CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28, settembre 2022, n. 28284
Lavoro – C.c.n.l. imprese esercenti servizi ambientali – Mansioni superiori – Diritto di promozione automatica – Requisiti di frequenza e sistematicità – Insussistenza
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di L’Aquila ha accolto l’appello della P. s.p.a. e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da R.M. volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla qualifica superiore B3 del c.c.n.l. per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi ambientali e la condanna della società al pagamento delle differenze retributive.
2. La Corte territoriale ha dato atto che il M. era stato assunto dalla P. s.p.a. con contratto a tempo indeterminato in data 2.7.2008 e che prima di tale assunzione aveva lavorato alle dipendenze della medesima società con un contratto di lavoro a tempo determinato per il periodo dal 16.4.2007 al 16.12.2007 (oltre che con un contratto a tempo determinato dall’1.1.2008 al 23.6.2008 non rilevante ai fini dell’art. 2013 cod. civ. in quanto concluso per sostituire un dipendente con diritto alla conservazione del posto); ha escluso che il primo periodo di lavoro a tempo determinato potesse essere computato ai fini della promozione automatica prevista dall’art. 2103 cod. civ. nella versione ratione temporis applicabile, considerato che tra le parti si erano svolti due distinti rapporti di lavoro, l’uno a termine e l’altro a tempo indeterminato, in maniera non continuativa ed anzi con un ampio intervallo temporale (il primo rapporto era cessato nel dicembre 2007 e l’altro era iniziato nel luglio del 2008); ha ritenuto che l’eventuale credito per differenze retributive da mansioni superiori svolte in esecuzione del contratto a tempo determinato fosse comunque prescritto; che in relazione al rapporto di lavoro a tempo indeterminato con inquadramento al livello 2B, il lavoratore non avesse fornito prova dello svolgimento di mansioni superiori per il periodo di 90 giorni necessario ai fini della promozione automatica (la società aveva riconosciuto tale svolgimento solo per 54 giorni).
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso R.M. con due motivi. La P. s.p.a. ha resistito con controricorso.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2103 cod. civ., dell’art. 6, d.lgs. n. 368 del 2001, degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
5. Si censura la sentenza d’appello per aver escluso la unicità del rapporto di lavoro dando rilievo alla diversa natura del rapporto a tempo determinato rispetto a quello a tempo indeterminato, in contrasto con l’art. 6, d.lgs. n. 368 del 2001 e con il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo recepito dalla direttiva 1999/70; inoltre, per non aver considerato il periodo di lavoro a tempo determinato in sostituzione di dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, non ai fini del riconoscimento delle mansioni superiori ma ai fini della unicità del rapporto (se fosse stato considerato tale periodo di lavoro dall’1.2.2008 al 30.6.2008 la cesura rispetto al lavoro a tempo indeterminato iniziato il 2.7.2008 sarebbe risultata minima).
6. Si critica la sentenza impugnata anche per aver dichiarato la prescrizione del diritto alle differenze retributive maturate nel primo periodo (16.4.2007 – 16.12.2007) richiamando un risalente indirizzo giurisprudenziale che ritiene assoggettato alla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 cod. civ. il diritto alle differenze retributive ove lo stesso sia fatto valere contestualmente al riconoscimento della qualifica superiore.
7. L’art. 2103 cod. civ. prevede che “Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia luogo in sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi”.
8. Questa Corte ha precisato (Cass. n. 6018 del 2004) che “Il compimento del periodo – fissato dalla disciplina collettiva e comunque non superiore a tre mesi – di assegnazione a mansioni superiori, cui consegue, ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., nel testo di cui all’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il diritto del lavoratore alla cosiddetta promozione automatica, può risultare anche dal cumulo di vari periodi, quando le prestazioni di mansioni superiori abbiano assunto – indipendentemente da un intento fraudolento dell’imprenditore diretto ad impedire la maturazione del diritto alla promozione – carattere di frequenza e di sistematicità, desumibile dal numero di assegnazioni e dal tempo intercorso fra un’assegnazione e l’altra“.
9. Si è aggiunto (v. Cass. n. 27129 del 2018; n. 17870 del 2014; n. 11997 del 2009) che per la sussistenza della frequenza e sistematicità di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori, il cui cumulo sia utile all’acquisizione del diritto alla promozione automatica in forza dell’art. 2103 cod. civ., non è sufficiente la mera ripetizione delle assegnazioni, essendo invece necessario – se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro – una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento.
10. Nel caso in esame, correttamente i giudici di appello hanno ritenuto ostativa al cumulo utile per la promozione automatica l’esistenza di due distinti ed autonomi contratti di lavoro, l’uno a termine e l’altro a tempo indeterminato, ed anche la mancanza di continuità tra gli stessi. Ciò in linea con la giurisprudenza richiamata che considera rilevanti, ai fini dell’art. 2103 cod. civ., la frequenza e la sistematicità nell’assegnazione delle mansioni superiori e l’esistenza di una programmazione iniziale, requisiti non compatibili con l’intervallo temporale nella specie intercorso tra il primo contratto a termine, concluso nel dicembre del 2007, e il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, iniziato nel luglio del 2008, restando preclusa, in base alla espressa previsione dell’art. 2103 cod. civ., la valutazione del periodo di lavoro a termine in sostituzione di personale con diritto alla conservazione del posto.
11. Non appare pertinente il riferimento all’art. 6, d.lgs. 368 del 2001 e al principio di non discriminazione in quanto, nel caso in esame, non si fa questione di un trattamento deteriore legato alla natura a tempo determinato del rapporto di lavoro bensì alla mancanza, pur considerando il periodo di lavoro a termine e quello a tempo indeterminato, dei requisiti di frequenza e sistematicità dello svolgimento di mansioni superiori necessari ai fini della promozione automatica prevista dall’art. 2103 cod. civ.
12. E’ infondata la censura sulla prescrizione del diritto alle differenze retributive relative al primo contratto a termine, atteso che la Corte di merito si è attenuta all’indirizzo prevalente di questa Corte, che qui si ribadisce, secondo cui l’azione promossa dal lavoratore subordinato ed avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica superiore si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., mentre le azioni dirette ad ottenere le differenze retributive derivanti dal suddetto riconoscimento si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall’art. 2948 cod. civ., il quale decorre anche quando il diritto a tali differenze venga fatto valere contemporaneamente al diritto all’attribuzione alla qualifica superiore, soggetto alla prescrizione decennale (Cass. n. 8057 del 2011; n. 21645 del 2016).
13. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 416 cod. proc. civ.
14. Si critica la sentenza d’appello per avere ritenuto non provato un fatto non specificamente contestato dalla società convenuta. Si fa presente che, a fronte della allegazione contenuta nel ricorso introduttivo, di svolgimento di mansioni corrispondenti al livello 3B durante tutto il rapporto di lavoro, la società aveva replicato nella memoria di costituzione che “in effetti dal 2.7.2008 al 31.12.2008 il M. ha condotto mezzi che richiedono il possesso della patente C (compattatori, mezzi d’opera) svolgendo quindi mansioni di cui al livello 3B per un periodo di 54 giorni. Pertanto, per il periodo in questione lo stesso non ha maturato alcun diritto alla c.d. promozione automatica, perché le mansioni in parola sono state svolte per un periodo inferiore a quello legislativamente previsto di 90 giorni”. Si sostiene che il solo significato attribuibile alla deduzione riportata è nel senso che durante tutto il periodo dal 2.7.2008 al 31.12.2008 il ricorrente avesse effettivamente svolto mansioni superiori, ma che la durata dei giorni lavorativi in detto periodo fosse di 54 giorni; che solo con l’atto di appello la società aveva cercato di rettificare le deduzioni, sostenendo che nel periodo suddetto il M. era stato destinato alla guida dei mezzi che richiedono la patente C, rientranti nelle mansioni di cui al livello 3B, per complessivi giorni 54; che, comunque, i giudici di appello avrebbero dovuto considerare non contestati i fatti allegati nel ricorso introduttivo della lite.
15. Il motivo è inammissibile in quanto censura l’interpretazione degli atti processuali che costituisce attività (eccetto il caso, nella specie non ricorrente, in cui si deduce che l’interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile all’art. 112 cod. proc. civ.) riservata al giudice di merito (v. Cass. n. 21421 del 2014; n. 17109 del 2009). Non vi è spazio quindi per ritenere che sia stato violato il principio di non contestazione e neppure che sia stato male applicato il criterio di distribuzione degli oneri di prova.
16. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
17. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza.
18. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.