CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 maggio 2020, n. 10256
Tributi – Imposta di successione – Trust – Coincidenza tra disponente e beneficiario – Esclusione
Ritenuto che
1. Con distinti ricorsi il Trust L., L.R., A.C. e C.C. impugnavano gli avvisi di liquidazione (n. 10/1T/013266, n. 10/1T/01327 e n. 10/1T/020317) con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva sottoposto a tassazione proporzionale del 4% il valore dichiarato nell’atto istituito di trust concluso da L.R. con atto notarile registrato il 2.11.2001 che prevedeva quale beneficiario la stessa disponente o, in caso di morte di quest’ultima, i figli A.C. e C.C..
I contribuenti, sostanzialmente, ritenevano che nel caso di specie non vi era stato alcun trasferimento di ricchezza, coincidendo il disponente e il beneficiario, e, dunque, era carente il presupposto di imposta.
2. La CTR con la sentenza n. 187/45/13, depositata il 18/12/2013, riformava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, accoglieva i ricorsi.
4. Avverso tale sentenza l’Agenzia dell’entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
5. I contribuenti hanno depositato controricorso.
6. In prossimità della camera di consiglio i contribuenti hanno depositato memoria.
Considerato che
1. La ricorrente censura, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la sentenza della CTR nella parte in cui, in violazione dell’art. 2, commi 47 e 49, d.l. n. 262 del 2006 conv. in l. n. 286 del 2006, ha ritenuto il trust posto in essere dai contribuenti esente dell’imposta di successione in misura proporzionale in quanto al momento della sua costituzione, verificata la corrispondenza tra disponente e beneficiario finale, non si era in presenza di alcun trasferimento di ricchezza, presupposto per l’applicazione dell’imposta.
A parere della ricorrente, diversamente da quanto affermato dalla CTR, il fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta è la stessa segregazione dei beni posta in essere con il trust, assumendo rilievo ai fini della individuazione dell’entità della stessa il rapporto di parentela esistente tra il disponente e il beneficiario, di talché l’avviso di liquidazione doveva intendersi pienamente legittimo.
2. Il motivo non è fondato.
La questione posta all’esame del Collegio attiene al fatto se, in materia di trust, ai fini dell’imposizione dell’imposta sulle successioni e donazioni, sia sufficiente la mera costituzione del vincolo sui beni o occorre l’effettivo trasferimento dei beni ai beneficiari e se questi devono essere diversi dal disponente.
Il trust trova la sua disciplina, quanto alla materia dell’imposizione indiretta, nell’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006, conv. in l. n. 296 del 2006, che per gli atti di costituzione di vincoli di destinazione, richiama il d.lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni). In particolare, l’art. 2, comma 47, cit. prevede che «È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54», stabilendo il successivo comma 49 che «per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall’articolo 58, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento; a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento; b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento; c) a favore di altri soggetti: 8 per cento».
Per effetto del combinato disposto delle norme sopra riportate il legislatore ha esteso l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai negozi di costituzione di vincoli di destinazione, prevedendo l’art. 6 della l. n. 112 del 2016 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) una deroga a tale disciplina nella parte in cui statuisce che «I beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile ovvero destinati a fondi speciali di cui al comma 3 dell’articolo 1, istituiti in favore delle persone con disabilità grave come definita dall’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata con le modalità di cui all’articolo 4 della medesima legge, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 2, commi da 47 a 49, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni».
Con riferimento al quadro normativo riportato questa Corte (Cass. n. 1131 del 2019, n. 19167 del 2019), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che «non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta» precisando, poi, che «in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (…), il giudice di appello (…) ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato laddove «una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’imposta prevista dal d.lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta».
Nella medesima decisione sopra riportata si è, poi, precisato che nell’ambito concettuale dei vincoli di destinazione devono essere ricondotti non solo gli atti di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall’ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo.
Ha osservato Cass. n. 16699/19 che: “Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trustee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario”.
In proposito va ribadito che tale inclusione non basta a giustificare l’imposizione del trust in quanto tale, ciò perché la tesi della “nuova imposta” gravante sul vincolo di destinazione, assunto quale autonomo e sufficiente presupposto, non dà adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza, con quanto ne consegue, appunto nell’ottica di un’interpretazione costituzionalmente orientata, in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art. 53 Cost.
Non può negarsi che l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determini per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’articolo 2740 codice civile) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale; non concretizzando tale utilità, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, incremento che si verificherà (eventualmente e in futuro) in capo al beneficiario finale, di talché la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la fiscale neutralità.
La CTR ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Per effetto di quanto risulta carente, nel caso di specie, il presupposto per applicare le imposte in esame (il trasferimento di ricchezza), in quanto per effetto del trust la signora L.R., disponente, ha conferito parte dei sui beni al TRUST L., in persona del trustee A.N., indicando quale prima beneficiaria la stessa disponente.
Va, dunque, riaffermata alla costituzione del trust la riconducibilità di un effetto esclusivamente segregativo che, nel caso di specie, si è verificata all’interno del patrimonio del disponente stesso, risultando quest’ultimo anche il beneficiario finale del trust al quale, solo eventualmente, possono subentrare in caso di premorienza sui figli, quest’ultimi. Solo in tale ultima ipotesi si assiste a quel trasferimento di ricchezza che giustifica l’imposizione tributaria. In altri termini, l’acquisto da parte del trustee «costituisce solo un mezzo funzionale alla realizzazione dell’effetto finale successivo, che si determina nell’attribuzione definitiva del bene al beneficiario» con la conseguenza che «l’atto costitutivo di un trust (…) non è in grado di esprimere la capacità contributiva del trustee» e solo l’attribuzione al beneficiario, che come detto deve essere diverso dal disponente «può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza» (Cass. n. 25478 del 2015).
In conclusione, risulta frutto di una errata interpretazione normativa l’opposto assunto della ricorrente secondo cui ciò che rileva ai fini fiscali è il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito essendo irrilevante l’arricchimento del destinatario del bene; assunto che oblitera completamente la circostanza che le imposte in esame trovano ragione in manifestazioni di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali che, per come riportato nello stesso ricorso, si sarebbero manifestate nel caso di specie solo in caso di premorienza del beneficiario-disponente.
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
5. Le spese di lite vanno compensate, stante il solo recente affermarsi del su riportato indirizzo interpretativo di legittimità.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso.
– Compensa le spese.
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