CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2019, n. 20418
Trasferimento del ramo d’azienda – Sottoscrizione del verbale di conciliazione in sede sindacale – Rinuncia a qualsiasi pretesa collegata al pregresso rapporto di lavoro – Ulteriore somma a titolo di transazione novativa – Accertamento dell’inefficacia – Non fondata – Effetto preclusivo della “transazione novativa” – Società cessionaria non è parte in causa del giudizio
Rilevato che
1. Con sentenza n. 4884 depositata il 27.8.2015 la Corte di appello di Roma, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, respingeva la domanda proposta da G.A. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe, informatori medico-scientifici della linea del farmaco C. della società M.I. s.r.l., di accertamento dell’inefficacia del trasferimento del ramo d’azienda effettuato dalla M.I. alla X.P. s.r.l. con conseguente persistenza del rapporto di lavoro con la detta società sin dal dicembre 2007 e con condanna della MSD al risarcimento del danno.
2. La Corte distrettuale (in conformità con altre decisioni già adottate) ha rilevato la sostanziale inoppugnabilità della cessione del ramo di azienda a seguito della sottoscrizione del verbale di conciliazione in sede sindacale, avendo i lavoratori in detta sede espressamente rinunciato a qualsiasi pretesa collegata al pregresso rapporto di lavoro con la società cedente a fronte della percezione di somma corrispondente a 19 mensilità di retribuzione, oltre ad ulteriore somma netta a titolo di transazione novativa, non potendosi, inoltre, ravvisare vizi del consenso relativi alla transazione.
3. Avverso la detta sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La società è rimasta intimata.
Considerato che
1. Con il primo motivo, ex art. 360, primo comma n. 3, cod.proc.civ., i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ. per avere, la Corte distrettuale, omesso l’esame dei motivi da 1 a 7 del ricorso in appello (concernenti la simulazione di un contratto di cessione di azienda tra M.I. s.r.l., cedente, e X.P. s.r.l., cessionaria, la nullità della cessione per illiceità della causa, del motivo e dell’oggetto, la mancanza dei requisiti di cui all’art. 2112 cod.civ., la nullità del verbale di conciliazione sindacale, il diritto alla reintegrazione presso la società cedente).
2. Con il secondo motivo, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., i ricorrenti deducono vizio di motivazione, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che la verifica della simulazione del contratto di cessione del ramo di azienda avrebbe certamente consentito di ritenere fondata la domanda proposta dai lavoratori.
3. Con il terzo motivo, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2112, 1343 e 1344 cod.civ., avendo, la Corte distrettuale, trascurato che secondo la normativa comunitaria e i principi costituzionali, il ramo d’azienda oggetto del trasferimento deve rappresentare un’entità economica con propria identità, la cui prova è posta a totale carico del datore di lavoro.
4. Con il quarto motivo, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 2113, 1427, 1328, 1429, 1439, 1440 cod.civ. e 420, comma 5, cod.proc.civ. in relazione alla nullità/annullabilità dell’atto transattivo sottoscritto il 25.1.2008, avendo, la Corte distrettuale, trascurato di procedere alla preliminare verifica della illegittimità/inefficacia della cessione del ramo, dovendo ritenersi limitata, la transazione, ai soli diritti di natura economica rinvenienti dal rapporto di lavoro e, in secondo luogo, non preclusiva della possibilità di far legittimamente valere eventuali vizi della volontà.
5. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente vista la stretta connessione, sono inammissibili e, per la parte residua, infondati.
6. Preliminarmente, va osservato che le censure sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dell’atto di transazione stipulato in sede sindacale tra i lavoratori, informatori medico scientifici, e la società, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. n. 3224 del 2014; Cass. SU n. 5698 del 2012; Cass. SU n. 22726 del 2011).
7. Difetta, inoltre, la necessaria riferibilità delle censure alla motivazione della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale non ha espressamente affrontato i contestati profili di validità del contratto di cessione di azienda in quanto ha rilevato che “risulta ostativa alle pretese rivendicate dai lavoratori nel presente giudizio la sottoscrizione di verbale di conciliazione in sede sindacale, che presenta, a norma dell’art. 2113 c.c., caratteri di sostanziale inoppugnabilità”, avendo, i lavoratori, percepito, a fronte della rinuncia a qualsiasi pretesa collegata al pregresso rapporto di lavoro, una somma corrispondente a 19 mensilità di retribuzione, oltre una ulteriore somma netta a titolo di transazione novativa, ed aggiungendo che “In forza di tale transazione, dunque, i lavoratori non hanno alcun titolo giuridico per far valere nei confronti della società cedente vizi quali quelli denunciati, attinenti a rapporti tra cedente e cessionario ed a comportamenti del cessionario, poiché con la società cedente è intervenuta una transazione e poiché la società cessionaria non è parte in causa nel presente giudizio”.
8. le censure non colgono, dunque, la ratio decidendi perché i ricorrenti insistono sulla mancata considerazione delle domande originarie (trasfuse nei motivi di appello, peraltro solo riassuntivamente indicati e non trascritti) ma nulla deducono sull’effetto preclusivo svolto dalla “transazione novativa” stipulata con la M.I., considerato che questa Corte ha ripetutamente affermato che l’efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall’accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti (cfr. Cass. n. 4217 del 2017, Cass. n. 23064 del 2016).
9. non sussiste, infine, l’omessa valutazione dei dedotti vizi della transazione, avendo la Corte territoriale, sulla scorta di orientamenti giurisprudenziali espressamente indicati (in specie Cass. n. 72 del 2011, concernente la esclusiva rilevanza, in tema di contratto di transazione, dell’errore di diritto sulla situazione costituente presupposto della “res controversa”) rilevato che “l’errore sui motivi … non è rilevante e non è configurabile violenza, viste le dimostrate difficoltà aziendali che hanno comportato la riduzione del personale” ed avendo osservato che nessuna questione era stata posta con riguardo ad un difetto di assistenza o di scarsa chiarezza del contenuto della transazione.
10. il ricorso va pertanto rigettato, nulla provvedendosi sulle spese in assenza di parte controricorrente.
11. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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