CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 gennaio 2020, n. 1963
Tributi – Dazi – Valore doganale delle merci – Mancata prsesentazione documenti di conferma del valore dichiarato in dogana – Rettifica – Procedura standardizzata di determinazione del valore in dogana – Legittimità
Rilevato che
– con la sentenza impugnata il giudice dell’appello rigettava il gravame dell’Ufficio e quindi confermava la sentenza della CTP che aveva annullato gli atti impugnati, con i quali l’Ufficio aveva irrogato sanzioni e recuperato i maggiori dazi dovuti in forza di operazioni doganali realizzate nell’anno 2012;
– ricorre a questa Corte di cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un unico motivo; la società è rimasta intimata;
Considerato che
– con il solo motivo di ricorso l’Erario denuncia violazione ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 29 e dell’art. 30 Reg. CEE n. 2913/92, dell’art. 181 bis reg. CEE n. 2454/93, dell’art. 65 d.P.R. n. 43 del 1973 nonché dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto illegittima la rettifica doganale secondo la procedura standardizzata di determinazione del valore in dogana, invertendo inoltre l’onere della prova a fronte della mancata produzione – nella fase procedimentale – da parte del contribuente di documenti richiesti dall’Ufficio e indispensabili per confermare il valore dichiarato in dogana;
– il motivo è fondato;
– la sentenza impugnata ha ritenuto, in sintesi, che a fronte dei documenti prodotti – anche in giudizio, in parte – dal contribuente, era onere dell’Amministrazione fornire prova dell’asserito pagamento, da parte della F.H. s.r.I., “di un prezzo maggiore di quello dichiarato in dogana”;
– invero, sulla determinazione dell’obbligazione doganale, come chiarito da questa Corte, l’unico valore rilevante è quello in dogana che coincide di norma col valore di transazione, ossia col prezzo effettivamente pagato o da pagare (Cass. 27 settembre 2018, n. 23246), stante la necessità di determinare nel diritto dell’Unione un sistema equo, uniforme e neutro, che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi e garantisca la certezza della prassi commerciale (Corte giust. 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., C- 116/12, punto 44; Corte giust. 15 luglio 2010, Gaston Schul, C-354/09, punto 27; 28 febbraio 2008, Carboni e derivati s.r.I., C-263/06, punto 60). Il codice doganale comunitario ha pertanto stabilito con gli articoli 29, 30 e 31 una rigida sequenza di regole di determinazione del valore doganale e il regolamento attuativo ha predisposto una specifica disciplina, regolata dall’art. 181-bis, qualora le autorità doganali abbiano «fondati dubbi che il valore dichiarato rappresenti l’importo totale pagato o da pagare ai sensi dell’articolo 29 del codice doganale» (Cass. n. 23246 del 2018; Cass. 4 aprile 2013, n. 8323; Cass. 13 settembre 2013, n. 20931). In questo caso, per potersi discostare dalla regola del valore di transazione, l’autorità doganale deve chiedere informazioni complementari e sollecitare il contraddittorio, prima di decidere di non determinare il valore in dogana delle merci importate in base alla regola generale fissata dall’art. 29. Ne consegue che, nel seguire la rigida scansione delle regole fissate dal codice doganale comunitario, quando il valore in dogana non possa essere determinato mediante ricorso al valore di transazione delle merci importate, la valutazione doganale si dovrà attenere alle disposizioni dell’art. 30 del codice, applicando, in sequenza, i metodi previsti alle lettere da a) a d) del paragrafo 2 di quest’ultimo articolo (Corte giust. 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., C-116/12, punto 41). E soltanto quando non sia possibile determinare il valore in dogana delle merci importate neppure sulla base dell’art. 30 del codice doganale, si opererà la valutazione in dogana conformemente alle disposizioni dell’articolo 31 di tale codice (Corte giust. 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., C-116/12, punto 42; 20 dicembre 2017, Hamamatsu Photonics Deutschland GmbH c. Hauptzollamt Meinchen, C-529/16). In definitiva, i criteri di determinazione del valore in dogana devono essere applicati in base sì agli artt. 29, 30 e 31 del codice doganale comunitario, ma rispettando il nesso di sussidiarietà tra essi esistente: soltanto quando il valore in dogana non possa essere determinato applicando la disposizione precedente si deve far riferimento a quella immediatamente successiva secondo l’ordine stabilito dal codice (CGUE, 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., C -116/12). Il valore di transazione resta comunque il metodo prioritario di determinazione, in quanto è considerato il più adatto e il più frequentemente utilizzato. Per disattenderlo, occorre che: l’Amministrazione abbia fondati dubbi che esso sia inattendibile; i dubbi persistano, anche dopo una richiesta di ulteriori informazioni o complementi di documentazione e dopo aver fornito all’interessato una ragionevole possibilità di far valere il proprio punto di vista riguardo ai motivi sui quali sono fondati tali dubbi; l’Amministrazione ricorra in primo luogo ai metodi di valutazione immediatamente sussidiari, ossia a quelli stabiliti, in successione, dall’art. 30 del codice doganale comunitario (Cass. n. 23246 del 2018). Dunque, qualora le autorità doganali abbiano fondati dubbi sul valore dichiarato, per potersi discostare da questo, devono innanzitutto chiedere informazioni supplementari e sollecitare il contradditorio con l’interessato e, in mancanza dei necessari chiarimenti, devono ricorrere ai metodi di valutazione immediatamente sussidiari ossia a quelli stabiliti, in successione, dall’art. 30 del medesimo codice doganale comunitario (Cass. n. 23246 del 2018);
– nel presente caso, la CTR ha erroneamente ritenuto che a fronte di una situazione di mancanza di chiarimenti (non essendo nella documentazione di bonifico indicata la causale del pagamento e il riferimento quindi di tal somma alla fattura relativa all’operazione doganale in oggetto) fosse comunque onere dell’Ufficio – anche di fronte a tali oscurità – fornire prova del pagamento di maggior prezzo;
– in conclusione, quindi, il ricorso va accolto;
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che deciderà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
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