila, liquidando, con condanna in via generica, le somme dovute in restituzione, ha violato le indicate regole processuali ed è, dunque, incorsa in error in procedendo;
5.3. il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, strettamente connessi, riguardano il rigetto della domanda di risarcimento del danno, in via generica, per omissione contributiva, in difetto di allegazioni in punto di pregiudizi subiti;
5.4. il terzo motivo è da accogliere, assorbito il secondo;
5.5. questa Corte ha più volte precisato che la condanna generica al risarcimento dei danni presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, in base ad un accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza, mentre la prova dell’esistenza del danno, della sua reale entità e del rapporto eziologico è riservata alla fase successiva di determinazione e di liquidazione, sicché la pronuncia sull1 «an debeatur» si configura come una mera «declaratoria iuris» da cui esula qualunque accertamento in ordine alla misura e alla concreta sussistenza del danno, (cfr. ex plurimis, Cass. nr. 9043 del 2012; nr. 27723 del 2005; nr. 2875 del 1992);
5.6. la Corte di appello di L’Aquila, invece, dopo aver osservato come non fosse in discussione che la condanna al pagamento delle differenze retributive «non assorb(isse) né elimin(asse) l’interesse del lavoratore a veder ricostituita la propria posizione previdenziale ( soprattutto nei periodi di totale omissione contributiva)» e ritenuto che, in favore dell’appellante ( id est\ appellante principale/lavoratrice) fosse «astrattamente ipotizza(bile) […] un eventuale diritto al risarcimento dei danni ex art. 2116 cc», contravvenendo al principi di cui al paragrafo che precede, ha, poi, così statuito « […] in totale assenza di allegazioni sul punto, non potendo essere liquidato un risarcimento del danno pensionistico meramente ipotetico ed eventuale, la domanda risarcitoria non può essere in questa sede accolta, neanche in termini di condanna generica»; in tal modo, incorrendo nel denunciato errore di diritto;
5.7. resta assorbito, altresì, il quarto motivo del ricorso principale che attiene al governo delle spese;
il ricorso incidentale è affidato ai seguenti motivi:
6. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione dell’art. 2909 cod.civ. e dell’art. 324 cod.proc.civ.; si assume, nella sostanza, che a seguito di giudicato della sentenza nr. 426 del 2009, non vi era più diritto a pretendere differenze di retribuzione in virtù dell’intercorso rapporto;
7. con il secondo motivo del ricorso incidentale – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione degli artt. 2948 nr. 5, 2948 nr. 4, 2956 nr. 1 cod.civ. nonché dell’art. 55 comma 1 del RDL nr. 1827 del 1935 in relazione alla prospettata questione di prescrizione;
8. con il terzo motivo del ricorso incidentale – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione dell’art. 1224 comma 2 cod.civ. e falsa applicazione dell’art. 429 cod.proc.civ.; si censura la statuizione di rigetto del cumulo degli interessi legali e della rivalutazione sino alla effettiva restituzione;
9. il primo motivo del ricorso incidentale difetta di specificità;
9.1. non risultano trascritti né la sentenza della Corte di appello di L’Aquila nr. 426 del 2009, né la sentenza del Tribunale di L’Aquila del 2007, né gli atti difensivi di detto giudizio (risultando, invece, solo indicata la sede di produzione processuale) né, infine, il contenuto integrale dell’atto di opposizione della lavoratrice;
9.2. tali omissioni si pongono in contrasto con il disposto di cui all’art. 366 nr. 6 cod.proc.civ. e dall’art. 369 nr. 4 cod.proc.civ. che impongono alle parti, ove siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., di carenze motivazionali, ex art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., o di un «error in procedendo» ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, di riprodurre in ricorso il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale oltre che di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., 8877 del 2012; ex plurimis, Cass. nr. 13713 del 2015);
9.3. in particolare, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un vizio per «errores in procedendo» è giudice del fatto (processuale) ed ha ¡I «potere-dovere» di esaminare direttamente gli atti di causa, è anche vero che, per il sorgere di tale «potere-dovere», è necessario che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il «fatto processuale» di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che la censura presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di specificità del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (ex plurimis, Cass., sez. un., nr. 8077 del 2012; Cass. nr. 896 del 2014);
9.4. nella specie, le indicate omissioni impediscono alla Corte di verificare l’esatta portata del giudicato formatosi per effetto della pronuncia di questa Corte (nr. 2002 del 2012);
9.5. invero, con la sentenza in oggetto (id est: sentenza Cass. nr. 2002 del 2012) è stata definitivamente accertata l’insussistenza del diritto della lavoratrice all’inquadramento nel livello superiore (non altro) e detta statuizione non è messa in discussione dalla sentenza impugnata, come non è messo in discussione il diritto alla restituzione delle maggior somme versate dal datore di lavoro in esecuzione della sentenza di primo grado, sul punto riformata;
10. anche il secondo motivo del ricorso incidentale si arresta ad un rilievo di inammissibilità;
11.2. la questione della prescrizione non è affrontata nella sentenza impugnata;
11.3. vale il principio per cui qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare «ex actis» la veridicità di tale asserzione prima di esaminarne il merito (ex plurimis: Cass. nr 25043 del 2015; Cass. nr. 23675 del 2013; Cass. nr. 4787 del 2012; Cass. nr. 3664 del 2006); detti oneri non risultano soddisfatti nel ricorso incidentale;
12. il terzo motivo del ricorso incidentale, afferente al calcolo degli accessori, è assorbito dall’accoglimento dei motivi del ricorso principale;
13. conclusivamente, vanno accolti il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, dichiarati inammissibili il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiarati assorbiti i restanti motivi;
14. la sentenza va, dunque, cassata, con rinvio ad altro giudice che, nel riesaminare la fattispecie, si adeguerà ai principi innanzi espressi (ai §§ 5. e ss.); il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbiti il secondo ed il quarto del ricorso principale ed il terzo del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
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