CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2018, n. 23536
Imposte dirette – IRPEF – Riscossione – Vendita terreni – Piano di lottizzazione – Plusvalenza
Rilevato che
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di T.C. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, n.42/28/2011, depositata in data 17/10/2011;
2. la controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento, relativo ad IRPEF dovuta per l’anno 2003, per effetto del recupero a tassazione, ai sensi dell’art. 67 comma 1 lett. a) del TUIR, della plusvalenza derivata dalla vendita di un’area ricompresa in un piano di lottizzazione approvato dal Comune, senza che sia stata ancora sottoscritta la convenzione di lottizzazione;
3. con la sentenza impugnata è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente, ritenendo corretto il calcolo della plusvalenza operato dalla parte contribuente, ai sensi dell’art. 67 comma 1 lett.b) del TUIR, trattandosi di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, per il quale non poteva considerarsi compiuta la lottizzazione;
4. in particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che non fosse applicabile la norma di cui all’art. 67 comma 1 lett.a) del TUIR, in mancanza del perfezionamento della convenzione;
5. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la contribuente si è costituita, resistendo con controricorso;
6. il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 27/6/2018 ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
Considerato che
1.1. con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 d.p.r. 917/86, in relazione all’art. 360, comma 1,n. 3, c.p.c.
1.2. il motivo è fondato e deve essere accolto;
1.3. invero, “in tema d’imposte sui redditi, riguardo all’assoggettamento ad imposizione ex art. 81 (ora 67), comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, tra i redditi diversi, delle plusvalenze derivanti dalla vendita d’immobili, un terreno deve considerarsi lottizzato allorquando sia intervenuta, da parte dell’autorità competente, l’autorizzazione del corrispondente piano di lottizzazione, anche se non è ancora stata stipulata, tra il comune ed i proprietari, la relativa convenzione urbanistica e non è stata eseguita alcuna opera di urbanizzazione primaria o secondaria” (Cass. sent. n. 15584/2016; sent. n.22488/2015);
con recenti sentenze, questa Corte ha riaffermato il principio, già espresso in precedenti pronunce, secondo cui, al fine dell’assoggettamento ad imposizione, nella categoria dei redditi diversi previsti dall’art.81 (ora 67) comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, delle plusvalenze derivanti dalla vendita d’immobili posta in essere al di fuori dell’esercizio di imprese, un terreno deve considerarsi lottizzato allorquando sia intervenuto il provvedimento amministrativo di approvazione del piano di lottizzazione da parte della competente autorità, anche se non sia ancora stata stipulata tra il comune ed i proprietari la relativa convenzione;
in particolare, si è sostenuto che “l’art. 81, comma primo, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nell’assoggettare ad imposizione, tra i redditi diversi, le plusvalenze derivanti dalla vendita d’immobili posta in essere al di fuori dell’esercizio di imprese, individua il presupposto dell’obbligazione tributaria in una fattispecie a formazione progressiva, per il cui perfezionamento è necessario il concorso di due elementi costitutivi, il secondo dei quali è rappresentato dalla vendita del terreno o dell’edificio, mentre il primo si realizza alternativamente mediante la lottizzazione del terreno o l’esecuzione di opere finalizzate a renderlo edificabile. Tale disposizione, diversamente dall’art. 76 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, non pone una presunzione assoluta circa l’intento speculativo della vendita di suoli che siano stati oggetto di lottizzazione o dell’esecuzione di opere tali da renderli edificabili, ma ancora la plusvalenza all’effettiva sussistenza di un rapporto di causalità tra la maggiorazione del prezzo di vendita per l’alienante e la possibilità per l’acquirente di realizzare opere edilizie in conseguenza della lottizzazione. A tal fine, pertanto, un terreno deve considerarsi lottizzato allorquando l’autorità competente abbia provveduto ad emettere la prescritta autorizzazione, senza che assuma alcun rilievo l’eventuale subordinazione della lottizzazione ad una condizione sospensiva o risolutiva (ad esempio, la stipulazione di una convenzione da trascrivere o l’effettiva realizzazione di opere edilizie), mentre l’intervenuta scadenza del termine di efficacia dell’autorizzazione comporta, in assenza di proroghe esplicite e formali, l’inidoneità della stessa a produrre vantaggi economici, assoggettabili a tassazione” (Cass. sent. n. 23352/06);
ancora, in un caso simile a quello oggetto di causa, la Corte ha affermato che “in tema di redditi diversi, ed ai fini della realizzazione delle plusvalenze previste dall’art. 76 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, un terreno si intende come giuridicamente “lottizzato” quando l’autorità competente rilascia la necessaria autorizzazione, non essendo neppure indispensabile che si sia già verificata la condizione sospensiva cui essa è subordinata, vale a dire la stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda i vari oneri a suo carico; né l’imponibilità della detta plusvalenza è esclusa quando il bene pervenga al contribuente per successione “mortis causa”, dovendosi in tal caso riferire il calcolo del suo valore, utile a determinare il “prezzo d’acquisto”, ai sensi del comma quarto del detto art. 76, al momento dell’acquisto avvenuto per successione. Il vantaggio economico da lottizzazione si realizza, infatti, nel momento in cui il privato trasferisce il terreno ad un prezzo maggiorato, per la possibilità di eseguirvi opere edilizie, e non nel successivo momento in cui l’acquirente le esegue, non acquisendo così alcuna plusvalenza, ma semplicemente avvalendosi di una facoltà di cui ha presumibilmente pagato il prezzo” (Cass. sent. n.11819/2006);
il Collegio ritiene, quindi, di dover condividere tale orientamento maggioritario, ribadito in recenti pronunce di questa Corte, e di dover cassare la sentenza della C.T.R. che non si è uniformata ai suddetti principi; né appare rilevante il riferimento alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.319 del 24/7/2008, perché non ha efficacia vincolante e si riferisce ad un caso diverso da quello oggetto di esame;
1.4. la Corte, quindi, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, perché provveda, in applicazione dei principi sopra enunciati, ad un nuovo esame della fattispecie ed anche alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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