CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 novembre 2022, n. 34951
Lavoro – Dipendente con mansioni di saldatore – Esposizione ad amianto – Nesso eziologico tra malattia e attività lavorativa – Insussistenza – Risarcimento del danno morale – Esclusione
Rilevato che
1. con sentenza 29 marzo 2018, la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello di E.V., R. e G. A. T., quali eredi di F.T., avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle loro domande (per successione nel giudizio al loro dante causa a titolo universale, deceduto nelle more) al risarcimento dei danni (iure proprio e iure hereditatis): biologico e morale per avere il predetto, dipendente con mansioni di saldatore di N.P. s.p.a., contratto, a causa dell’esposizione ad amianto e ad altre sostanze gravemente nocive (silice e fumi di saldatura), una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) ed un mieloma multiplo gravemente invalidante; morale o esistenziale, per il patema d’animo sofferto per la consapevolezza del rischio di contrarre gravi patologie, anche mortali, per effetto della suddetta esposizione;
2. in esito ad argomentata condivisione delle risultanze della C.t.u. medico-legale, essa ha escluso il nesso eziologico della BPCO dall’attività lavorativa e la natura professionale del mieloma multiplo; e così pure la risarcibilità del danno morale o esistenziale, in difetto di offerta di elementi da cui potesse essere ricavato, anche in via presuntiva, un turbamento psichico obiettivamente riscontrato da un effettivo peggioramento della vita interiore, affettiva e di relazione, distinguibile da una preoccupazione mera derivante dall’esposizione ad amianto;
3. con atto notificato il 26 settembre (2 ottobre) 2018, gli eredi T. hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui la società ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 32 Cost., 2043, 2059, 2087, 2727 ss. c.c., 5 d.p.r. 27/2009, 1 d.p.r. 181/2009, per erronea negazione del risarcimento del danno non patrimoniale, in particolare morale o esistenziale (lesione di interessi costituzionalmente garantiti), per la ravvisata inapplicabilità del ragionamento probatorio in via presuntiva (primo motivo);
2. esso è inammissibile;
3. le questioni poste sono state già esaminate e negativamente decise nei confronti dei lavoratori e loro eredi da questa Corte di cassazione sia con la sentenza n. 27324 del 17 novembre 2017 che dalle più recenti ordinanze nn. 32663,31784, 31785, 31786, 31787, 31788, 31789, 31789, 31790 e 31791 del 2018, nn. 3693 e 30641 del 2019, n. 9295 del 2020;
3.1. in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, non costituisce duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione): con la conseguenza che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (Cass. 27 marzo 2018, n. 7513; Cass. 21 marzo 2022, n. 9006);
3.2. più specificamente, in caso di esposizione ad agenti patogeni, il dipendente, che abbia reso prestazioni lavorative in ambiente inquinato, può ottenere il risarcimento del danno morale, anche se non abbia contratto alcuna malattia; tuttavia, la prospettata condizione di sofferenza e di disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa, spettando allo stesso dimostrare, secondo i generali principi che regolano l’onere della prova in materia di responsabilità aquiliana, di aver subito un turbamento psichico che, al pari di qualsiasi altro stato interiore, assume rilievo quando ricorrono elementi obiettivi riscontrabili, desumibili da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psicosomatiche, insonnia, inappetenze, disturbi del comportamento o altro (Cass. 6 novembre 2006, n. 23642; Cass. 17 novembre 2017, n. 27324);
3.3. occorre poi ribadire che “le Sezioni Unite dell’11 novembre 2008 n. 26972, nel definire la consistenza e le condizioni di risarcibilità del danno non patrimoniale, dopo avere chiarito che, al di fuori dei casi di risarcibilità previsti direttamente dalla legge”, dopo avere affermato che “il danno non patrimoniale è risarcibile unicamente se derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, hanno respinto tanto la tesi che identifica il danno nella lesione stessa del diritto (danno evento) che la variante costituta dalla affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa; … che entrambe le tesi snaturerebbero la funzione del risarcimento in quella di una pena privata per un comportamento lesivo; riguardo ai mezzi di prova del danno”, esse “hanno precisato che, mentre per il danno biologico comunemente si ricorre all’accertamento medico legale, per il pregiudizio non biologico, in quanto relativo a beni immateriali, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo: non disgiunto, tuttavia, dal principio per il quale «il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto»” (Cass. 11 marzo 2019, n. 6939, in motivazione sub p.to 6, in analoga fattispecie di lavoratori alle dipendenze di Nuova Pignone s.p.a.);
4. in tema di presunzioni, è censurabile in sede di legittimità, in base all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., il ragionamento del giudice di merito di erronea sussunzione, sotto i tre caratteri individuativi di gravità, precisione e concordanza, di fatti concreti non rispondenti a quei requisiti, sotto il profilo del controllo di esatta applicazione concreta dell’art. 2729 c.c.:
dovendosi la critica, per restare nell’ambito della violazione di legge, concentrare sull’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, non trasmodando in argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità (criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione), in quanto vizio eventualmente valutabile nei limiti di ammissibilità del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. 4 agosto 2017, n. 19485; Cass. 16 novembre 2018, n. 29635; Cass. 13 febbraio 2020, n. 3541; Cass. 30 giugno 2021, n. 18611);
5. nel caso di specie, in esatta applicazione dei su enunciati principi di diritto (al primo e all’ultimo capoverso di pg. 11 della sentenza), la Corte d’appello ha accertato, con critica e argomentata valutazione delle risultanze agli atti (dal secondo al penultimo capoverso di pg. 11 della sentenza), l’inesistenza dei presupposti obiettivi del danno lamentato; sicché la censura si risolve, nella sostanza, in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), per esclusiva spettanza al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
6. i ricorrenti deducono nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sulla richiesta di rinnovazione in appello della C.t.u. medico legale, in ragione della rilevanza causale dell’esposizione del lavoratore ad amianto e ad analoghi fattori morbigeni, con una valutazione di ulteriori casi di mieloma multiplo contratti da colleghi di lavoro, in base alle critiche ed osservazioni del C.t.p. (secondo motivo);
7. esso è infondato;
8. non si configura la nullità della sentenza per omessa pronuncia, sussistente in assenza del momento decisorio, occorrendo la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, che si verifica quando il giudice non decida su alcuni capi della domanda, autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando pronunci solo nei confronti di alcune parti; integrando invece il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio: Cass. 18 febbraio 2005, n. 3388; Cass. 3 marzo 2020, n. 5730);
8.1 il vizio denunciato non ricorre nel caso di specie, avendo la Corte territoriale puntualmente adottato un provvedimento decisorio sulle domande poste, rendendo esplicito ed argomentato conto della condivisione (per le ragioni esposte al terzo, sub a), b) e al quarto capoverso di pg. 10 della sentenza) delle risultanze della C.t.u. medico legale, ampiamente trascritte (dal penultimo capoverso di pg. 4 al primo di pg. 10 della sentenza), così implicitamente ma chiaramente rigettando l’istanza di rinnovazione della C.t.u. (non integrante all’evidenza autonomo capo di domanda);
8.2. né, d’altro canto, il giudice di merito è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova C.t.u., atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. 29 settembre 2017, n. 22799);
9. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna gli eredi alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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