CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2018, n. 21315
Tributi – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Contenzioso tributario
Rilevato
che in base ad accertamento sintetico ex art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, per l’anno di imposta 2003 l’Ufficio ricostruiva in capo al ricorrente un maggior reddito per € 76.796,00 rispetto ai dichiarati € 8.206,00, desumendoli dalla disponibilità di due immobili in Torino, dall’accensione di mutui ipotecari, acquisti aziendali e disponibilità di autoveicolo;
che, anche a seguito dei chiarimenti resi dal contribuente, la questione si incentra sulla diponibilità di un immobile in Torino, pervenutogli tramite liquidazione dei coeredi, sfociando in Contenzioso tributario di primo grado favorevole al contribuente;
che la CTR ha respinto l’appello dell’Ufficio, ritenendo giustificata la ricostruzione indiziaria offerta dal contribuente nei seguenti termini: l’acquisto dell’immobile tramite liquidazione dei coeredi è avvenuto senza esborso della somma indicata di € 300.000,00 in quanto a) l’assegno tratto dal contribuente a favore dello zio L.D. non sarebbe stato da quest’ultimo incassato, b) madre e sorella del contribuente avrebbero consentito che egli usasse anche delle proprie quote di liquidazione, (sostanzialmente mediante rinuncia abdicativa) e di tanto avrebbero dato dichiarazione che trova ingresso nel processo tributario non tanto in violazione del divieto di prove testimoniali, ma perché dichiarazione prodotta all’Ufficio in sede dei richiesti chiarimenti; c) perché tale sistemazione sarebbe conforme alla volontà sostanziale del de cuius;
che insorge l’Ufficio con unico motivo di gravame; che resiste il contribuente con controricorso; che in prossimità dell’udienza la contribuente ha depositato memoria.
Considerato
che con l’unico articolato motivo la difesa erariale lamenta l’insufficiente motivazione in ordine ad un punto essenziale della controversia in parametro all’art. 360, comma primo, n. 5 del cod. proc. civ.;
che, più in particolare, si contesta l’univocità del mancato incasso dell’assegno bancario di € 300.000,00 con cui il contribuente in sede notarile ha liquidato lo zio ed è divenuto l’unico intestatario dell’immobile in Torino: il mancato incasso di quell’assegno non è prova certa che il prezzo non sia stato pagato, in diversa forma o in diverso momento;
che semplicisticamente è stata data per fondata ed attendibile la dichiarazione della madre e della sorella del ricorrente con cui gli consentono di utilizzare per i suoi fini personali (comprare l’appartamento) quanto a loro spettante per la liquidazione della loro parte dell’Immobiliare G. s.s.;
che seppure tale dichiarazione non costituisce elusione del divieto di introdurre prova testimoniale nel processo tributario, perché trattasi di dichiarazione resa in sede di chiarimenti richiesti dall’Ufficio, non di meno, la CTR non ne ha argomentato sull’attendibilità, soprattutto sulla circostanza trattarsi di dichiarazioni riportate dallo stesso ricorrente nel ricorso introduttivo del giudizio (riprodotto, in ossequio al principio dell’autosufficienza, a pag. 13 del ricorso per cassazione);
che non possono trovare cittadinanza prove dichiarative trasfuse in scritture private non autenticate, che non provengono da pubblici ufficiali legittimati a verbalizzarle con efficacia fidefacente recependole da una dichiarazione extraprocessuale priva di valenza probatoria senza congrua motivazione;
che la CTR neppure ha motivato sulle ragioni per le quali debbano ritenersi attendibili quelle stesse dichiarazioni e verosimili le conseguenti sostanziali rinunce abdicative di madre e sorella del contribuente (ciascuna per la rilevante cifra di € 100.000,00), specie se in ossequio di una non meglio qualificata volontà del de cui US)
che, soprattutto, la CTR non ha ritenuto dover motivare sull’esistenza – extra testamentaria- di siffatta volontà del de cuius, né sull’effettiva portata;
che trattasi invero di punto essenziale della controversia, perché su quest’affermata volontà sostanziale del defunto si fonda sia la rinuncia di madre e sorella del contribuente alla loro quota ereditaria, alla conseguente imputazione a loro dei due terzi del prezzo dell’immobile compravenduto;
che un tanto acquista ulteriore rilevanza ove si consideri come la rinuncia all’eredità disciplinata dall’art. 519 cod. civ. richieda la forma solenne ad substantiam ex art. 1350, n. 13 cod. civ., tale da non ammettere surroga;
che va disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dalla difesa del contribuente, sia perché il ricorso rispetta i canoni dell’autosufficienza in rapporto al vizio lamentato ed ai parametri offerti nel corpo del suo stesso testo, sia perché la censurata carenza di motivazione non si sostanzia in una richiesta di ulteriore valutazione di merito;
che, per contro, questa Corte ha affermato che gli accertamenti induttivi, con cui l’Amministrazione ricava un fatto ignoto da un fatto noto, hanno valenza presuntiva capace di prova contraria, anche indiziaria, purché gli indizi siano gravi precisi e concordanti e la motivazione stringente (e plurimis Cass. n. 16531/2018, n. 1510/2017, n. 1332/2016);
che tale principio non ha ben governato la CTR e che la sentenza impugnata merita annullamento ed il giudizio deve proseguire per gli ulteriori accertamenti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese della presente fase del giudizio.
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