CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2021, n. 21793
Rapporto di lavoro – Collaboratore fìsso – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – Accertamento – Differenze retributive
Rilevato che
1. La Corte di appello di Trieste, in parziale accoglimento del ricorso proposto da I.G. ed in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 1.1.2010 al 31.3.2013, ai sensi dell’art. 2 del c.c.n.I. FNSI, alle dipendenze della F.E. s.p.a., oggi G.N.N. s.p.a., ed ha dichiarato nulla la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive.
2. La Corte di merito ha accertato che nel periodo in contestazione la G. aveva seguito con continuità la cronaca locale, cittadina e del territorio del C., avendo la responsabilità del settore del quale aveva assicurato per la durata del rapporto la copertura.
2.1. Ha ritenuto nulla la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive stante la assoluta indeterminatezza degli elementi su cui era fondata osservando che non erano stati neppure allegati i parametri retributivi su cui si fondava.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre la F.E. s.p.a. con due motivi ai quali resiste con controricorso I.G.. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
4. Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.civ., è inammissibile.
4.1. Sostiene la ricorrente che una attenta valutazione del materiale probatorio avrebbe dovuto convincere la Corte dell’inesistenza tra le parti di un rapporto di collaboratore fìsso poiché non era stato dimostrato che, in relazione alla competenza posseduta, le era stata affidata la responsabilità della copertura di un settore con disponibilità tra una prestazione e l’altra.
4.2. Osserva il Collegio che la censura non denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ma piuttosto ripercorre l’istruttoria proponendone una lettura diversa ed a sé più favorevole. Tuttavia l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. tra le molte Cass. 08/11/2019 n. 28887 e 10/02/2015 n. 2498).
5. Con il secondo motivo di ricorso, articolato in più censure, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ., dell’art. 2 c.c.n.I.g. e degli artt. 1362 e 1363 cod.civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc.civ.
5.1. Ad avviso della ricorrente, nel rapporto intercorso tra le parti non erano ravvisabili indici rivelatori della subordinazione, sia in generale che con specifico riguardo all’attività giornalistica. La G. lavorava in maniera discontinua con un impegno circoscritto nel tempo; non aveva mai dovuto garantire la presenza tra una prestazione e l’altra né assicurare la reperibilità; non doveva chiedere ferie. In definitiva non era assoggettata al potere direttivo f organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
6. Anche queste censure sono infondate.
6.1. Nella sua ricostruzione la sentenza si è attenuta ai principi dettati da questa Corte di Cassazione, che ha stabilito che nell’ambito del lavoro giornalistico per la figura del collaboratore fisso rileva la continuità dell’apporto, limitato, di regola, ad offrire servizi inerenti ad un settore informativo specifico di competenza (cfr. Cass. 13/11/2018 n. 29182). Essa va intesa “come svolgimento di un’attività non occasionale, rivolta ad assicurare le esigenze formative e informative di uno specifico settore” a cui si affianca la “responsabilità di un servizio, che implica la sistematica redazione di articoli su specifici argomenti o rubriche” e il “vincolo di dipendenza, per effetto del quale l’impegno del collaboratore di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro permane anche negli intervalli fra una prestazione e l’altra” (Cass. 17/06/1997, n. 5432; Cass.27/6/1990, n. 6512; più di recente, Cass. 13/11/2018, n.29182; Cass. 20/05/2014, n. 11065 richiamate in motivazione dalla recente Cass. Sez. U. 28/01/2020 n. 1867).
6.2. Sussiste continuità di prestazione allorquando il collaboratore fisso, pur non dando opera quotidiana, assicuri, in conformità del mandato, una prestazione non occasionale, rivolta a soddisfare le esigenze formative o informative riguardanti uno specifico settore di sua competenza.
6.3. Sussiste vincolo di dipendenza allorquando l’impegno del collaboratore fisso di porre a disposizione la propria opera non venga meno tra una prestazione e l’altra in relazione agli obblighi degli orari, legati alla specifica prestazione e alle esigenze di produzione, e di circostanza derivanti dal mandato conferitogli.
6.4. Sussiste responsabilità di un servizio allorquando al predetto collaboratore fisso sia affidato l’impegno di redigere normalmente e con carattere di continuità articoli su specifici argomenti o compilare rubriche.
6.5. Orbene la Corte territoriale, sulla base dei fatti risultati dimostrati nel corso dell’istruttoria, ha accertato che la prestazione della G. era stata resa continuativamente ed in maniera tutt’altro che occasionale. Poteva variare il numero degli articoli ma la prestazione era pressoché quotidiana, con eccezione della sola domenica. Ha verificato che aveva la responsabilità di un settore in relazione al quale lei stessa proponeva i temi da trattare. Ha riscontrato che era inserita nell’organizzazione aziendale ed assoggettata alle direttive dei capi servizio di cui doveva rispettare i tagli e l’enfasi sulle notizie suggeriti. Inoltre, pur essendo prevalentemente impegnata sulla Cronaca locale, era utilizzata anche in altri settori. In definitiva ha accertato che le modalità, con le quali si era svolta la prestazione rivelavano la disponibilità della lavoratrice anche negli intervalli di tempo non lavorati.
7. L’ultimo motivo di ricorso, formulato in via subordinata, è inammissibile atteso che la Corte territoriale ha dichiarato nulla la domanda di differenze retributive relative al periodo pregresso e tale statuizione non è stata impugnata.
8. In conclusione per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 5.250,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
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