CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2022, n. 28228
INPGI – Omissioni contributive -Opposizione a decreto ingiuntivo – Rigetto – Regime sanzionatorio ex L. n. 388/2000 – Inapplicabilità
Rilevato che
1. con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del locale Tribunale e condannava E.S.E.d.S.- Spa (di seguito, anche solo E.) a pagare all’INPGI le spese del giudizio;
2. il giudizio di primo grado si era svolto a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo concesso all’INPGI, per la somma di Euro 47.465,00, in relazione ad omissioni contributive ed accessori inerenti alla posizione di alcuni giornalisti, formalmente assunti come pubblicisti, con un impegno part time a 24 ore settimanali, la cui prestazione, in realtà, ad avviso di INPGI, aveva avuto caratteristiche differenti con lo svolgimento di un’attività giornalistica in forma subordinata;
3. il Tribunale, all’esito del giudizio, aveva, nel merito, ritenuto fondata la pretesa dell’INPGI;
4. la Corte di appello, nel respingere il gravame, osservava, per quanto qui solo rileva, in ordine alle censure di vizi formali del decreto ingiuntivo, che l’opposizione aveva introdotto un ordinario giudizio di cognizione nel quale il giudice era tenuto ad accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dall’ingiungente opposto e non già stabilire se l’ingiunzione fosse stata o meno legittimamente emessa (salvo che a fini esecutivi o per le spese della fase monitoria). Nel merito, rilevava come le prove raccolte avessero confermato lo svolgimento dell’attività giornalistica (in forma subordinata) con un impegno settimanale ben superiore alle 36 ore settimanali: ciò che comportava, in base al contratto collettivo, l’assoggettabilità a contribuzione della retribuzione corrisposta;
5. infine, quanto alla disciplina sanzionatoria di cui alla legge nr. 388 del 2000, osservava che l’art. 116 era inapplicabile all’INPGI, per i periodi precedenti al recepimento della nuova disciplina da parte dell’Istituto;
6. per la cassazione della sentenza di appello ricorre E. con tre motivi. Resiste l’INPGI con controricorso. Sono rimaste intimate le parti indicate in epigrafe;
7. E. e Inpgi hanno depositato memoria.
Considerato che
8. con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- la ricorrente deduce nullità ed inesistenza della sentenza; mancata pronunzia su tutte le domande; violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 125, 132 nr. 4, 277 e 645 cod.proc.civ.; dell’art. 2967 cod.civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 125 e 414 cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – insufficienza, contraddittorietà della motivazione su un punto di diritto decisivo della controversia; carenza di motivazione; errata interpretazione sull’assenza dei presupposti di cui all’articolo 414 cod.proc.civ; errata e falsa applicazione dei principi di diritto processuale in merito alla carenza e limitatezza del petitum di primo grado.
Carenza di motivazione e comunque errata applicazione della norma di attuazione del diritto preteso. Errata interpretazione sulla mancata esibizione e indicazione del contratto collettivo, sulla mancanza di prova del credito, sulla norma di rito in ordine alla produzione di nuovi documenti in secondo grado; vizio di ultrapetizione;
9. l’articolato motivo sottopone a censura la mancanza di motivazione della sentenza – che equivarrebbe a mancanza di pronuncia su domande ed eccezione formulate dalle parti – in relazione alla ritenuta irrilevanza dei denunciati vizi di nullità del ricorso per decreto ingiuntivo opposto; quest’ultimo, secondo E., conteneva solo una generica indicazione dei crediti azionati e del periodo cui gli stessi si riferivano. Una lacuna che, secondo la ricorrente, non poteva essere colmata dai verbali di accertamento INPGI prodotti ex artt. 634 e 635 cod.proc.civ., non essendo stato prodotto neppure il CNLG necessario per comprendere il criterio di calcolo. Tanto più che INPGI avrebbe omesso completamente di indicare quale fosse l’orario di lavoro e il livello di inquadramento dei lavoratori, senza allegare il CNLG, limitandosi ad argomentare lo svolgimento di un’attività «del tutto assimilabile a quella di redattore ordinario»;
10. conseguentemente, per la ricorrente, avrebbe errato la Corte di appello nel ritenere inconferente l’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo e della memoria di costituzione dell’INPGI e, comunque, nel pronunciare che la prestazione era stata resa quotidianamente e per più di 36 ore settimanali, in tal modo procedendo ad un accertamento che neppure l’INPGI aveva richiesto;
11. con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., è dedotta la nullità e l’insistenza della sentenza, atteso che la concisione della motivazione non poteva sfociare nella sua inesistenza nonché la mancata pronuncia su tutte le domande; infine, è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 36 CNLG;
12. i due motivi possono congiuntamente esaminarsi, presentando analoghi profili di inammissibilità;
13. a prescindere dalla tecnica redazionale, in particolare, del primo motivo, con il quale si accomunano differenti questioni, profili di censura diversificati e motivi di gravame plurimi, tutte le censure si arrestano ad un rilievo di difetto di specificità. Esse, infatti, sono carenti della riproduzione, in ricorso, degli atti processuali (ricorso per decreto ingiuntivo, memoria di costituzione in sede di opposizione) rilevanti ai fini della valutazione di fondatezza dei rilievi nonché della trascrizione delle norme collettive di cui si assume la violazione;
14. invero, il principio di specificità del ricorso, riferito alla puntuale indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda, ai sensi dell’articolo 366, nr. 6, cod. proc. civ., anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della cedu, sez. I, 28 ottobre 2021 (r.g. n. 55064/11), non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso, come nella specie, non riassuma il contenuto degli atti medesimi nelle parti necessarie a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione ( in termini, Cass. nr. n.6769 del 2022; v., in argomento, anche Cass., sez. un., nr. 8950 del 2022), fondato sulla idoneità (del contenuto) delle censure a consentire la decisione;
15. le indicate omissioni risultano tanto più significative perché, nella sentenza impugnata, si legge che i contributi in questione erano stati richiesti a seguito di verbali di accertamento e che l’INPGI, nel costituirsi in giudizio fin dal primo grado, aveva precisato che i conteggi erano stati effettuati avendo quale parametro i minimi tabellari previsti dal CCNL giornalisti in relazione alla figura professionale del collaboratore fisso;
16. in particolare, poi, ai vizi della motivazione, deve osservarsi che le censure, da un lato, non illustrano una situazione di «anomalia motivazionale», dall’altro, non rispettano il paradigma normativo dell’art. 360, comma 1, nr. 5 c.p.c., ratione temporis applicabile;
17. sotto il primo profilo, costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui affinché sia integrato il vizio di mancanza o apparenza della motivazione, agli effetti di cui all’art. 132 nr. 4 cod.proc.civ., occorre che la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso grafico vuoi nel senso logico ovvero allorché la motivazione, pur formalmente esistente, sia talmente contraddittoria da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum.
Evenienze queste non riscontrabili nel caso di specie ove la Corte ha chiarito le ragioni della decisione, come reso evidente già solo alla stregua della sintetica esposizione delle stesse riportata nello storico di lite;
18. quanto al secondo profilo, la ricorrente pretende di sottoporre a questa Corte di legittimità una rilettura nel merito degli atti precedenti (v. in particolare secondo motivo), senza illustrare il fatto storico determinante di cui la sentenza avrebbe omesso la valutazione, e ciò sia ai fini della prova del credito, sia ai fini del suo titolo costituito dal dimostrato svolgimento dell’attività giornalistica in forma subordinata;
19. con il terzo motivo, E. deduce la violazione o falsa applicazione in relazione al nuovo regime delle sanzioni di cui alla legge nr. 388 del 2000, art. 116, la cui applicazione all’INPGI è stata esclusa dal giudice d’appello per periodi precedenti al suo recepimento da parte dello stesso Istituto (Cass. nr. 12208 del 2011);
20. la ricorrente sostiene invece che anche all’INPGI fosse applicabile la norma di cui all’art. 116, comma 10, cit. che regola l’ipotesi del riconoscimento giudiziale della pretesa contributiva ed in genere la nuova disciplina sanzionatoria (come stabilito da Cass. nr. 6680 del 2002). Assume, inoltre, che le sanzioni non sarebbero dovute per effetto della delibera del 22.9.2004 nr. 175;
21. il motivo è infondato;
22. la pretesa applicabilità all’INPGI del nuovo regime delle sanzioni di cui alla legge nr. 388 del 2000, art. 116, comma 20, contrasta con la giurisprudenza di questa Corte la quale, dopo la prima pronuncia indicata da E., ha affermato in modo meditato, con indirizzo oramai consolidato, che la legge nr. 388 del 2000 non è applicabile all’INPGI automaticamente, poiché l’Istituto, per assicurare l’equilibrio del proprio bilancio in ottemperanza dell’obbligo di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, ha il potere di adottare autonome deliberazioni (Cass. nr. 838 del 2016; Cass. nr. 12208 del 2011. In motiv., ex plurimis, Cass. nr. 22255 del 2021; Cass. nr. 19979 del 2020; Cass. 9047 del 2016, in fattispecie analoga);
23. del pari infondata è la pretesa applicazione del regime invocato con decorrenza dall’1.1.2001, sulla scorta della Delibera 22 settembre 2004, nr. 175 atteso che la stessa delibera non è stata richiamata nel corpo del ricorso. In ogni caso, come precisato in precedenti di questa Corte (v. tra le altre Cass. nr. 9047 del 2016 cit., in motiv.) «tale delibera, la quale ha disposto l’applicazione del nuovo regime sanzionatorio, è stata resa efficace soltanto a decorrere dal 9.2.2005, e pertanto non può essere applicata da date precedenti»; nel caso di specie, è pacifico che i contributi si riferiscano al periodo «gennaio 2001- gennaio 2005″;
24. conclusivamente, sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va rigettato, restando assorbita la questione prospettata dall’Inpgi nella memoria depositata ex art. 380 bis.1. cod.proc.civ.;
25. le spese, nei confronti della parte controricorrente, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; nulla deve provvedersi in relazione alle parti intimate;
26. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va, infine, dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate, in favore dell’INPGI, in Euro 5.250,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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