CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2021, n. 21760

Tributi – Sanzioni – Violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale – Sospensione dell’attività per tre giorni

Rilevato che

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 21 novembre 2013, che, in accoglimento dell’appello della O.S. di D. C. & C. s.n.c., ha accolto il ricorso di quest’ultima per l’annullamento dell’atto di irrogazione della sanzione (accessoria) consistente nella sospensione dell’esercizio dell’attività per la durata di tre giorni emesso per violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale;

– il giudice di appello ha accolto il gravame della società evidenziando, da un lato, che lo scostamento tra gli importi incassati (mediante utilizzo da parte degli acquirenti di carte di credito) e quelli esposti nei relativi documenti fiscali emessi dalla contribuente era marginale rispetto al numero delle vendite operate nel periodo in osservazione (luglio 2019) e, dall’altro, che un siffatto scostamento poteva trovare giustificazione nella eventualità che i pagamenti potessero essere stati effettuati in parte con carta di credito e, per la parte residua, in contanti, per cui non vi era certezza della violazione contestata;

– il ricorso è affidato a due motivi di ricorso;

– resiste con controricorso la O.S. di D. C. & C. s.n.c.;

Considerato che

– occorre preliminarmente rilevare che la contribuente non ha offerto prova di aver ritualmente notificato il controricorso alla ricorrente, mancando agli atti la dimostrazione che l’atto, notificato a mezzo del servizio postale, sia stato ricevuto dal destinatario;

– pertanto, il controricorso va dichiarato inammissibile;

– va, invece, dichiarata ammissibile la memoria depositata dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c., atteso che, essendosi in presenza di un ricorso già depositato alla data del 30 ottobre 2016 e per il quale è stata successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà può presentare memoria, laddove, come nel caso in esame, sia depositata anche procura speciale al difensore, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente, trovando in tali casi applicazione l’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense, l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione (cfr. Cass. 10 marzo 2021, n. 6592; Cass., ord., 28 febbraio 2020, n. 5508);

– ciò posto, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e 16, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per aver la sentenza impugnata annullato l’atto impositivo benché le violazioni poste a fondamento della sanzione accessoria irrogata fossero state rilevate dalla Guardia di Finanza in due processi verbali di constatazione;

– evidenzia, inoltre, l’erroneità della decisione nella parte in cui avrebbe ignorato il principio per cui l’irrogazione della sanzione in esame non sarebbe impedita dalla definizione delle pendenze derivanti dall’irrogazione delle sanzioni principali, in un caso, mediante versamento di quanto dovuto, e, nell’altro, mediante ai sensi dell’art. 39, dodicesimo comma, d.l. 6 luglio 2011, n. 98;

– il motivo è fondato;

– l’art. 12, secondo comma, d.lgs. n. 471 del 1997, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevede che qualora siano state contestate ai sensi dell’art. 16, d.lgs. n. 472 del 1997, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese;

– tale formulazione è frutto della modifica operata dall’art. 1, ottavo comma, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv., con modif., nella l. 24 novembre 2006, n. 286, il quale ha sostituito il presupposto del definitivo accertamento delle violazioni rilevate con quello della contestazione di siffatte violazioni;

– da ciò consegue che in sede di impugnazione dell’atto di irrogazione della sanzione accessoria della sospensione dell’attività il contribuente non può utilmente eccepire l’insussistenza delle violazioni poste a fondamento di tale atto, essendo sufficiente che le stesse siano state ritualmente contestate;

– sotto altro aspetto, si osserva che la norma in esame ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nell’art. 16, terzo comma, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per cui l’irrogazione della sanzione accessoria non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest’ultima disposizione (così, Cass., ord., 26 febbraio 2020, n. 5185);

– pertanto, la Commissione regionale, nell’annullare l’atto impositivo in ragione della mancata prova delle violazioni tributarie poste a fondamento dell’atto di irrogazione della sanzione accessoria, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi di diritto;

– con il secondo motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 37 c.p.c., per aver il giudice di appello dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda della contribuente di risarcimento dei danni derivanti dalla chiusura dell’esercizio dei locali disposta in esecuzione della sanzione in oggetto;

– il motivo è inammissibile;

la soccombenza di una parte e il suo conseguente interesse ad impugnare la sentenza sono da escludere nel caso in cui l’absolutio ab instantia sia avvenuta per effetto di statuizione meramente processuale, potendo in tal caso configurarsi interesse all’impugnazione soltanto in presenza di rituale proposizione di domanda riconvenzionale finalizzata all’esame del merito, domanda che nel caso in esame non risulta essere stata formulata (cfr. Cass., Sez. Un., 3 novembre 2005, n. 21289);

– infatti, posto che l’interesse a proporre impugnazione ha origine e natura processuali e sorge dalla soccombenza, connessa ad una statuizione del giudice a quo capace di arrecare pregiudizio alla parte, non può ipotizzarsi una situazione di pregiudizio per il convenuto nel fatto che il giudice a quo, ravvisando un ostacolo processuale all’esame della domanda, ne riconosca la soggezione a siffatta situazione ostativa, anziché esaminarla nel merito;

– la sentenza va, dunque, cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà, oltre che sulle spese, anche sulle ulteriori questioni oggetto del ricorso introduttivo della contribuente, riproposte con i motivi di appello – e richiamate nella memoria depositata in questa sede – e non esaminate dal giudice del gravame

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.