CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2021, n. 26299

Tributi – Accertamento – Analitico-induttivo ex art. 39, co. 1, lett. d) del DPR n. 600 del 1973 – Elementi indiziari – Scostamento dagli studi di settore – Tenore di vita familiare – Mancata crescita dei redditi in proporzione della crescita dei ricavi

Rilevato che

Emerge dalla sentenza impugnata che il contribuente C.S., esercente l’attività di recupero di riciclaggio di cascami e rottami metallici e di rottamazione di autovetture, ha impugnato un avviso di accertamento – redatto a termini degli artt. 39, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 62-sexies, comma 3, d.l. 30 agosto 1993, n. 331 e relativo al periodo di imposta 2007 – con il quale si accertavano maggiori IRPEF, IRAP, quale effetto dell’accertamento di ricavi omessi, di disconoscimento di costi non inerenti e di parziale indeducibilità di componenti negative di reddito pluriennali; con l’atto impositivo veniva, inoltre, fatta applicazione al costo del venduto della percentuale di ricarico propria degli studi di settore. L’avviso scaturiva da una verifica fiscale, a seguito della quale veniva emesso PVC, con il quale si contestava al contribuente lo scostamento dei ricavi rispetto agli studi di settore, la mancata crescita dei redditi al proporzionale crescere dei ricavi. Si contestava, inoltre, al contribuente la non congruità del tenore di vita del proprio nucleo familiare rispetto ai redditi dichiarati, alla luce di alcuni indici di capacità contributiva (acquisto di alcune autovetture e immobili tra gli anni 2007 e 2008); si rilevavano, inoltre, differenze inventariali e prelievi in contanti dal conto cassa in assenza di liquidità disponibile.

La CTP di Asti ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente in relazione ai costi, anche pluriennali, rigettandolo in relazione all’accertamento di maggiori ricavi omessi.

La CTR del Piemonte, con sentenza in data 10 ottobre 2014, ha rigettato l’appello principale del contribuente e ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio. In relazione all’appello principale, il giudice di appello ha rilevato che l’avviso è stato condotto con metodologia analitico-induttiva ex art. 39, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 600/1973 sulla base di una serie di elementi indiziari, uno dei quali (lo scostamento dagli studi di settore) non contestato. Ha, inoltre, ritenuto che l’accertamento è stato eseguito con tale metodologia e non anche a termini dell’art. 39, comma 2, lett. d) d.P.R. n. 600/1973, sul presupposto dell’inattendibilità della contabilità, come rilevato nel PVC, così prescindendosi dalle risultanze contabili. Ha ritenuto, inoltre, la CTR che non vi sia stata violazione dell’art. 41-bis d.P.R. n. 600/1973 e che l’avviso è stato emesso nel rispetto del termine concesso al contribuente per formulare le proprie osservazioni, le quali sono state esaminate dall’Ufficio. Ha, poi, ritenuto nel merito il giudice di appello che l’ulteriore elemento indiziario costituito dal tenore di vita del contribuente era stato posto a fondamento dell’incongruenza dei redditi dichiarati rispetto a quelli accertati, risultando, in particolare, che i figli del contribuente fossero a carico di quest’ultimo e che il coniuge collaborasse con il contribuente; la CTR ha ritenuto, inoltre, non provata l’esistenza di entrate non soggette a tassazione (vincite al Casinò). Ha, infine, valorizzato il giudice di appello come gravemente indiziario anche l’ulteriore elemento della mancata crescita dei redditi in proporzione della crescita dei ricavi.

Quanto all’appello incidentale, la CTR ha ritenuto che il contribuente non avesse provato i presupposti per la deduzione dei costi relativi alla radiazione delle auto, ritenendo ulteriormente non provata l’imputazione, come indicato dal contribuente, dei costi per prestazioni professionali sostenuti per la costruzione di un capannone.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio.

Considerato che

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. n. 600/1973, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente il presupposto dell’inattendibilità delle scritture contabili e ha ritenuto sussistenti presunzioni dotate di pregnanza indiziaria. Osserva il ricorrente come tale inattendibilità attenesse ad alcune differenze inventariali, sia relative all’attività di movimentazione di rottami metallici, sia in relazione alla rottamazione di auto e componenti, nonché all’esistenza di un conto cassa negativo, circostanze non ascrivibili alla inattendibilità della contabilità nel suo complesso ma ad «errori di minima entità nella contabilizzazione delle merci in giacenza». Evidenzia, sotto un secondo profilo, il ricorrente che la percentuale di ricarico applicata risulterebbe erronea, in quanto non ricavata dalle tipologie di merci in giacenza risultanti dalle scritture contabili, bensì quale media semplice delle percentuali di ricarico desumibili dagli studi di settore. Contesta, inoltre, la pregnanza indiziaria degli elementi in fatto valorizzati dal giudice di appello, attinenti alla menzionata percentuale di ricarico, in quanto la CTR non avrebbe tenuto conto della eterogeneità dei beni commercializzati dal contribuente, che si sarebbe potuta rappresentare applicando la media ponderata al volume delle vendite.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 7, 10 e 12, comma 7, l. 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto nullo per mancanza di motivazione l’atto impugnato per omessa motivazione in ordine al rigetto delle osservazioni del contribuente. Ritiene il ricorrente che l’avviso di accertamento sia soggetto all’obbligo di motivazione rafforzata, per cui l’omessa puntuale risposta alle osservazioni del contribuente costituisce vizio di motivazione tale da comportare la nullità dell’atto impositivo. Il ricorrente censura, ulteriormente, il vizio di motivazione sotto l’ulteriore profilo dell’omessa indicazione dei passi del PVC al quale ha fatto rinvio.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 41-bis e 42 d.P.R. n. 600/197[3] e dell’art. 7 l. n. 212/2000. Evidenzia il ricorrente che l’avviso impugnato è stato basato congiuntamente sia sulla base delle norme relative all’accertamento parziale, sia in relazione alle norme in tema di accertamento analitico-induttivo. Evidenzia, in particolare, il ricorrente che nella specie farebbero difetto i presupposti per l’accertamento parziale e, in particolare, mancherebbe un sufficiente grado di compiutezza degli elementi addotti dall’Ufficio, con conseguente difetto di motivazione dell’atto impugnato.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 83 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nonché dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata, accogliendo l’appello incidentale dell’Ufficio, ha ritenuto non fornita la prova da parte del contribuente circa la deducibilità dei costi, anche pluriennali. Evidenzia il ricorrente che l’Ufficio aveva, nello specifico, sottoposto a recupero i costi per radiazione auto sul presupposto che si trattasse di spese anticipate dal contribuente per conto dei clienti, non deducibili come costi, nonché delle prestazioni professionali riferibili alla costruzione di un capannone, dovendo gli stessi essere dedotti pro quota e non integralmente nel periodo di imposta oggetto di accertamento. Quanto al primo profilo, il ricorrente deduce che sarebbero state violate le regole di riparto dell’onere della prova, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che dovesse essere il contribuente a «contestare la non inerenza» dei costi, laddove spetterebbe all’Ufficio l’onere di dimostrare il fondamento della pretesa impositiva. Nella specie, il ricorrente osserva che sarebbe stato onere dell’Ufficio provare che le anticipazioni in oggetto sarebbero state effettivamente ribaltate sui clienti, laddove il contribuente non avrebbe mai richiesto (ribaltato) il rimborso ai propri clienti delle voci indicate in fattura. Quanto al secondo profilo, il ricorrente evidenzia che l’Ufficio non avrebbe provato l’utilità pluriennale dei suddetti costi, trattandosi in ogni caso di pratiche catastali e di sopralluogo tecnico.

1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., motivazione con contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 111 Cost. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Sottolinea il ricorrente che risulterebbe incomprensibile il ragionamento seguito dal giudice di appello sia in relazione al primo elemento indiziario dello scostamento dagli studi di settore, ritenuto non contestato, sia in relazione al secondo elemento indiziario del tenore di vita del contribuente, elemento non contestato in sede amministrativa, privo di fondamento e che, in ogni caso, avrebbe potuto condurre a un accertamento in via sintetica, sia in relazione al terzo elemento indiziario del disallineamento tra crescita dei ricavi e stagnazione dei redditi, circostanza in ordine alla quale il contribuente avrebbe fornito adeguate giustificazioni. Sottolinea, inoltre, il ricorrente, come non vi sarebbe correlazione tra le irregolarità contestate e la sostanziale inattendibilità della contabilità.

2. Il quinto motivo, il quale assume ruolo pregiudiziale, è infondato. E’ principio consolidato che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di irriducibile contraddittorietà e perplessità o incomprensibilità della stessa (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Nella specie, come osserva il controricorrente, il giudice di appello ha preso in esame tutti gli elementi forniti dalle parti processuali, esaminando gli elementi di innesco dell’atto impugnato, la metodologia dell’atto impositivo (avviso con metodo analitico-induttivo), i presupposti e la struttura indiziaria, consentendo una ricostruzione compiuta delle ragioni poste a fondamento della legittimità e della fondatezza dell’atto impugnato.

3. Il primo motivo è infondato. L’accertamento con metodologia analitico-induttiva procede dall’esame di una contabilità formalmente regolare, dalla quale possa comunque trarsi il giudizio di sostanziale o complessiva inattendibilità, sulla base di elementi che consentano di accertare, in via presuntiva, maggiori ricavi (Cass., Sez. V, 11 aprile 2018, n. 8923). Non è, pertanto, la gravità delle irregolarità a denotare il corretto ricorso o meno alla metodologia analitica-induttiva, bensì la gravità dei numerosi elementi indiziari, riscontrati dall’Ufficio e valorizzati dal giudice di appello, dai quali trarre la complessiva inattendibilità dei dati contabili (Cass., Sez. V, 12 dicembre 2018, n. 32129; Cass., Sez. V, 13 luglio 2018, n. 18695), elementi che si sarebbero anche potuti identificare in un unico grave elemento indiziario (Cass., Sez. V, 14 ottobre 2020, n. 22184). Analogamente, la sola ricorrenza di una anomalia contabile particolarmente grave come la sussistenza di un saldo negativo di cassa (che implica l’esistenza di voci di spesa superiori alle entrate, come indicato dalla sussistenza nel caso di specie di prelievi di cassa in date in cui non vi era liquidità), è elemento idoneo a far presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura pari almeno al disavanzo (Cass., Sez. V, 26 marzo 2020, n. 7538; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2017, n. 25289).

4. Nella specie, la CTR ha correttamente proceduto dall’analisi di una singolare e significativa anomalia contabile – come la cassa negativa – e ha poi valorizzato, ai fini dell’inattendibilità complessiva della contabilità, una serie di ulteriori e concordanti elementi indiziari (la mancata crescita dei redditi al crescere dei ricavi, la non congruità dell’attività alla luce degli studi di settore e l’elevato tenore di vita della famiglia del contribuente non giustificato da redditi dichiarati o esenti), al fine di ritenere correttamente redatto l’avviso impugnato con metodologia analitico-induttiva, integrando con gli elementi induttivi (quale il calcolo della percentuale di ricarico del costo del venduto) gli elementi contabili che risultavano inattendibili.

5. Né può sostenersi, come ribadisce il ricorrente in memoria, che l’Ufficio si sarebbe dovuto confrontare punto per punto con le singole risultanze contabili. Una volta raggiunto il giudizio di sostanziale inattendibilità della contabilità, in quanto fondato su elementi dotati di idonea pregnanza indiziaria, l’Ufficio non è onerato a contrastare l’attendibilità di ogni specifica voce delle scritture contabili, anche formalmente corrette, risultando il provvedimento di rettifica del reddito di per sé legittimo, ove fondato anche in assenza dell’analitico riscontro della congruenza e della verosimiglianza dei singoli cespiti di reddito dichiarati dal contribuente (Cass., Sez. V, 26 novembre 2007, n. 24532; Cass., Sez. V, 5 novembre 2014, n. 23550), posto che è sul contribuente che grava, nel qual caso, l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni (Cass., Sez. V, 16 gennaio 2009, n. 951; Cass.,Sez. VI, 10 dicembre 2013, n. 27568; Cass., Sez. V, 16 settembre 2016, n. 18232; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2017, n. 25257).

6. Quanto, poi, alla mancata valorizzazione della media ponderata sulla base delle fatture di vendita dei singoli beni venduti – in disparte dalla dedotta inammissibilità della questione, essendosi il ricorrente limitato a contestare nel primo grado di merito i calcoli effettuati dall’Amministrazione finanziaria e solo genericamente la percentuale di ricarico applicata al costo del venduto – il ricorrente non offre concreti elementi per ritenere in che termini il ricorso al criterio aritmetico (media semplice) del costo del venduto si sarebbe rivelato da parte dell’Amministrazione finanziaria erroneo rispetto alla media ponderata, non essendo stati evidenziati né i prezzi praticati, né i campioni rappresentativi. Del resto, è proprio l’inattendibilità della contabilità che preclude all’Ufficio di porre a fondamento dell’accertamento il contenuto delle rimanenze inventariali e di procedere alla ricostruzione analitica dei ricavi di esercizio (Cass., Sez. V, 2 marzo 2021, n. 8698). Inammissibile è, infine, la contestazione della pregnanza indiziaria degli elementi valorizzati dal giudice di appello, in quanto valutazione della prova spettante al giudice del merito.

7. Il secondo motivo è ammissibile, rigettandosi la deduzione del controricorrente, posto che sin dal primo grado di giudizio il contribuente ha contestato la mancata adozione della motivazione «rafforzata» da parte dell’amministrazione finanziaria. Il motivo è, tuttavia, infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali tale sanzione sia espressamente prevista dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (ex multis Cass., Sez. V, 1° dicembre 2020, n. 27401; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1778; Cass., Sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8378; Cass., Sez. V, 20 aprile 2016, n. 7897; Cass., Sez. V, 24 febbraio 2016, n. 3583), così procedendo l’amministrazione a un loro implicito recepimento (Cass., Sez. V. 3 agosto 2016 n. 16155). Non è prevista, pertanto, in assenza di specifica indicazione normativa (e, quindi, salve le speciali disposizioni di legge), una motivazione «rinforzata» che imponga all’Ufficio uno specifico obbligo motivazionale in replica alle osservazioni del contribuente.

8. Quanto al (dedotto) incompleto rinvio alle conclusioni contenute nel PVC, si osserva che secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, l’atto impositivo può essere motivato per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria; l’assenza di specifica motivazione non è, difatti, indicativa di una mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, bensì mostra condivisione delle conclusioni degli agenti accertatori, la cui assenza di specifica valutazione si giustifica con una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente (non essendo stata dedotta la non conoscenza dell’atto istruttorio), non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio, ove gli elementi di fatto siano già noti al contribuente (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32957; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2017, n. 30560; Cass., Sez. VI, 5 dicembre 2017, n. 29002; Cass., Sez. V, 24 novembre 2017, n. 28060; Cass., Sez. VI, 11 aprile 2017, n. 9323; Cass., Sez. VI, 15 aprile 2013, n. 9032).

9. Il terzo motivo è infondato. La sentenza impugnata ha fatto corretto richiamo ai principi espressi da questa Corte, secondo cui l’accertamento parziale di cui all’art. 41-bis d.P.R. n. 600/1973 può essere condotto sulla base di elementi indiziari che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, anche prescindendosi dal fatto che tale maggior reddito non risulti dalle scritture contabili (Cass., Sez. V, 16 febbraio 2020, n. 3573).

10. Il quarto motivo è infondato. Questa Corte afferma costantemente il principio secondo cui, in tema di determinazione dei redditi di impresa, ai sensi dell’art. 75 (ora 109), comma 1, TUIR, mentre l’accertamento delle componenti negative di reddito rientra nell’ordine probatorio dell’Ufficio, la spettanza delle componenti negative di reddito rientra nell’onere probatorio del contribuente (Cass., Sez. V, 9 novembre 2018, n. 28671; Cass., Sez. V, 6 giugno 2019, n. 15320), spettando al contribuente dimostrare anche la coerenza economica dei costi sostenuti (Cass., Sez. V, 27 marzo 2013, n. 7701; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2014, n. 21184). Nella specie, la sentenza impugnata – a fronte del disconoscimento del valore probatorio delle voci di costo esposte dal contribuente, consistenti in «spese anticipate per conto terzi (clienti)», in quanto documenti inidonei (in quanto mere anticipazioni per conto terzi) a provare il sostenimento del costo – ha correttamente ritenuto che il contribuente non ha assolto all’onere di provare che tali documenti fossero idonei a provare il sostenimento del peso economico della spesa (ossia, il mancato ribaltamento dei costi sui clienti finali), non risultando sufficiente la «mera affermazione di controparte in ordine al[l]a propria discrezionalità di accollarsi gli oneri necessari alla radiazione delle auto». Quanto, poi, alla corretta imputazione della voce di costo relativa all’onere pluriennale sostenuto in spese professionali relative alla realizzazione di un capannone, la CTR ha ritenuto che, trattandosi di oneri accessori imputabili alla realizzazione di un capannone e, quindi, di oneri accessori di diretta imputazione secondo le regole di ammortamento, la parte contribuente nulla ha provato in ordine alla «non diretta» e, quindi, diversa imputazione. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei superiori enunciati principi.

11. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.