CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23528
Tributi – IVA – Indebita detrazione – Operazioni soggettivamente inesistenti – Cessionario – Conoscenza della frode – Elementi indiziari – Acquisto di veicoli destinati alla rivendita da soggetti che non hanno assolto alcun obbligo di versamento di imposta – Bassa percentuale di ricarico applicata – Pagamento anticipato ai fornitori – Acquisto sottocosto
Rilevato che
– D.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata il 26 gennaio 2011, che, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato legittimi gli avvisi di accertamento emessi, limitatamente al recupero a tassazione dell’I.V.A. che si assumeva essere stata indebitamente detratta, e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale del contribuente, proposto sia quale titolare della ditta individuale I.C., sia quale liquidatore della I. s.r.I., aveva dichiarato la carenza della titolarità passiva proposto del rapporto tributario dedotto in giudizio in capo al contribuente, quale liquidatore della I. s.r.I., e della medesima I. s.r.I.;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la ripresa fiscale, relativa agli anni 2003 e 2004, muoveva dalla contestazione della contabilizzazione di operazioni soggettivamente inesistenti;
– il ricorso è affidato a quattro motivi;
– l’Agenzia delle Entrate non spiega alcuna attività difensiva;
Considerato che
– con il primo motivo del ricorso il contribuente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per omessa pronuncia in ordine al fatto, dedotto negli atti impositivi quale elemento rivelatore della frode fiscale rilevata, che i prezzi dal medesimo praticati fossero inferiori alla media di mercato;
– il motivo è inammissibile per inosservanza dell’art. 366, n. 6, c.p.c., in quanto non indica il contenuto della doglianza che non sarebbe stata esaminata in appello, non riproducendola né direttamente, né indirettamente;
– difetta, poi, l’indicazione delle modalità e del luogo di produzione delle richiamate tabelle da cui si evincerebbe che i prezzi praticati fossero inferiori alla media di mercato (cfr., in proposito, Cass., Sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28547);
– in ogni caso, la doglianza è inammissibile anche perché la circostanza evidenziata non costituisce l’oggetto di una domanda o di un’eccezione, reiterate con l’appello incidentale, idonee, in quanto tali, a far sorgere nel giudice l’obbligo di una statuizione sul punto, ma si risolve nella contestazione del mancato esame di un elemento rilevante – secondo l’assunto della parte – ai fini probatori (cfr. Cass., 23 marzo 2017, n. 7472);
– con il secondo motivo deduce denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nonché la violazione o falsa applicazione degli artt. 56, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 7, I. 27 luglio 2000, n. 212;
– evidenzia, in proposito, il ricorrente che con il ricorso introduttivo aveva eccepito l’illegittimità degli atti impositivi per carenza di motivazione, anche in considerazione della mancata conoscibilità degli atti richiamati, e che aveva riproposto tale domanda, non esaminata dal giudice di primo grado, con l’atto di appello;
– pur rispondendo al vero che la Corte territoriale non si è pronunciata sul motivo di ricorso avente ad oggetto il difetto di motivazione dell’atto impugnato, reiterato con l’appello incidentale, ciò non giustifica l’accoglimento del motivo, in quanto l’esame dell’atto impositivo evidenzia l’infondatezza della doglianza;
– in proposito, si rammenta che, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass., ord., 19 aprile 2018, n. 9693; Cass. 28 giugno 2017, n. 16171; Cass., sez. un., 2 febbraio 2017, n. 2731);
– orbene, parte ricorrente si duole del fatto che gli atti richiamati dall’avviso di accertamento notificatogli non sono mai stati prodotti dall’Agenzia delle entrate, la quale avrebbe, dunque, omesso di integrare la motivazione dell’atto impositivo;
– sul punto, si osserva che l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (cfr. Cass., ord., 11 aprile 2017, n. 9323; Cass. 25 marzo 2011, n. 6914);
– l’atto impugnato presenta tali indicazioni, per cui l’obbligo motivazionale risulta essere stato rispettato;
– con il terzo motivo il contribuente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21, d.P.R. n. 633 del 1972, 5, 6, 7, 12, 16 e 29, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, per aver il giudice di appello ritenuto che, nelle frodi I.V.A., la partecipazione all’accordo simulato rende non detraibile l’I.V.A. assolta sugli acquisti, pur restando dovuta l’I.V.A. versata sulle vendite;
– il motivo è inammissibile in quanto muove da un assunto – la sussistenza dell’obbligo del versamento del cessionario dell’I.V.A., in relazione ad un’operazione soggettivamente inesistente – non affermato dalla Corte territoriale;
– quest’ultima, infatti, si è limitata ad osservare che gli elementi di prova forniti dall’Ufficio – in particolare, l’acquisto da parte del contribuente di autoveicoli destinati alla rivendita presso soggetti che non avevano adempiuto a nessun obbligo di versamento di imposta, la bassa percentuale di ricarico applicata, le modalità di pagamento anticipato ai fornitori, l’acquisto sottocosto dei veicoli – costituivano elementi idonei a dimostrare, sia pure rispettivamente, la conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulato da parte del contribuente medesimo, con conseguente indetraibilità dell’Iva versata dal cessionario ai sensi dell’art. 19, d.P.R. n. 633 del 1972 e dei principi di diritto affermati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità;
– nessuna affermazione ha invece interessato l’obbligo del cedente di versare l’Iva riscossa all’erario, investito della censura formulata dal ricorrente;
– con l’ultimo motivo di ricorso il contribuente si duole della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi della controversia e della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, I.n. 212 del 2000, 42, d.P.R. n. 600 del 1973 e 56, d.P.R. n. 633 del 1972, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che egli stesso fosse a conoscenza della frode e avesse partecipato all’accordo simulatorio;
– evidenzia, in proposito, l’inconcludenza degli elementi da cui la Corte territoriale ha desunto la conoscenza e la partecipazione del contribuente alla frode fiscale;
– il motivo è infondato;
– in tema di indebita detrazione di fatture ai fini I.V.A. in quanto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione finanziaria fornire la prova che la prestazione, oggetto della fattura, non è stata resa dal fatturante e, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era conoscenza o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, che l’operazione interessata si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte della catena delle cessioni, precedente o successiva a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’I.V.A. (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, PPUH; Corte Giust. 6 dicembre 2012, Bonik; Corte Giust. 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling);
– sotto quest’ultimo aspetto possono costituire elementi di rilevanza sintomatica: l’acquisto dei beni ad un prezzo inferiore di mercato; la limitatezza dell’eventuale ricarico; la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta di operare secondo canali paralleli di mercato (che esige una più attenta e approfondita valutazione dei propri interlocutori, proprio per verificarne l’effettività), benché giustificata da esigenze di accelerazione e di margini produttivi; la tempistica e le modalità di pagamenti, soprattutto se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali ovvero se effettuati in contanti; la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata delle transazioni, in particolare a fronte di rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera ovvero nel caso in cui il contribuente abbia rapporti commerciali con una pluralità di soggetti aventi la quantità di cartiera;
– ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (così, Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);
– infatti, pur non potendosi esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni nella catena delle cessioni, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi ne disponesse e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’I.V.A., o che disponga dei relativi documenti, grava su tale soggetto l’onere di assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità qualora disponga di indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione;
– ciò posto, il giudice di appello ha ritenuto che, in presenza di una cd. frode carosello e del ruolo di filtro della impresa contribuente tra la società cartiera e gli effettivi cessionari delle merci, la bassa percentuale di ricarico delle merci acquistate, la tempistica dei pagamenti ai fornitori, anticipata rispetto alla rivendita e l’entità dei prezzi, sottocosto rispetto a quello normalmente praticato, fossero elementi rivelatori della consapevole partecipazione della contribuente all’evasione fiscale perpetrata;
– siffatta valutazione appare coerente con i richiamati principi di diritto, essendo espressiva di una valutazione – dall’esito negativo – in ordine al rispetto da parte della impresa contribuente dello standard di diligenza esigibile da un operatore accorto;
– sotto altro profilo, l’iter argomentativo espresso si presenta idoneo a sorreggere l’accertamento compiuto e immune da vizi di ordine logicogiuridico;
– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;
– in assenza dello svolgimento di attività difensiva da parte della parte vittoriosa, nulla va disposto in tema di governo delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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