CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 marzo 2018, n. 7741
Contratto di lavoro a termine – Recesso anticipato – Accordo integrativo per il settore turismo e pubblici servizi della Provincia Autonoma di Bolzano
Rilevato
che, con la sentenza n. 1/2013, la Corte di appello di Trento -Sezione distaccata di Bolzano- ha confermato, sia pure con diversa motivazione, la pronuncia n. 15/2011 emessa dal Tribunale di Bolzano con la quale la I. Hotels di I. A. e C. sas era stata condannata al pagamento, in favore di A. S. T., dell’importo di euro 5.043,47 a titolo di crediti retributivi non corrisposti, oltre accessori, nonché alla regolarizzazione contributiva e alle spese di lite: il tutto quale illegittima trattenuta di corrispondente importo, effettuata dalla società datrice di lavoro, per essere la dipendente receduta anzitempo dal contratto di lavoro a termine intercorso tra le parti con decorrenza dal 14.2.2008; che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la I. Hotels di I. A. e C. sas affidato a tre motivi;
che A. S. T. ha resistito con controricorso spiegando ricorso incidentale condizionato affidato a cinque motivi; che il PG non ha formulato richieste scritte.
Considerato
che, con il ricorso principale, si censura: 1) la violazione e falsa applicazione degli art. 1326, 1332, 1372 e 1362 e ss cc, dell’art. 210 3° comma del CCNL 27.7.2007, la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e del principio giuridico dell’inizio dell’efficacia dei contratti, nella cui nozione rientrano gli accordi sindacali, dalla data della loro stipulazione, a meno di un esplicito accordo sulla loro efficacia retroattiva, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: si sostiene, in pratica, da un lato che la Corte distrettuale aveva ritenuto applicabile, alla fattispecie in concreto, l’accordo integrativo per il settore turismo e pubblici servizi della Provincia Autonoma di Bolzano del 27.8.2000 sebbene il rapporto di lavoro intercorso tra le parti fosse cessato il giorno prima e nonostante non vi fosse alcuna disposizione contrattuale da cui desumere la sua applicazione anche con decorrenza anteriore alla sua stipulazione e anche ai rapporti cessati; dall’altro che l’accertamento dei giudici di merito sulla presunzione di adesione della società all’accordo de quo non era immune da errori di diritto e rispettoso dei principi che regolavano la prova per presunzioni; 2) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 Dlgs. 6.9.2001 n. 368, dell’art. 11 lett. b) della parte IV dell’Accordo Integrativo per il settore turismo e pubblici servizi della Provincia Autonoma di Bolzano del 27.8.2008, dell’art. 210 dei CCNL 19.7.2003 e 27.7.2007 e dell’art. 1362 e ss cc con violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 3 della seconda parte del citato accordo integrativo del 27.8.2008 anziché l’art. 11 lett. b della sua parte IV e l’art. 210 del CCNL citato, ritenendo erroneamente il contratto in questione di tipo stagionale quando, invece, l’indicazione in esso di un termine finale, non fisso e rigido, non era ostativo alla natura di contratto a tempo determinato mentre, di contro, escludeva sicuramente l’applicabilità del citato art. 3 che riguardava i contratti stagionali sottoscritti senza l’indicazione di un termine finale della stagione;
che, con il ricorso incidentale condizionato, si deduce: 1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cc -sulla sussistenza di una giusta causa di dimissioni- sulla concessione del preavviso/prosecuzione del rapporto- sulla insussistenza di incompatibilità con la giusta causa, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; 2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., sulla applicazione dell’art. 210 comma 2° CCNL, per tardività della formulazione della questione, o in subordine per l’inesistenza dei presupposti per la sua applicazione o, in via ancora più subordinata, la sua violazione e falsa applicazione per la errata sua interpretazione e per l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla mancata verifica sulla sussistenza di un “ingiusto allontanamento” disciplinato dall’articolo in questione; 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1348 cc; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; la riduzione della penale, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere il giudice di appello omesso di valutare la domanda, formulata dalla lavoratrice, di riduzione dell’ammontare della somma trattenuta stante la natura di clausola penale di cui all’art. 210 CCNL; 4) in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici di merito effettuato un’applicazione errata dell’art. 2119 cc, 2697 cc, 1218 cc e 1223 in quanto, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa di dimissione e dell’applicabilità o meno dell’art. 3 Parte II del CPPL Turismo e Pubblici Esercizi, parte datoriale non aveva dimostrato la sussistenza di alcun danno per trattenere la retribuzione della lavoratrice; 5) la violazione e falsa applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente interpretato il giudice di appello l’art. 11 citato, una volta ritenuto applicabile il CCPL della Provincia di Bolzano del 27.8.2008, nella parte in cui è stato considerato che la suddetta disposizione, disciplinante una clausola penale, avrebbe contenuto un refuso circa l’utilizzo della preposizione “delle” in luogo di “alle”, con la conseguenza della determinatezza dell’indennizzo previsto e, quindi, della legittimità della clausola;
che il primo motivo del ricorso principale è infondato: invero, la Corte territoriale ha ritenuto applicabile, nella fattispecie in esame, l’Accordo integrativo provinciale (art. 3 comma 1 della Parte II) sulla base di un comportamento univocamente concludente, tenuto ante causam, dalla società sicché, richiamando un orientamento di legittimità (Cass. n. 10654/1990; Cass. n. 10581/1990), ha sottolineato che, allorquando il datore di lavoro inquadri il dipendente alla stregua di un determinato contratto, non può dedurre in giudizio l’applicabilità di un nuovo contratto: le denunziate violazioni di legge si sostanziano, quindi, nella esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito delle emergenze istruttorie, inammissibile in questa sede di legittimità; quanto, poi, all’uso della prova presuntiva, va evidenziato che spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass. 2.4.2009 n. 8023): nel caso di specie, con argomentazioni congrue e logiche, la Corte territoriale ha ravvisato gli elementi indiziari, ai fini di ritenere di fatto applicato l’Accordo integrativo provinciale, nella corresponsione della “indennità territoriale” e nel richiamo in termini effettuato dal legale della società nella missiva del 7.10.2010 alla locale CISL;
che anche il secondo motivo del ricorso principale è infondato: l’interpretazione dei contratti e degli altri atti di autonomia privata in genere è riservata all’esclusiva competenza del giudice del merito, essendo il sindacato di legittimità limitato alla sola verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale nonché alla coerenza e logicità della motivazione (tra le altre Cass. 10.2.2015 n. 2465; Cass. n. 14.7.2016 n. 14355): censure in questa sede neppure effettivamente formulate, al di là di una formale prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza impugnata; circa, invece, la applicazione del regime di maggior favore che, nella ipotesi contrattuale individuata dalla Corte di merito (speciale previsione del contratto locale), l’Accordo integrativo ha apprestato a beneficio del lavoratore, con possibilità di quest’ultimo di quest’ultimo di recedere in ogni momento salvo preavviso di gg. 15, i giudici di seconde cure, con un accertamento insindacabile in questa sede per quanto sopra detto, hanno escluso la sussistenza, nel caso di specie, di un contratto a termine ai sensi dell’art. 73 CCNL (per la mancata previsione di un termine fisso), restando, pertanto, irrilevante l’applicazione dei principi fissati ex lege dall’art. 4 D.lgs n. 368/2001 in tema di prorogabilità dei contratti a termine;
che alla stregua di quanto esposto il ricorso principale deve essere rigettato, restando conseguentemente assorbito l’esame di quello incidentale;
che, al rigetto del ricorso principale segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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