CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23524
Fallimento – Accertamento – Reddito d’impresa – Riscossione – Imposte non versate
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, depositata il 15 gennaio 2010, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha parzialmente accolto il ricorso del Fallimento della F.A.R. s.r.l. per l’annullamento degli avvisi di accertamento con cui, relativamente agli anni 2003 e 2004, era stato rideterminato il reddito di impresa e recuperate a tassazione le imposte non versate;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale aveva per oggetto costi ritenuti indebitamente dedotti ed i.v.a. assolta/ che si assumeva essere stata indebitamente detratta e che la Commissione provinciale aveva respinto il ricorso del contribuente;
– il giudice di appello ha ritenuto parzialmente fondato il gravame, valutando illegittime le riprese di cui ai rilievi nn. 4 e 5, relativi all’anno 2003, e nn. 6 e 7, relativi all’anno 2004, aventi ad oggetto costi per spese di ristorazione del personale dipendente e i.v.a. assolta per operazioni di acquisto inesistenti e poste in essere dal contribuente nella ignoranza delle false indicazioni contenute nelle relative fatture in ordine all’identità del soggetto cedente;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso il Fallimento della F.A.R. s.r.l.;
Considerato che
– con il primo motivo del ricorso l’Agenzia denuncia la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, individuato nella ritenuta oggettività delle operazioni di acquisto cui si riferisce l’i.v.a. la cui detrazione è oggetto di contestazione;
– il motivo è inammissibile, in quanto si limita a prospettare soltanto una diversa ricostruzione possibile della vicenda fattuale e non ad evidenziare profili di insufficienza o contraddittorietà od omissione di motivazione su fatti controversi, in tal modo collocandosi al di fuori dei limiti di sindacato della Corte di Cassazione sulla ricostruzione della quaestio facti;
– in ogni caso, la doglianza risulta essere anche priva di fondamento poiché la Commissione regionale ha ritenuto non corretta la contestazione dell’Ufficio di inesistenza (anche) oggettiva delle operazioni in esame, rilevando che le operazioni erano state realmente eseguite e desumendo tale circostanza dal fatto che la contribuente aveva effettuato il pagamento della merce in oggetto alla propria cedente e che la merce era stata ceduta dalla contribuente medesima alla A.G. s.p.a. e da questa ricevuta, come dimostrato sia dai documenti di trasporto, sia dalla contabilizzazione del relativo prezzo quale ricavo;
– tale motivazione appare sufficiente e idonea a farne apprezzare la coerenza sotto il profilo logico-giuridico, che non appare inficiata dagli elementi di fatto addotti dall’Ufficio;
– infatti, tali elementi, consistenti essenzialmente nella lacunosità e/o inattendibilità della documentazione di trasporto e nella inattività della società cedente, non appaiono astrattamente idonei a far venir meno la ratio deciderteli, non ponendosi in una relazione di incompatibilità con il ragionamento decisorio seguito, potendo trovare spiegazione nella inesistenza dell’operazione dal lato soggettivo e nella inosservanza degli obblighi fiscali di documentazione delle operazioni di trasporto di beni;
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 17, 19 e 21, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 2697 c.c., per aver il giudice di appello escluso la fondatezza della ripresa a tassazione dell’i.v.a. assolta in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, in ragione della effettività delle operazioni di acquisto, regolarmente contabilizzate, e dell’assenza di elementi da cui poter desumere che il contribuente fosse l’autore della falsità ideologica delle relative fatture o, comunque, fosse consapevole della frode realizzata dal cedente;
– il motivo è fondato;
– in tema di indebita detrazione di fatture ai fini i.v.a. in quanto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione finanziaria fornire la prova che la prestazione, oggetto della fattura, non è stata resa dal fatturante e, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era conoscenza o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’i.v.a. (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, PPUH; Corte Giust. 6 dicembre 2012, Bonik; Corte Giust. 6 luglio 2006, Kittei e Recolta Recycling);
– sotto quest’ultimo aspetto possono costituire elementi di rilevanza sintomatica: l’acquisto dei beni ad un prezzo inferiore di mercato; la limitatezza dell’eventuale ricarico; la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato (che esige una più attenta e approfondita valutazione dei propri interlocutori, proprio per verificarne l’effettività), benché giustificata da esigenze di accelerazione e di margini produttivi; la tempistica e le modalità di pagamenti, soprattutto se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali ovvero se effettuati in contanti; la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata delle transazioni, in particolare a fronte di rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera ovvero nel caso in cui il contribuente abbia rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la quantità di cartiera;
– ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (così, Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);
– infatti, pur non potendosi esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni nella catena delle cessioni, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi ne disponesse e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’i.v.a., o che disponga dei relativi documenti, grava su tale soggetto l’onere di assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità qualora disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione;
– ciò posto, la valutazione operata dal giudice di appello che, pur in presenza di operazioni di acquisto di beni da società «cartiera», ha riconosciuto la detrazione dell’i.v.a. assolta in ragione della effettività, sotto il profilo oggettivo, delle operazioni medesime e della mancata conoscenza da parte della contribuente della frode fiscale in cui tali operazioni andavano ad inserirsi, non appare coerente con i richiamati principi di diritto, non essendo estesa alla verifica dell’utilizzo da parte della contribuente della diligenza massima esigibile da un operatore accorto;
– la sentenza va, dunque, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, in diversa composizione.
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