CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2020, n. 20389
Tributi – Omesso versamento di tributi dovuti – Situazione di incolpevole illiquidità – Esonero dalle sanzioni – Esclusione
Rilevato che
La contribuente ha impugnato alcune cartelle di pagamento relative all’anno di imposta 2010, ritenendo non dovute le sanzioni, allegando una situazione di incolpevole illiquidità;
la CTP di Salerno ha accolto il ricorso e la CTR della Campania, Sezione Staccata di Salerno, con sentenza in data 22 maggio 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, osservando che in materia tributaria l’applicazione della sanzione presuppone che l’inadempimento dell’obbligazione tributaria sia colposo; nel merito, il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente si era trovata in una sfavorevole congiuntura economica e che i soci della contribuente (trattasi di società in house) non avevano dato sostegno finanziario, a fronte dell’impossibilità da parte della contribuente di interrompere l’erogazione del servizio pubblico prestato; ha osservato, infine, il giudice di appello che la contribuente avesse intrapreso iniziative volte alla dilazione del credito;
propone ricorso per Cassazione l’Ufficio affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso la contribuente, nelle more dichiarata fallita;
la proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che
1.1. Con l’unico motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione di norme di diritto (artt. 5 e 6 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) per avere la sentenza impugnata respinto l’appello, ritenendo non applicabili le sanzioni tributarie a seguito dell’omesso versamento di tributi dichiarati come dovuti ma non versati in autotassazione, trovandosi la società in una situazione tale da giustificare il mancato versamento delle imposte; tale situazione deriverebbe, secondo quanto indicato nella sentenza impugnata, dal fatto che la contribuente si sarebbe trovata in una condizione di sfavorevole congiuntura economica «del tutto esterna al soggetto ricorrente», situazione indotta, a sua volta, dal fatto che la ricorrente avesse natura di società in house e svolgesse una attività di pubblico servizio in favore degli stessi Enti proprietari; Enti proprietari che avrebbero, tuttavia, omesso di assolvere ai propri obblighi debitori in quanto soci, senza che la società potesse a sua volta interrompere l’erogazione del pubblico servizio; ritiene rilevante il ricorrente la circostanza di avere posto in essere idonei strumenti per far fronte alla situazione di risi «intraprendendo azioni giudiziarie ed extragiudiziarie ed utilizzando gli istituti della certificazione dei crediti (…) e della dilazione dei pagamenti con il concessionario della riscossione»; deduce, infine, il ricorrente come la situazione di forza maggiore, idonea a far venir meno l’onere del versamento delle sanzioni a termini dell’art. 6, comma 5, d. lgs. n. 472/1997 non possa rinvenirsi nella mera illiquidità, ma deve essere ascritta a una circostanza del tutto anormale ed estranea a un operatore economico;
1.1.1. va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, non trattandosi di revisione del giudizio di fatto, bensì di interpretazione del concetto giuridico di forza maggiore (art. 6, comma 5, d. lgs. n. 472/1997), tale da costituire causa di non punibilità ai fini dell’applicazione delle sanzioni;
1.2. il ricorso è fondato e merita accoglimento;
1.3. la CTR, condividendo le argomentazioni del giudice di prime cure, ha ascritto a forza maggiore il mancato pagamento delle sanzioni tributarie, individuando quale causa indipendente dalla volontà della società debitrice la sfavorevole congiuntura economica e il mancato sostegno dato dai soci, soggetti di diritto pubblico, a fronte del fatto che la contribuente non potesse interrompere l’erogazione del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti svolto in favore degli stessi soci, circostanze tali da incidere sullo stato di liquidità dell’impresa;
1.4. tale assunto è in contrasto con il concetto di forza maggiore, richiamato nell’art. 6 d. lgs. n. 472/1997, da interpretarsi in modo conforme a quello elaborato dalla giurisprudenza unionale;
1.5. con la sentenza della Corte di Giustizia UE 18 dicembre 2007, C-314/06, Société Pipeline Méditerranée et Rhóne (SPMR), punto 24, è stato specificato che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo a circostanze anormali ed estranee all’operatore e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (Corte di Giustizia UE, 18 gennaio 2005 Causa C-325/03, Zuazaga Meabe/UAMI punto 25);
1.6. è stato, altresì, evidenziato che la nozione di forza maggiore non può essere delimitata in relazione all’impossibilità assoluta dell’adempimento, ma deve ricomprendere circostanze anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte di Giustizia UE, 15 dicembre 1994, C-195/91 P, Bayer/Commissione, punto 31, Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2002, C-208/01, Parras Medina, punto 19);
1.7. in conformità a tale indirizzo, questa Corte ha già fatto proprio il principio secondo cui in materia tributaria, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza sia di un elemento oggettivo, relativo a circostanze anormali ed estranee al contribuente, sia di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale suddetto, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi; la sussistenza di tali elementi deve essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre l’esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità (Cass., Sez. V, 22 settembre 2017, n. 22153; Cass., Sez. V, 22 marzo 2019, n. 8175), dovendosi invece evidenziare eventi imprevisti, imprevedibili ed irresistibili, non imputabili ad esso contribuente nonostante tutte le cautele adottate e adottabili, tra i quali eventi non rientra la crisi aziendale (Cass., Sez. VI, 29 marzo 2018, n. 7850);
1.8. nel caso concreto, non ricorre la scriminante in questione, in quanto non è sufficiente fare riferimento ad una «sfavorevole congiuntura economica del tutto esterna al soggetto ricorrente», con conseguente carenza liquidità dovuta ai mancati apporti dei soci (Enti locali) in favore dei quali erano erogati i servizi della società; la società commerciale che, per via di una congiuntura economica sfavorevole, non abbia risorse per far fronte ai propri impegni e che non venga sostenuta dai propri soci deve – ove venga messa a rischio la continuità aziendale – modificare o interrompere la gestione caratteristica, ovvero compiere operazioni straordinarie, se non, persino, doverosamente ricorrere a una procedura di crisi se non di insolvenza; ovvero ancora – trattandosi di società a partecipazione pubblica – ove emergano uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo è tenuto ad adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi attraverso un idoneo piano di risanamento (art. 14, comma 2, d. lgs. 19 agosto 2016, n. 175);
1.9. alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata, oltre a considerare la scarsa liquidità di cui godeva la contribuente, avrebbe dovuto considerare se e in che termini tale situazione di crisi avrebbe potuto costituire un evento imprevedibile ed inevitabile, non fronteggiabile dal contribuente con le normali misure, quali gli accantonamenti, ovvero con le misure opportune (e doverose) per porre rimedio alla situazione di crisi;
1.10. sulla scorta di quanto sin qui illustrato la sentenza gravata non si è attenuta ai suindicati principi, per cui va cassata, non costituendo le circostanze evidenziate causa di forza maggiore a termini dell’art. 6, comma 5, d. lgs. n. 472/1997;
1.11. non essendovi ulteriori accertamenti da compiere a termini dell’art. 384 cod. proc. civ., decidendosi la causa nel merito, va rigettato il ricorso del contribuente;
2. le spese dei due gradi di merito sono soggette a integrale compensazione, stante la particolarità della questione e l’evoluzione della giurisprudenza, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese processuali del doppio grado di merito; condanna il controricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, che liquida in complessivi € 13.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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