CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2018, n. 21284
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Compravendite immobiliari – Cessione terreni – Plusvalenza
Fatti di causa
Con distinti atti di compravendita del 30.5.2000 e del 9.11.2000, D.N.P.V. e D.N.P.C. cedevano due terreni di cui erano comproprietari al 50% al Consorzio Sviluppo e Costruzioni di B., per il corrispettivo di lire 350.000.000 e di lire 300.000.000, senza dichiarazione di plusvalenza. L’Agenzia delle Entrate, previa acquisizione di documentazione mediante invio di questionari, ritenuta la natura edificabile dei terreni, accertava una plusvalenza di lire 284.638.000 in riferimento al terreno ceduto al prezzo di lire 350.000.000; in riferimento al terreno ceduto al prezzo dichiarato di lire 300.000.000 rettificava il prezzo di cessione in lire 1.083.000.000 accertando una plusvalenza di lire 961.000.000, così determinando una plusvalenza complessiva per le due compravendite immobiliari di lire 1.245.720.000. Pertanto l’ente impositore notificava a D.N.V. un avviso di accertamento con il quale le attribuiva il 50% della plusvalenza pari a lire 622.860.000, costituente reddito diverso assoggettato a tassazione separata, da cui derivava una maggiore Irpef di euro 93.802, oltre interessi e sanzioni.
Contro l’avviso di accertamento a lei notificato D.N.V. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo accoglieva con sentenza n.175 del 2007, annullando l’avviso di accertamento impugnato.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva con sentenza del 11.3.2009, confermando l’atto di accertamento.
Contro la sentenza di appello la contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di quattordici motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita al fine della partecipazione alla eventuale pubblica udienza.
Il Procuratore generale ha concluso con richiesta di rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Primo motivo:”violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 legge 27 luglio 2000 n. 212 (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ.)”, nella parte in cui la sentenza impugnata non censura l’illegittimità dell’operato dell’Ufficio che ha motivato l’avviso di accertamento con richiamo ad una perizia allegata ad un precedente atto di accertamento notificato alla contribuente ai fini Invim, anziché allegare nuovamente la perizia di stima richiamata.
Il motivo è infondato. L’avviso di accertamento in materia di imposte sui redditi è specificamente disciplinato dall’art.42 comma 2 e 3 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, che definisce il contenuto dell’obbligo di motivazione e prevede le relative cause di nullità. Esso stabilisce che l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento degli atti richiamati non è generalizzato, ma riguarda soltanto gli atti richiamati “non conosciuti né ricevuti dal contribuente”. Nel caso in esame non è controverso che la perizia UTE, richiamata nell’avviso di accertamento, era nota al contribuente per averne ricevuto copia quale allegato all’avviso di rettifica precedentemente notificatogli ai fini Invim.
2. Secondo motivo:”violazione e falsa applicazione degli artt. 7 comma 1 legge 27 luglio 2000 n. 212 e 42 comma 2 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ. )”.
Il motivo è inammissibile perché il relativo quesito di diritto censura direttamente la motivazione contenuta nell’avviso di accertamento impugnato anziché la sentenza oggetto di ricorso per cassazione.
3. Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione degli art. 81 (attualmente 67) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e 2700 cod. civ. (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ. “
4. Quarto motivo: “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 primo comma n.5 cod. proc. civ.). “
5. Quinto motivo: “violazione e falsa applicazione dell’art. 81 (attualmente 67) del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ. )”.
6. Sesto motivo:” violazione e falsa applicazione dell’art.81 (attualmente 67) del d.P.R. 29 settembre 1973 n.600 (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ. )”.
7. Settimo motivo: “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 primo comma n.5 cod. proc. civ. “
I motivi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo devono essere trattati congiuntamente poiché attengono ad una censura sostanzialmente unitaria, anche se parcellizzata in plurimi profili, tutti riferiti alla natura edificabile dei terreni affermata dal giudice di appello e alla motivazione addotta a sostegno di tale affermazione. Essi sono infondati. La Commissione tributaria regionale ha preso atto che il certificato rilasciato dal Comune di Lecce “fotografava” la formale destinazione urbanistica dei terreni ( uso agricolo e parco pubblico attrezzato) esistente alla data del 29.5.2000, senza menzionare i mutamenti di destinazione in corso ma non ancora definitivi alla data di rilascio della certificazione. Tuttavia ha ritenuto provata la destinazione alla edificazione dell’area in oggetto sulla base del dato incontroverso che i terreni ceduti dalla contribuente erano compresi in un comparto oggetto dell’ accordo stipulato tra il Comune e la Regione Puglia, ratificato con delibera del Consiglio Comunale n.187 del 30.12.1999, finalizzato alla realizzazione di un programma di edilizia residenziale pubblica. Il giudice di appello ha inoltre osservato che la società acquirente è una società di costruzioni che pertanto aveva acquisito il terreno a scopo di utilizzazione edificatoria, circostanza confermata dalla stessa ricorrente (pag.64 ricorso) laddove afferma che la società di costruzioni Consorzio Sviluppo e Costruzioni era l’impresa costruttrice convenzionata con il soggetto affidatario del piano edilizio (IACP di B.) per la realizzazione del programma edificatorio, sia pure “al compimento del complesso e burocratico procedimento amministrativo all’uopo imposto dalla legge”.
La motivazione è congrua e giuridicamente corretta. L’art. 81 (ora 67 comma primo lett.b) d.P.R. 22 dicembre 1986 n.917 stabilisce la generale tassabilità, a titolo di redditi diversi, della plusvalenza realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni “suscettibili di utilizzazione edificatoria”. L’art.36 comma 2 d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006 n.248, disposizione di natura interpretativa e quindi retroattiva, ha definito normativamente la nozione di “area fabbricabile” ad ogni fine impositivo, tale dovendo considerarsi quella utilizzabile a scopo edificatorio secondo lo strumento urbanistico generale semplicemente adottato dal Comune, indipendentemente dal compimento dell’iter approvativo e dalla adozione di strumenti attuativi. Nel caso in esame non è controversa l’avvenuta approvazione da parte del Comune di B. della variante dello strumento urbanistico e l’intervenuta ratifica, in data anteriore alla cessione dei terreni, della Convenzione tra Regione Puglia e Comune per l’attuazione, su un comparto edificatorio comprendente i terreni in oggetto, del programma di edilizia residenziale pubblica. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, è irrilevante che l’iter burocratico di approvazione della variazione di destinazione non avesse avuto formale compimento in quanto “la variazione degli strumenti urbanistici è indissolubilmente connessa alla approvazione del programma presentato al Ministero dei lavori pubblici” ( pag.62 controricorso), ed è ugualmente irrilevante che non fossero state rilasciate le concessioni edilizie.
8. Ottavo motivo:”violazione e falsa applicazione dell’art. 82 comma primo (attualmente art.68) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dell’art.2697 cod. civ. (art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. )”, nella parte in cui ha posto a carico del contribuente l’onere di provare il minor corrispettivo percepito rispetto al valore venale del terreno accertato ai fini Invim, anziché porre a carico dell’Ufficio l’onere di provare il maggior corrispettivo percepito rispetto a quello dichiarato.
Il motivo è infondato. La Commissione tributaria regionale non ha operato una illegittima inversione dell’onere della prova, ma ha ritenuto che l’Ufficio avesse assolto il proprio onere probatorio mediante richiamo ai dati contenuti nella perizia UTE e all’accertamento della natura edificabile anziché agricola del terreno ceduto, che ne comportava un valore commerciale di gran lunga superiore al corrispettivo dichiarato (lire 300.000.000 contro un valore commerciale accertato di lire 1.083.000.000); ha infine osservato che il contribuente nulla aveva dedotto a giustificazione della vendita del terreno per un prezzo dichiarato così marcatamente inferiore al valore commerciale.
9. Nono motivo: “omessa pronuncia con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art.360 comma primo n.4 cod. proc. civ. )”, poiché la Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi sulla illegittimità delle sanzioni riproposta nelle controdeduzioni.
10. Decimo motivo:”violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n.472 (art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. ),” attesa la non ricorrenza dell’elemento psicologico minimo richiesto ai fini della addebitabilità della sanzione.
11. Undicesimo motivo:” omessa pronuncia con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360 primo comma n.4 cod. proc. civ. )”, nella parte in cui ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione di illegittimità della sanzione perché conseguente ad un errore sul fatto a norma dell’art.6 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472.
12. Dodicesimo motivo:” violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 1 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 (art. 360 comma primo n.3 cod. proc. civ. )”, in quanto la contribuente aveva basato incolpevolmente la propria convinzione sulla natura non edificabile del terreno sul certificato di destinazione urbanistica.
13. Tredicesimo motivo:” omessa pronuncia con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360 primo comma n.4 cod. proc. civ. )”, nella parte in cui il giudice di appello non si è pronunciato sulla illegittimità delle sanzioni per violazione dell’art. 10 comma 2 legge 212 del 2000 in quanto la contribuente aveva fatto legittimo affidamento sul certificato di destinazione urbanistica.
14. Quattordicesimo motivo: “violazione e falsa applicazione dell’art. 10 comma 2 legge n. 212 del 2000 (art. 360 primo comma n.3 cod. proc. civ.)”, in quanto la contribuente aveva fatto legittimo affidamento sulle risultanze del certificato di destinazione urbanistica.
I motivi da nove a quattordici, da esaminare congiuntamente poiché tutti afferenti all’omesso annullamento delle sanzioni, sono infondati. La Commissione tributaria regionale, attraverso le medesime argomentazioni poste a fondamento della affermata destinazione edificatoria dei terreni ceduti, ha implicitamente ma inequivocabilmente ritenuto che la contribuente fosse ben consapevole, alla data di cessione dei terreni (30.5.2000 e 9.11.2000) della natura edificabile degli stessi, posto che, come evidenziato in sentenza, la destinazione dell’area ad attività di edilizia residenziale era stata pubblicamente stabilita con la citata delibera del Consiglio comunale di Lecce n.189 del 30.12.1999, che aveva recepito l’accordo stipulato tra il Comune e la regione Puglia per la realizzazione sull’area in oggetto di un programma di edilizia residenziale, deliberazione di adozione del programma edilizio la cui rilevanza probatoria è stata ritenuta dirimente dal giudice di merito, che perciò ha, indirettamente, escluso la sussistenza dell’elemento psicologico della buona fede, dell’errore e del legittimo affidamento in capo alla contribuente.
Nulla sulle spese atteso che l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva, limitandosi a costituirsi al solo fine della eventuale trattazione della causa in pubblica udienza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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