CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2021, n. 21800
Lavoro – Attività di agente di commercio svolta unitamente a quella di veterinario – Iscrizione alla Gestione commercianti – Contribuzione – Cartella esattoriale – Opposizione
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 2.3.2015, la Corte d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta da G.M. avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per contributi dovuti alla Gestione commercianti in relazione all’attività di agente di commercio svolta unitamente a quella di veterinario, per la quale era iscritto all’ENPAV;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura;
che G.M. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente dell’impugnazione;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 203 e 208, l. n. 662/1996, come interpretato dall’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010 (conv. con l. n. 122/2010), in relazione all’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini dell’iscrizione presso la Gestione commercianti, dovesse procedersi ad un giudizio di prevalenza dell’attività di agente di commercio rispetto a quella concorrente di veterinario, in relazione alla quale l’odierno controricorrente è iscritto presso l’ENPAV;
che, al riguardo, va preliminarmente rilevato che i giudici di merito, dopo aver condiviso il rilievo dell’odierno controricorrente secondo cui la tesi della possibilità di una sua duplice iscrizione alla Gestione commercianti e all’ENPAV, essendo stata avanzata per la prima volta in sede di gravame, doveva reputarsi inammissibile, l’hanno disattesa nel merito, richiamando sul punto i principi di diritto enunciati da Cass. S.U. n. 3240 del 2010 (cfr. pagg. 3-4 dell’impugnata sentenza);
che, indipendentemente da ogni questione concernente la tenuta di tali principi a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, cit., deve rilevarsi che l’INPS non ha in alcun modo censurato la statuizione preliminare d’inammissibilità adottata dai giudici territoriali;
che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, atteso che, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, il loro accoglimento non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza impugnata (così, tra le più recenti, Cass. nn. 12372 del 2006, 3386 e 22753 del 2011, 18641 del 2017);
che, pertanto, l’odierna impugnazione va ritenuta inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulla liquidazione e distrazione spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico dell’INPS giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.700,00, di cui € 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e si distraggono in favore dell’Avv. M.M., dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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