CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2019, n. 21798
Tributi – Imposta di registro – Decreto ingiuntivo – Azione di regresso – Recupero somme pagate in adempimento di un contratto di fideiussione – Imposta in misura proporzionale – Legittimità
Rilevato che
la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: la società R. M. di A. aveva ottenuto un decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato a terzi, propri garantiti, il pagamento di quanto dalla stessa corrisposto, quale garante, in adempimento di un contratto di fideiussione stipulato a garanzia di un contratto preliminare di compravendita di immobili; l’Agenzia delle Entrate aveva notificato alla suddetta società un avviso di liquidazione dell’imposta di registro, pari al 3 per cento della somma ingiunta con il decreto ingiuntivo richiesto; avverso il suddetto atto aveva proposto ricorso la società contribuente, contestando la liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale al valore della somma ingiunta, dovendosi invece applicare la misura fissa; la Commissione tributaria provinciale aveva rigettato il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la società contribuente, nel contraddittorio con l’Agenzia delle entrate;
la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha accolto l’appello, ritenendo che, in forza del principio di alternatività dell’imposta di registro e dell’Iva, l’applicazione dell’imposta fissa di registro operava anche nel caso in cui veniva in considerazione il rapporto di fideiussione, non applicandosi l’imposta di registro quando la prestazione è attratta nel regime impositivo dell’IVA; avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura; la contribuente ha resistito depositando controricorso;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3) cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del d.P.R. n. 633/1972, per avere erroneamente ritenuto applicabile la disciplina in materia di imposta di registro fissa nel caso di azione di regresso fatta valere dal fideiussore nei confronti del proprio garantito per ottenere la restituzione di quanto corrisposto al creditore principale; il motivo è fondato;
la questione prospettata con il motivo in esame ha riguardo alla determinazione della misura, proporzionale al valore della condanna, o fissa, dell’imposta di registro da applicare al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore principale inadempiente per il recupero delle somme pagate al creditore principale in virtù di polizza fideiussoria;
sul punto, a composizione del ravvisato contrasto giurisprudenziale, questa Corte (Cass. civ., Sez. Unite, 10 luglio 2019, n. 18520) ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato»; in particolare, è stato precisato che non può essere seguita la tesi interpretativa secondo cui il titolo da cui deriva il debito principale è distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale trae origine la prestazione di garanzia, e che assume la configurazione di contratto autonomo di garanzia, non potendosi configurare, in realtà, alcuna operazione complessiva e inscindibile, in quanto la polizza fideiussoria non mira a garantire l’adempimento dell’obbligazione principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore: la prestazione che ne è oggetto è quindi qualitativamente altra rispetto a quella oggetto dell’obbligazione principale;
se ne è quindi fatta derivare l’autonomia della garanzia, che risponde appunto a funzione indennitaria e non satisfattoria, perché è volta al trasferimento da un soggetto a un altro del rischio economico derivante dalla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale oppure dall’insussistenza dei presupposti per ottenere il rimborso dell’iva (Cass., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947, nonché, tra varie, 9 maggio 2019, n. 12228); per quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato; le spese processuali dei giudizi di merito nonché del presente grado di giudizio vanno compensate tra le parti attesa l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia e del recente intervento di questa Corte, a Sez. U., sopra citato;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente.
Le spese processuali relative ai giudizi di merito e del presente grado di giudizio sono compensate.
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