CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2022, n. 28223
Dirigente sindacale – Trattenute non versate nel fondo previdenziale – Rapporto di lavoro subordinato – Insussistenza – In materia di retribuzione, il prospetto paga ha natura di confessione stragiudiziale
Rilevato che
con la sentenza impugnata è stata confermata la pronunzia del Tribunale di Alessandria con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dalla “FIM-CISL ALESSANDRIA ASTI” avverso il decreto con il quale era stato a quest’ultima ingiunto di pagare a G. G., segretario generale dell’associazione sindacale, la somma di € 9.887,41 a titolo di trattenute – per tfr e contributi individuali – non versate, per il periodo dal novembre 2010 all’aprile 2012, al fondo “Cisl Fondo Pensione”, nonché la spiegata riconvenzionale volta all’accertamento dell’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra le parti e alla condanna del G. alla restituzione della somma indebitamente percepita risultante dalla differenza tra il trattamento spettante tabellarmente al segretario generale e quello retributivo e contributivo percepito;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G.G., affidato a quattro motivi;
la “FIM-CISL ALESSANDRIA ASTI” ha resistito con controricorso; il P.G. non ha formulato richieste.
Considerato che
con il primo motivo il ricorrente – denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2709 c.c. – si duole che il giudice di appello non abbia attribuito alle buste paga (le cui annotazioni rientrano nella categoria delle confessioni stragiudiziali, non revocabili se non in caso di errore di fatto o violenza, ai sensi dell’art. 2732 c.c.) la stessa efficacia probatoria delle scritture contabili, senza per di più considerare l’estratto conto previdenziale prodotto, invertendo così l’onere della prova, in quanto non era il lavoratore a dover allegare e dimostrare lo svolgimento di attività di lavoro subordinato (come ritenuto nella sentenza impugnata), ma era il datore di lavoro a dover dimostrare l’errore, la violenza o la simulazione tali da togliere efficacia confessoria ai documenti in questione; con il secondo motivo – denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. – lamenta che il predetto giudice abbia ritenuto non contestate le circostanze relative alle buste paga (“id. est.”: elaborazione delle buste paga ad opera del ricorrente per il tramite di uno studio di consulenza del lavoro), poiché le circostanze in questione – pur non dovendo essere contestate, avendo la controparte addotto eccezioni intese a superare la valenza probatoria della documentazione prodotta – erano state in realtà negate nell’atto di appello;
con il terzo motivo – denunziando omesso esame di un fatto decisivo per il quale vi è stato contraddittorio – il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia omesso qualunque argomentazione sul fatto decisivo che, iniziato il rapporto di lavoro nel 1996, egli non poteva aver proceduto alla propria assunzione, posto che fino al 2002 non era segretario della “FIM-CISL ALESSANDRIA ASTI”; con il quarto motivo – denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 755 e 756, della l. n. 296 del 2006, 2120 c.c. e 100 c.p.c., nonché del d.lgs. n. 225 del 2015 – lamenta che la predetta Corte abbia erroneamente ritenuto non configurabile il diritto del lavoratore a vedersi corrispondere dal datore di lavoro le somme trattenute e non versate nel fondo previdenziale.
Ritenuto che
l’eccezione di improcedibilità sollevata nel controricorso – da un lato, per omessa prova del deposito della relata della notifica della sentenza avvenuta tramite PEC ai sensi della l. n. 53 del 1994 nonché della copia autentica della predetta sentenza, e, dall’altro, quanto al ricorso, per omessa attestazione di conformità ex art. 9, commi 1 bis e ter, della legge citata, o per carenza di sottoscrizione autografa di detta attestazione – va rigettata, risultando l’avvenuto rituale deposito dei menzionati atti, comprensivi dei messaggi PEC ed attestazione di conformità con relativa sottoscrizione del difensore;
il primo e il secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, vanno disattesi, poiché, nel pervenire alla decisione, il giudice del gravame ha, tra l’altro, valorizzato la circostanza che l’emissione delle buste paga era stata giustificata dalla «necessità di regolarizzare la corresponsione del contributo erogato al dirigente sindacale», tanto è che molte delle stesse risultavano redatte in applicazione del Regolamento Cisl, avuto riguardo sia all’ammontare complessivo del compenso indicato che «all’annotazione di “seg.gen. di categoria 8S” (…) elementi che sono proprio quelli che l’appellata ha sostenuto essere utilizzabili in virtù del recepimento del Regolamento in questione»; il predetto giudice ha inoltre evidenziato che l’associazione sindacale aveva attribuito ad «una esecuzione infedele del mandato elettivo conferito al ricorrente sia la costituzione di una posizione previdenziale presso l’INPS, in quanto non dovuta, sia i versamenti effettuati al Fondo pensionistico complementare perché effettuati in eccesso»;
tali aspetti – avverso i quali non sono stati registrati specifici e significativi rilievi (emergendo, del resto, dallo stesso ricorso per cassazione che il ricorrente ebbe solo a rilevare la non ipotizzabilità di una sua iniziativa nella attribuzione dello stipendio, nella redazione delle buste paga o nella costituzione delle posizioni Inps e Cassa Pensioni) – sono stati evidentemente considerati (anche a fronte di un «difetto assoluto di allegazione da parte del G. che non ha dato prova della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato»), con accertamento di fatto che sfugge al sindacato di legittimità, idonei a conferire ai prospetti in questione quella scarsa chiarezza o contraddittorietà che ne infirma il valore di piena prova (secondo l’insegnamento di Cass. 2/09/2003, n. 12769, ove è statuito che «I prospetti paga hanno piena efficacia di prova legale nei soli casi in cui, quale riconoscimento puro e semplice della verità di fatti sfavorevoli alla parte dichiarante, e cioé l’imprenditore, assumono carattere di univocità ed incontrovertibilità, vincolante per il giudice, dovendo quest’ultimo, invece, in mancanza di siffatte connotazioni, apprezzarli liberamente»; in senso analogo v. Cass. 30/01/2017, n. 2239, secondo cui «In materia di retribuzione, il prospetto paga ha natura di confessione stragiudiziale, sicché, giusta gli artt. 2734 e 2735 c.c., ha piena efficacia di prova legale, vincolante quanto alle indicazioni ivi contenute, solo laddove queste siano chiare e non contraddittorie»; cfr., altresì, di recente, Cass 19/01/2022, n. 1649, secondo cui «In tema di accertamento del passivo fallimentare, le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro, ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest’ultimo, hanno piena efficacia probatoria del credito insinuato, alla stregua del loro contenuto, obbligatorio e penalmente sanzionato, ferma restando la facoltà del curatore di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice»);
va altresì rigettato il terzo motivo, attesa la sua non decisività, in quanto nella sentenza impugnata il requisito della subordinazione risulta negato per il periodo a partire dal quale il ricorrente ha assunto la carica elettiva di dirigente sindacale nonché legale rapp.te dell’associazione (cfr. il seguente passo: «anche nella prospettata continuità del dedotto rapporto, offerta dalla difesa del G., emerge una carenza di allegazione non essendovi deduzioni in merito agli accordi intercorsi tra le parti del rapporto, ossia il G. e l’associazione sindacale, come invece sarebbe stato necessario per circostanziare l’asserita continuità del rapporto al momento dell’assunzione della carica elettiva non potendo l’odierno appellante – in quanto segretario provinciale rappresentante legale della struttura territoriale – concordare con se stesso il regime della sua attività all’interno dell’organizzazione sindacale (…) Dagli atti emerge che la segreteria provinciale era composta da tre soggetti, ma né a tale organo né ad altro l’originario ricorrente ha fatto riferimento al fine di specificare i termini degli accordi assunti allorché egli ha mutato il suo ruolo nell’ambito dell’associazione, da “operatore” a “segretario generale”. Sarebbe stato onere dell’odierno appellante svolgere allegazioni sul punto tanto più che egli non ha contestato quanto “ex adverso” dedotto circa la differente regolamentazione prevista dalle norme statutarie ed interne dell’associazione sindacale, quanto alla posizione del “dirigente operatore politico” e a quella degli “operatori” atteso che per questi ultimi, diversamente da quanto già detto per i primi, è stabilito che la prestazione per specifiche mansioni sia resa in regime di lavoro subordinato o di collaborazione autonoma»);
per conseguenza va disatteso il quarto motivo, anche sul rilievo che «I versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare – sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso – hanno natura previdenziale e non retributiva» (così Cass., sez. un., 9/06/2021, n. 16084), con la conseguenza che il lavoratore vanta solo un diritto al risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro che abbia trascurato di versare in tutto o in parte i contributi, qualora detto inadempimento si riverberi sulla prestazione da godere (cfr., sul punto, Cass. 27 gennaio 2022, n. 2406, ove in motivazione è precisato che quello che il lavoratore «non può fare, perché le finalità della disciplina legislativa sono quelle di assicurare una speciale tutela ai fondi complementari per garantirne il funzionamento, è proprio chiedere la restituzione degli importi trattenuti»);
le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 4.000,00 per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 novembre 2021, n. 34069 - In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 01 agosto 2022, n. 23854 - In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.Lgs. 23 aprile 2004 n.…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 33850 depositata il 4 dicembre 2023 - E' da escludere che il comma 25 dell’art.2 l. n.335/95 delinei, rispetto al comma 26, un riparto di competenze tale per cui laddove una cassa abbia escluso l’obbligo di iscrizione…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 25035 depositata il 22 agosto 2023 - Il Fondo di tesoreria è l’unico obbligato alla corresponsione delle quote di TFR maturate dopo il 1°.1.2007, anche in mancanza di prova del versamento dei contributi dovuti al Fondo…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza depositata il 18 marzo 2024, n. 7193 - In tema di fondi pensione complementari, il fallimento del datore di lavoro, quale mandatario del lavoratore, comporta lo scioglimento, ai sensi dell'articolo 78,…
- Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Terza Sezione, sentenza nella causa n. C‑741/21 depositata l' 11 aprile 2024 - L’articolo 82 del RGPD deve essere interpretato nel senso che non può essere sufficiente che il titolare del trattamento, per essere…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…
- Nel giudizio civile con il gratuito patrocinio la
La Corte costituzionale con la sentenza n. 64 depositata il 19 aprile 2024, inte…
- Il titolare del trattamento dei dati personali é r
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-741/2021 depositat…
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…