CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 marzo 2021, n. 8688

Tributi – Cartella di pagamento – Omessa preventiva comunicazione di avviso bonario – Irrilevanza

Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria trae origine dalla emissione della cartella esattoriale n.04320110005787552, a seguito della iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato sui dati espositi nel modello Unico 2007 da D.P.

Avverso la predetta cartella proponeva ricorso l’intimato deducendo l’inesistenza della notifica, nullità per mancato invio dell’avviso bonario.

La Commissione tributaria provinciale di Foggia, dichiarava il difetto di giurisdizione per i crediti Inps, mentre rigettava il ricorso in relazione alle pretese fiscali contenute nella cartella.

La Commissione tributaria Regionale di Bari, a seguito dell’appello del contribuente, confermava la sentenza di primo grado.

Propone ricorso in Cassazione il contribuente D.P., che si affidava a 4 motivi così sintetizzabili:

i) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18, 19, e 59 Dlgs n.542/92, art. 115 e 112 cpc in relazione all’art 360 comma 1 n.3, 4 e 5.

2) Violazione e /o falsa applicazione degli artt. 7 legge 212 /2000 e L. 31/2008 e art. 167 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cpc ; nullità del procedimento ex art. 112 cpc in relazione all’art. 360 comma i n. 4 cpc.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis dpr 600/73 ed art. 54 dpr 633 /1972 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc; contraddittoria ed insufficiente motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 e 5 cpc

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 26 c. 1 dpr 602 /1973 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc ; nonché nullità del procedimento e/o della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 cpc.

Si costituivano con distinte difese l’Agenzia delle Entrate che l’Equitalia sud spa, concludendo per la inammissibilità o infondatezza del ricorso principale.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo il ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia considerato i controcrediti opposti alla pretesa fiscale contenuta nella cartella esattoriale. Tale motivo è inammissibile in quanto elude il costante orientamento di questa Corte, nel senso che il giudizio davanti alle commissioni tributarie ha un oggetto necessariamente circoscritto al controllo della legittimità, formale e sostanziale, di uno degli specifici atti impositivi elencati nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, con indagine sul rapporto tributario limitata al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere con gli atti medesimi. Come corollario di tale principio ne deriva la conseguente incompatibilità con la struttura del processo tributario della domanda riconvenzionale, diretta a far accertare una distinta ragione di credito peraltro relativo a distinto periodo di imposta (in questa prospettiva v. Cass.nn. 7407 del 2001, 4334 e 15317 del 2002).

E’ evidente che tale inammissibilità della domanda del contribuente, non implica la perdita di tale credito, potendo eventuali pretese del contribuente essere fatte valere soltanto mediante l’impugnazione di un atto di diniego emesso su un’istanza presentata all’ente impositore, ovvero del silenzio rifiuto formatosi sulla medesima istanza.

Il motivo in questione è anche inammissibile in quanto simultaneamente volto a denunciare violazione di legge, nullità della sentenza e vizio di motivazione. Non è possibile consentire la prospettazione di una medesima questione sotto profili diversi e tra loro incompatibili, proprio perché in tal modo si vuole rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, così attribuendogli inammissibilmente il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse. ( vedi in senso analogo Cass. Sez. i, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011)

A tale proposito va rimarcato il principio consolidato secondo cui, “in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione” (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, 11. 19443).

Pertanto tale motivo va rigettato.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la decisone impugnata nella parte che non ha rilevato la omessa sottoscrizione della cartella esattoriale, né la tardività della costituzione avvenuta nel primo grado da parte della Agenzia delle Entrate e la nullità della costituzione di Equitalia.

Per quanto riguarda la mancata sottoscrizione della cartella esattoriale, ormai la giurisprudenza della Suprema Corte è attestata sulla affermazione della non essenzialità ontologica del requisito della sottoscrizione degli atti amministrativi ai fini dell’esistenza e validità degli stessi.

Da ultimo si segna l’ordinanza n. 1605 del 04/12/2019 che ha affermato “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice» (Sez. 5, Sentenza n. 25773 del 05/12/2014, Rv. 633901 — 01).

Per quanto riguarda i difetti dedotti circa la costituzione in primo grado di Equitalia e Agenzia delle Entrate, essi sono inammissibili.

La parte ricorrente non ha in alcun modo specificato quali conseguenze tale dichiaraizone di nullità della costituzione avrebbe avuto sulla decisione di merito, né per la verità è intuibile visto che il giudice di secondo grado si è limitato ad esaminare la cartella alla luce delle deduzione dell’attuale ricorrente.

Sul punto vi è un principio giurisprudenziale consolidato, (vedi Cass. 20689/2016) secondo cui «il motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico» risulta inammissibile. In sintesi, i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato “error in procedendo”, sicché quando venga dedotto un vizio della sentenza il ricorrente non può limitarsi a dedurre tale violazione, ma a pena di inammissibilità deve specificare perché tale vizio (mancato rilievo della nullità della costituzione del resistente in giudizio tributario ) sia stato rilevante sulla decisione finale. Con riferimento poi alla tardiva costituzione in giudizio della parte resistente non comporta alcuna nullità, stante il principio di tassatività delle relative cause, determinando soltanto la decadenza dalla facoltà di chiedere e svolgere attività processuali eventualmente precluse. Pertanto anche tale motivo va rigettato.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce che la cartella era stata emessa a seguito di controllo automatizzato ma senza comunicare l’esito del controllo.

Anche tale motivo è infondato. Da una lettura coordinata dell’impianto normativo riferibile ai controlli automatizzati delle dichiarazioni: non impone un obbligo di comunicazione al contribuente degli esiti del controllo eseguito ai sensi dell’art. 36 bis, tanto meno dalla sua omissione fa discendere la sanzione della nullità dell’atto di riscossione, perché si tratta di un mero riscontro cartolare, in cui è assente ogni valutazione giuridica; e nel caso di specie non esistevano incertezze trattandosi della autoliquidazione del tributo effettuato dallo stesso contribuente (vedi sentenza impugnata a pagina tre ) secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell’art. 36 – bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, se non «sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (v. da ultimo Cass., sez. 5, n. 376 del 2019 ; Sez. 6 – 5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6 – 5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv. 629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009).

Con il quarto motivo la parte censura il mancato rilievo della invalidità della notifica.

Anche tale motivo appare inammissibile in quanto è lo stesso ricorrente a indicare che la cartella era stata notificata 11.5 2011 (pagina uno del ricorso ), ed in ogni caso il ricorso è stato proposto ed esaminato sicché eventuali vizi risultavano sanati ex art. 156 cpc. La natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c. Inoltre dalla indicazione dei motivi di appello indicati da esso ricorrente, (pagina 7 del ricorso ) la nullità riguarderebbe l’aver il concessionario utilizzato il servizio postale, cosa possibile atteso il chiaro tenore dell’art. 26 comma 2 del dpr 602/973 che prevede che la notificazione può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

Dal rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado a favore di entrambe le parti costituite, nella misura di euro 3500 per ciascuno oltre oneri di legge a favore di Equitalia.

Ai sensi dell’art. 13 comma i quater del dpr 115 del 2002 dà atto della sussitenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso articolo 13.