CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 dicembre 2021, n. 41840
Tributi – Disciplina delle società di comodo – Omessa presentazione interpello disapplicativo – Mancato adeguamento al reddito minimo – Cartella di pagamento ex art. 36-bis, DPR n. 600 del 1973 per il recupero dell’imposta – Illegittimità
Rilevato che
1. – con sentenza n. 342/22/14, depositata il 21 febbraio 2014, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello proposto da A.S.G. S.r.l., così confermando la pronuncia di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di una cartella esattoriale emessa a seguito di controllo automatizzato (d.p.r. n. 600 del 1973, art. 36-bis) per il recupero di IRES non versata in conseguenza del mancato adeguamento della società al reddito minimo previsto per le società non operative, ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 30;
– il giudice del gravame ha rilevato che, nella fattispecie, veniva in rilievo «attività meramente liquidatoria» e che la società non aveva presentato interpello disapplicativo al fine di sottrarsi all’applicazione del reddito minimo presunto ex art. 30, cit. ;
2. – A.S.G. S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria;
– l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;
– Equitalia Nord S.pa. non ha svolto attività difensiva.
Considerato che
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 36 bis, deducendo, in sintesi, che erroneamente il giudice del gravame aveva ritenuto sussistenti i presupposti del controllo automatizzato ex art. 36 bis, cit., laddove, nella fattispecie, veniva in rilievo attività di accertamento recante rideterminazione del reddito previa sua diversa qualificazione (quale reddito d’impresa);
– il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. n. 724 del 1994, art. 30, alla l. n.296 del 2006, art. 1, commi 1095 e 1096, al d.p.r. n. 917 del 1986, art. 32 ed all’art. 53 Cost., sull’assunto che la disciplina relativa al test di operatività delle società, ex art. 30, cit., deve ritenersi inapplicabile, per incompatibilità ex se, con i criteri di determinazione del reddito agrario;
2. – va premesso che la stessa l’Agenzia delle Entrate, nel costituirsi in giudizio, ha fatto riferimento ad un atto di indirizzo (direttiva n. 8/2013, del 12 febbraio 2013) col quale si è disposto «l’abbandono delle controversie instaurate avverso cartelle di pagamento emesse dagli uffici a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni per recuperare le imposte dovute sul reddito “minimo” delle società “non operative”», sul rilievo che «la contestazione relativa all’omesso adeguamento al reddito “minimo” deve trovare la sua naturale sede nella fase di accertamento e non in quella di liquidazione della dichiarazione»;
2.1 – per quanto, dunque, sia stato preannunciato un atto di autotutela, – avendo l’Agenzia concluso per la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite, – l’atto in questione non risulta adottato né, per vero, la contribuente ha (altrimenti) definito la lite, ai sensi del d.l. n. 119 del 2018, art. 6, conv. in l. n. 136 del 2018, così come pur preannunciato, e come precisato nella memoria depositata in relazione all’odierna udienza;
3. – tanto premesso, il primo motivo di ricorso, – dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo, – è fondato e va accolto;
3.1 – come già rilevato dalla Corte, in materia di società di comodo, l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella ex art. 36- bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ammissibile solo se fondata su un controllo meramente cartolare, per l’importo indicato dal contribuente quale risultato del test di operatività, atteso che i parametri di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006) non rappresentano il reddito effettivamente percepito, ma dati presuntivi, il cui mancato raggiungimento costituisce, salva la prova contraria, un elemento sintomatico della natura non operativa della società (così Cass., 12 dicembre 2016, n. 25472 cui adde Cass., 29 dicembre 2020, n. 29734);
– difatti, si è rimarcato, l’emissione di cartella a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis, cit., è ammissibile solo se l’importo scaturisca da un controllo meramente formale dei dati forniti dallo stesso contribuente o da una mera correzione di errori materiali o di calcolo, ma non quando, come nel caso in esame, presuppone la risoluzione di questioni giuridiche;
4. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente;
– le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, in ragione dell’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono, tra le parti costituite, la soccombenza dell’Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 4.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
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