CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2019, n. 21800
Tributi – IVA – Rettifica detrazione – Acquisto di autovetture – Ruolo di mera cartiera del fornitore – Operazione di frode – Presunzione di resposabilità dell’acquirente – Criteri distintivi
Considerato che
1. la CTR del Lazio rigettava il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza con la quale la CTP di Roma – ritenendo provata l’estraneità di S. s.r.l. alla truffa attuata tramite la ditta C.S. di L.B.A., con sede in Montesilvano, esercente il commercio di autoveicoli, in considerazione dell’effettivo ricevimento delle forniture di autovetture, dei mezzi di pagamento (assegni non trasferibili e bonifici bancari) e del decreto di archiviazione del procedimento penale nei confronti del legale rappresentante della società M.S. – aveva parzialmente accolto il ricorso di S. s.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento RCB0307036607/2008 con il quale era stata rilevata, in riferimento all’anno d’imposta 2004 e per quel che qui ancora rileva, l’illegittima detrazione dell’IVA in relazione a fatture di acquisto riconducibili ad operazioni soggettivamente inesistenti;
2. riteneva la CTR che «i giudici di primo grado hanno correttamente riconosciuto, sulla base dei riscontri probatori, la legittimità del diritto alla detrazione in una vicenda in cui il cessionario è risultato estraneo agli intenti evasi che hanno forse interessato l’operato del fornitore, avuto riguardo alle seguenti considerazioni, essendo la fattispecie in esame caratterizzata da: 1. Acquisti effettivi di autovetture a prezzi di mercato da un operatore economico esercente l’attività di commercio di autoveicoli. 2. Assenza di elementi da cui presupporre la provenienza fittizia delle fatture. 3. Assenza di benefici dalla eventuale frode. 4. Effettivo ricevimento delle autovetture (beni mobili soggetti a registrazione). 5. Pagamenti disposti a mezzo assegni non trasferibili o bonifici bancari. 6. Decreto di archiviazione del procedimento penale.» (p. 3 della sentenza);
3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a tre motivi, cui replica S.con controricorso illustrato con memoria.
Ritenuto che
4. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 1, 19 e 21, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dei principi espressi dalle sentenze della Corte di Giustizia UE 12 gennaio 2006, in cause C- 354/03, C-355-/03, C-484/03 e 6 luglio 2006, in cause C-439/04, C- 440/04: la CTR, limitandosi a ritenere l’estraneità della società contribuente agli intenti evasivi del suo fornitore, ha omesso di accertare se la società medesima sapesse o dovesse sapere di partecipare, con il proprio acquisto, ad un’operazione in frode all’IVA;
5. con il secondo motivo si denuncia insufficiente motivazione sul fatto, decisivo e controverso, del ruolo di mera cartiera della ditta C.S. – ruolo evidenziato nel processo verbale di contestazione con plurimi elementi, non contestato dalla società contribuente e peraltro oggetto, altresì, di procedimento penale – e della mancata prova, da parte della contribuente (che aveva ripetutamente operato nel corso degli anni con la C.S. per un rilevante volume di affari), dell’insussistenza, quanto meno, di un comportamento colposo, avendo invece la CTR:
i) recepito acriticamente le controdeduzioni della contribuente;
ii) ritenuto l’acquisto delle autovetture a prezzo dì mercato, elemento tuttavia contraddetto dal decreto di archiviazione del procedimento penale e dalle stesso dichiarazioni del legale rappresentante di S.riportate nel processo verbale di contestazione (da cui emergerebbero evidenti anomalie nelle trattative e nella conclusione dei contratti di vendita delle autovetture);
iii) valorizzato elementi irrilevanti quali “l’assenza di benefici dell’eventuale frode”, “l’effettivo ricevimento delle autovetture”, le modalità di pagamento mediante assegni bancari non trasferibili e bonifici bancari, la disposta archiviazione ex art. 411 c.p.p. (alla luce dei principi in tema di rapporti tra giudicato penale e giudizio tributario);
6. con il terzo motivo si tornano a denunciare, in subordine al motivo che precede, i vizi motivazionali predetti anche ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
7. i primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente poiché connessi, sono fondati;
7.1. deve premettersi che non hanno pregio le censure di inammissibilità mosse dalla controricorrente al primo mezzo sotto i distinti profili della novità e del difetto di autosufficienza: il mezzo non è nuovo, bensì sollecita la corretta applicazione dei principi in tema di prova dell’estraneità della contribuente alla frode, coerentemente con gli assunti basati sulla verifica fiscale ed in stretta consequenzialità con la ratio decidendi criticata; esso nemmeno è – all’evidenza – carente di autosufficienza, avendo parte ricorrente puntualmente indicato la norma (di rango primario) violata ed esposto, al contrario di quanto opinato dalla società controricorrente, un’esaustiva prospettazione critica dell’interpretazione della norma fatta propria dalla CTR; per completezza non può poi sottacersi che il precedente invocato dalla controricorrente (Sez. 5, 2 dicembre 2004, n. 22648) è affatto inconferente poiché riguardante una fattispecie in cui ricorreva la violazione di una norma secondaria, laddove la doglianza della ricorrente si appunta invece, come detto, sulla violazione di una norma di legge, sicché non può che soccorrere senz’altro l’applicazione del principio iura novit curia;
7.2. venendo dunque all’esame dei due motivi, sulle cd. operazioni soggettivamente inesistenti la Sezione ha da tempo affermato il principio – cui deve darsi senz’altro continuità – secondo il quale in tema di IVA, l’amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (così, da ultimo, Sez. 5, 20 aprile 2018, n. 9851, nonché Sez. 5, 24 agosto 2018, n. 21104; si v. anche Sez. 5, 9 settembre 2016, n. 17818, secondo la quale, con riferimento all’onere probatorio gravante sul contribuente, non è sufficiente «la mera regolarità della documentazione contabile e la dimostrazione che la merce sia stata consegnata o il corrispettivo effettivamente pagato, trattandosi di circostanze non concludenti», ovvero, quanto alla regolarità delle scritture ed alle evidenze contabili del pagamento, «di dati e circostanze facilmente falsificabili»: Sez. 6-5, 15 maggio 2018, n. 11873);
7.3. orbene, la generica ed apodittica motivazione offerta dalla CTR trascura del tutto i principi testé richiamati: invero, in disparte la mancata contestazione della natura di mera “cartiera” della ditta C.S., a fronte dei plurimi elementi indiziari forniti dall’amministrazione (tra gli altri: segnalazione della Guardia di Finanza di Pescara relativa all’interposta e conseguente verifica fiscale operata a carico della contribuente, i cui esiti sono stati riversati nel processo verbale di contestazione; tenore delle dichiarazioni rese da M.S., quale legale rappresentante della contribuente, circa i rapporti con il procuratore della società francese fornitrice delle autovetture; evidenze emerse sul conto dell’interposta nell’ambito del procedimento penale a carico del S.; incontestata pluralità delle operazioni formalmente intercorse tra l’interposta e la contribuente nel corso di un significativo lasso temporale e per un rilevante volume di affari) la CTR, limitandosi ad una sorta di recepimento per relationem della sentenza di primo grado e degli assunti della contribuente, non spende alcun argomento per spiegare le ragioni della ritenuta estraneità di S. alla frode, valorizzando – ma in via puramente assertiva – elementi (semplicemente elencati) quali il prezzo di mercato (peraltro smentito dal decreto di archiviazione del procedimento penale), le fatture, l’assenza di benefici derivati dalla frode, l’effettivo ricevimento delle autovetture, le modalità di pagamento (tutti peraltro in sé non decisivi, alla luce della citata giurisprudenza di legittimità), nonché l’esito del predetto procedimento penale;
7.4. a tale ultimo riguardo, tuttavia, non sembra inutile rammentare l’autonomia delle valutazioni rimesse al giudice tributario rispetto a quelle proprie del giudice penale, alla stregua del principio, fissato in tema di rapporti tra giudicato penale e giudizio tributario, per il quale «In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio» (così, da ultimo, Sez. 6-5, 24 novembre 2017, n. 28174; si v. in precedenza, le conformi Sez. 6-5, 28 giugno 2017, n. 16262; Sez. 5, 23 maggio 2012, n. 8129; Sez. 5, 27 settembre 2011, n. 19786; Sez. 5, 8 ottobre 2010, n. 20860);
8. dalla fondatezza dei primi due mezzi consegue l’assorbimento del terzo.
9. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai suesposti principi e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo;
cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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