CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 ottobre 2019, n. 27511
Verbale ispettivo – Accertamento negativo dell’obbligo contributivo omesso – CCNL per il settore edilizia – Sospensioni dell’attività aziendale senza intervento della CIG preventivamente comunicate all’ente previdenziale
Rilevato
che con sentenza del 21 marzo 2014, la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione resa dal Tribunale di Cosenza e rigettava la domanda proposta da C.Z. s.n.c. di Z.E. & C. nei confronti dell’INPS, diretta all’accertamento negativo dell’obbligo contributivo omesso accertato con verbale ispettivo a carico della Società e concernete la mancata parametrazione al minimale dei contributi relativi alle giornate di sospensione concordate tra impresa e lavoratori;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la non ravvisabilità nella specie di alcuna delle causali di esonero dall’obbligo del minimale di cui all’art. 29 d.l. n. 244/1995 convertito nella legge n. 341/1995 in materia di retribuzione minima imponibile nel settore edile cui è riconducibile l’attività della Società, attesa l’omissione da parte della stessa della preventiva comunicazione all’INPS delle disposte sospensioni dell’attività aziendale senza intervento della CIG, comunicazione che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, vale a legittimare l’inclusione della predetta ipotesi tra le cause di esonero dal sancito obbligo; che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;
che la Società ricorrente ha poi presentato memoria;
Considerato
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, l. n. 241/1990, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., 1, l. n. 389/1989, 29, comma 1, d.l. n. 244/1995 conv. nella l. n. 341/1995 in una con il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, imputa alla Corte territoriale di essersi pronunziata in difetto di assolvimento
da parte dell’INPS dell’onere della prova su di esso incombente non avendo rilevato la carenza di motivazione del verbale ispettivo nel quale difetta anche l’indicazione del CCNL applicato, surrogata dalla Corte medesima con l’erroneo riferimento CCNL per il settore edile ed all’art. 29, comma 1, citato; che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 d.l. n. 244/1995 conv. nella l. n. 341/1995, 115 e 116 c.p.c. in una con il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, la Società ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica del pronunciamento reso dalla Corte territoriale omettendo di valutare le risultanze istruttorie utili ad evidenziare la ricorrenza di condizioni giustificative delle disposte sospensioni, idonee, ai sensi di legge, a porsi quali cause di esonero dall’obbligo del minimale contributivo;
che, rilevata l’inammissibilità del primo motivo, per non aver la Società ricorrente dato conto di aver, a fronte di quanto dedotto dall’INPS circa l’applicazione in azienda del CCNL per il settore edilizia, tempestivamente sollevato l’eccezione qui proposta relativa alla non riferibilità ad essa del predetto CCNL, da cui fa discendere l’inapplicabilità del disposto dell’art. 29, comma 1, citato, si deve ritenere l’infondatezza del secondo motivo alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. 1577/2013, citata in motivazione) secondo cui deve escludersi l’obbligo contributivo anche in caso di sospensioni dell’attività aziendale senza intervento della CIG preventivamente comunicate all’ente previdenziale, in modo da consentirne gli opportuni controlli, mentre l’omessa comunicazione determina l’inefficacia dell’esenzione la perdurante vigenza dell’obbligo contributivo, orientamento in relazione al quale, tra l’altro, la Società ricorrente nulla ha opposto limitandosi a richiamare più risalente giurisprudenza di questa Corte, neppure in contrasto ma solo più generica, per limitarsi a richiedere l’oggettiva rilevabilità delle sospensioni concordate; che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.300,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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