CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 novembre 2018, n. 30791

Tributi – Accertamento – Riscossione – Iscrizione a ruolo – Cartella di pagamento – Dichiarazioni tributarie

Rilevato che

– con sentenza n. 119/2010 del 12 aprile 2010, la C.T.P. di Milano respingeva il ricorso proposto da M.V. S.p.A. nei confronti di Agenzia delle Entrate avverso la cartella di pagamento n. 6820080352390833, recante l’iscrizione a ruolo di imposte IRES, IVA, ritenute alla fonte non versate e costi di notifica, emessa in conseguenza di controllo automatizzato ex art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 (tramite il quale l’Amministrazione disconosceva compensazioni per Euro 603.640,00 in quanto riguardanti un’eccedenza di imposta in realtà inesistente);

– la C.T.R. della Lombardia, con la sentenza n. 135/38/11 del 30 settembre 2011, accoglieva l’appello della M.V. annullando la cartella di pagamento: per quanto rileva in questa sede, il giudice dell’impugnazione affermava che «la necessità di una adeguata motivazione della cartella, che deve specificare chiaramente l’errore materiale o di calcolo compiuto dal contribuente è confermata dall’art. 54-bis del DPR 633/1972, dall’art. 60, comma 6, DPR 633/1972, dall’art. 6, comma 5, Legge 212/2000, che sanziona a pena di nullità i provvedimenti emessi in violazione a tale disposizione. Il predetto obbligo è confermato inoltre dalla giurisprudenza più autorevole … Da tali principi deve ribadirsi che il potere attribuito agli Uffici finanziari, in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, è esercitabile soltanto quando l’errore sia rilevabile “ictu oculi” a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria e correggibili dall’amministrazione anche a vantaggio del contribuente. Allorché sia, invece, necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata, come nel caso di specie, la menzionata disposizione non è attivabile, occorrendo in tali casi un atto d’accertamento esplicitamente motivato»;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

– resiste con controricorso la M.V. S.r.l.

Considerato che

1. Col primo motivo la ricorrente censura la decisione della C.T.R. della Lombardia per violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 e 12, comma 3, D.P.R. n. 602 del 1973 per avere preteso una motivazione più approfondita rispetto a quella, sintetica, riportata nella cartella («omesso versamento di imposte dovute»).

2. Col secondo motivo l’Agenzia delle Entrate contesta la decisione del giudice d’appello per violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973, 60, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 e 6, comma Legge n. 212 del 2000, in quanto nessuna previa comunicazione al contribuente era dovuta nella fattispecie, di contro essendo legittima l’iscrizione a ruolo conseguente all’accertamento automatizzato.

3. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Il giudice del merito ha ritenuto che la sintetica motivazione della cartella emessa ex art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 non potesse essere sufficiente in un caso come quello in esame dove l’accertamento scaturiva non già da errori o inesattezze, bensì dall’interpretazione dell’art. 43-ter D.P.R. n. 602 del 1973 compiuta dall’Ufficio; coerentemente, ha annullato la cartella emessa a perché priva di adeguato supporto di motivazione.

La decisione della C.T.R. della Lombardia è coerente con la giurisprudenza di legittimità, che, anche recentemente, ha così statuito: «In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14949 del 08/06/2018, Rv. 649365-01).

4. In conclusione, il ricorso è rigettato.

Alla decisione fa seguito la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del d.m. Giustizia dell’8 marzo 2018 n. 37 (in proposito, e con riguardo all’applicabilità dei parametri fissati dal previgente d.m. n. 55 del 2014, Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 21205 del 19/10/2016, Rv. 641672-01).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie e ad accessori di legge.