CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 aprile 2020, n. 8280
Tributi – ICI – Variazioni catastali – Comunicazioni DOCFA effettuate da un conduttore e da un comproprietario – Accertamento maggiore imposta – Variazione rendita catastale – Applicabilità al comproprietario non notificato – Legittimità
Fatti di causa e rilevato che
la contribuente impugnava l’avviso di accertamento emesso dal comune di Genova relativo ad una differenza di imposta di 8.230,28 euro per l’ICI relativo all’anno 2007; la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, rigettandolo però quanto alla lamentata non conoscenza della variazione delle rendite catastali e dell’omessa notifica di tali rendite;
la Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente l’appello della contribuente rigettandolo però quanto alla lamentata non conoscenza della variazione delle rendite catastali e dell’omessa notifica di tali rendite, in quanto: dall’esame degli atti si evince che la contribuente era a piena conoscenza delle rendite, che aveva potestà di contestare l’attribuzione nei modi stabiliti dalla legge; le rendite non sono state impugnate e quindi devono ritenersi valide a tutti gli effetti di legge dal momento che era onere del contribuente richiedere la modifica dei dati catastali sulla base delle indicate motivazioni dell’Ufficio;
la contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.
Ragioni della decisione
Considerato che, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente in quanto la CTR non avrebbe spiegato per quale motivo la contribuente dovrebbe essere a conoscenza delle rendite catastali variate dopo il primo gennaio 2000 e non notificate dato che le comunicazioni DOCFA erano state effettuate da un conduttore e da un comproprietario, mai dalla contribuente;
considerato, quanto al primo motivo, che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940); considerato che, alla luce di suddetto principio, il motivo è infondato in quanto una motivazione, sia pure stringata, è presente e, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, spiega che dall’esame degli atti si evince che la contribuente era a piena conoscenza delle rendite e che aveva potestà di contestare l’attribuzione nei modi stabiliti dalla legge e che dal momento che le rendite non sono state impugnate esse devono ritenersi valide a tutti gli effetti di legge dal momento che era onere del contribuente richiedere la modifica dei dati catastali sulla base delle indicate motivazioni dell’Ufficio;
considerato che, con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la parte contribuente denuncia violazione dell’art. 74, comma 1, della legge n. 342 del 2000 dal momento che la sentenza ha ritenuto applicabili all’accertamento le nuove rendite variate dopo il primo gennaio 2000, pur in assenza di prova della notificazione;
considerato che, secondo questa Corte: il contribuente che si avvalga della procedura DOCFA ai fini della determinazione della rendita catastale, ai sensi del d.m. n. 701 del 1994, pone in essere un’attività collaborativa che comporta soltanto, in caso di variazione della rendita originaria, la non applicazione di sanzioni (salvo nel caso in cui lo scarto ecceda la misura del 30%), ma abilita il Comune ad emettere avviso di liquidazione, senza necessità di preventiva notifica della rendita; in tema di ICI, ai sensi dell’art. 74, comma 1, della l. n. 342 del 2000, l’Agenzia del territorio è tenuta a notificare l’atto di attribuzione o di modifica della rendita catastale al concessionario dell’area, ove risulti tra gli intestatari catastali del bene (nella specie, la Cassazione, in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva annullato l’atto non notificato al concessionario di un’area demaniale marittima intestatario della partita catastale e rimasto estraneo alla procedura Docfa: Cass. nn. 14025 del 2019; 807 del 2018);
la notificazione della rendita attribuita costituisce il presupposto (oltre che per l’impugnazione da parte del contribuente) per l’utilizzo della stessa da parte dell’amministrazione comunale che agisca per il pagamento dell’Ici e con l’art. 74, secondo cui dal primo gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione (Cass. nn. 4971 del 2018; 13443 del 2012);
in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 74, comma 3, della l. n. 342 del 2000, va interpretato nel senso che qualora la rendita catastale sia stata attribuita entro il 31 dicembre 1999 e l’atto impositivo che la recepisce venga notificato successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 342 cit. (10 dicembre 2000), soltanto con tale notificazione il contribuente acquisisce piena conoscenza di detta attribuzione (laddove, fino al 31 dicembre 1999, era sufficiente l’affissione all’albo pretorio), con la conseguenza che dalla data della notificazione medesima il contribuente è legittimato a proporre impugnazione non solo avverso la determinazione del tributo, ma anche nei confronti della determinazione della rendita (Cass. n. 14400 del 2017);
considerato che nell’esposizione dei fatti nel ricorso, contestata nella sostanza nel controricorso, la contribuente afferma che la procedura DOCFA, della quale sostiene di non avere mai avuto conoscenza, non è stata da lei effettuata e posta in essere, ma da un comproprietario e da un conduttore;
ritenuto che, una volta che sia stata proposta la DOCFA, grava sulla parte che abbia interesse a dimostrare di non averne avuto conoscenza tale onere e che questa prova non solo non è stata raggiunta ma è smentita dall’affermazione della CTR secondo cui si evince dall’esame degli atti che la contribuente era a piena conoscenza delle rendite e considerato peraltro che non è ragionevole e plausibile che un comproprietario e un conduttore formulino una DOCFA senza che il proprietario o il comproprietario – tenuti a seguire le vicende principali di un immobile con una diligenza adeguata all’importanza economica di tale bene – ne vengano a conoscenza;
ritenuto dunque che la CTR si è conformata ai suddetti principi e che la doglianza della ricorrente è volta a rimettere in discussione il giudizio di merito – che ha portato il giudice a ritenere provata la conoscenza da parte della contribuente della variazione della rendita catastale – per cui il motivo si risolve nel tentativo di prospettare surrettiziamente una diversa valutazione delle prove, estranea al giudizio di legittimità perché riservata al giudice di merito (Cass. n. 25166 del 2019);
ritenuto dunque che il ricorso va rigettato e che la condanna alle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 2.000 oltre a spese prenotate a debito.
Ai seni dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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