CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2021, n. 37346
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Spese per incrementi patrimoniali e di gestione dei beni – Acquisto imbarcazioni – Maxi canone leasing – Prova contraria – Mancato sostenimento della spesa – Rivendita
Ritenuto che
La contribuente S.A. ricorre, sulla base di otto motivi, contro la decisione della CTR della Campania che ha accolto l’appello dell’ufficio e confermato gli accertamenti con cui, con metodo sintetico, le venivano attribuiti maggiori redditi per gli anni 2005 e 2006.
Gli accertamenti si basavano, per entrambi gli anni, su spese per incrementi patrimoniali e spese di gestione di beni.
La CTP su ricorso della contribuente annullava gli accertamenti, ma la CTR accoglieva l’appello dell’ufficio, ritenendo validi gli elementi addotti da quest’ultimo e disattendendo l’argomento difensivo, che tendeva a provare la disponibilità delle somme a seguito di disinvestimenti finanziari, affermando che essi erano risalenti nel tempo e non direttamente collegabili alle spese su cui si fondava l’accertamento.
Considerato che
Con il primo motivo la contribuente ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nel decretare l’accoglimento dell’appello dell’Ufficio e la fondatezza delle rettifiche, è illegittima per carenza assoluta di motivazione. Violazione dell’art. 111, comma 6, Cost. e dell’art. 36 comma 4 d. Igs 546 del 1992, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.
La decisione conterrebbe una motivazione solo apparente ed apodittica.
Il motivo è infondato.
Per quanto si tratti di motivazione estremamente sintetica, non si ritiene che manchi il minimo costituzionale richiesto, perché il concetto che esprime è chiaro: i disinvestimenti, anche per il periodo temporale a cui risalgono, non sono idonei a spiegare le spese, e gli indici rivelatori utilizzati dall’ufficio sono idonei a giustificare l’accertamento di maggior reddito.
Indipendentemente dalla fondatezza del suo contenuto, su cui si tornerà in seguito, ai soli fini della valutazione sulla esistenza formale di un percorso logico espresso nel testo, la stessa dà conto dello stesso e non si presta quindi all’accoglimento del vizio dedotto.
Con il secondo motivo deduce che la sentenza impugnata è illegittima perché ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione secondo la quale la provvista finanziaria derivante da tre atti di dismissione è in grado di giustificare i maggiori redditi imputati alla contribuente. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
La CTR avrebbe omesso di pronunciarsi su quanto provato dal contribuente, e cioè che le disponibilità finanziarie per le spese oggetto di accertamento derivava da disinvestimenti patrimoniali avvenuti nel 1995, 2003 e 2005.
Il motivo è infondato.
La CTR non omette di pronunciarsi su questo aspetto, ma lo tratta, seppure molto sinteticamente, affermando che, anche per la loro collocazione temporale, i disinvestimenti non sono sufficienti a spiegare le spese.
Con il terzo motivo deduce che la sentenza impugnata, trascurando del tutto i documenti che attestano la percezione, da parte del contribuente, di provviste finanziarie per effetto di tre atti di dismissione patrimoniale, ha omesso l’esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sostanziandosi in una insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
La CTR avrebbe trascurato l’esame dei documenti prodotti dalla contribuente che dimostrano che la provvista per le spese contestate derivava da disinvestimenti del 1995, 2003 e 2005.
Il motivo è fondato.
Pur avendo a oggetto, in sostanza, la stessa questione fattuale di quello precedente, la diversa modalità con cui è dedotto ne permette l’accoglimento.
La deduzione separata dei due motivi, in modo corretto, permette infatti di mettere in rilievo le differenze, già sottolineate da questa Corte (tra le più recenti, sez. V, ord. n. 6150 del 2021 e, in parte, sez. V, n. 2197 del 2015 in quanto riferita, per l’art. 360 n. 5 c.p.c., alla versione anteriore all’attuale), fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., e l’omesso esame su un fatto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel senso che nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello), là dove, nel caso dell’omesso esame, l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei fatti principali della controversia.
E’ anche vero che, come affermato dalle Sezioni Unite n. 8053 del 2014, nel vizio denunciato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. l’omissione dovrebbe riguardare un fatto, più che un documento o una prova. E, tuttavia, non si può negare che l’omesso esame di un documento prodotto in causa comporti necessariamente l’omesso esame del fatto ad esso sotteso; nel caso di specie, si può quindi ritenere che la CTR, affermando che i disinvestimenti non rilevano perché risalenti ad undici anni prima, ha omesso di esaminare i due “fatti” avvenuti nel 2003 e 2005, e rappresentanti gli altri disinvestimenti prospettati dal contribuente, cioè la vendita di un immobile e il riscatto quote di un fondo.
Con il quarto motivo deduce che la sentenza impugnata, nella parte in cui non ha riconosciuto, quale giustificativo dei redditi accertati, il risparmio della contribuente, consistente nelle provviste finanziarie dovute ai tre atti di dismissione patrimoniale, è illegittima per violazione dell’art. 53 Cost., dell’art. 38 comma 4 del d.P.R. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Anche in questo caso il motivo verte sulla medesima questione, diversamente inquadrata, e può ritenersi assorbito dall’accoglimento del motivo precedente.
Con il quinto motivo deduce che i giudici dell’appello hanno omesso di pronunciarsi sulla eccezione concernente l’esborso solo parziale dei maxi-canoni imputati, per intero, alla contribuente in relazione all’acquisizione delle imbarcazioni. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
La CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla circostanza per cui il maxi-canone di leasing non era stato pagato per intero, perché da esso doveva essere dedotto l’importo di altri maxi-canoni su preesistenti imbarcazioni cedute.
Con il sesto motivo deduce che la sentenza impugnata, trascurando del tutto i documenti che attestano l’esborso solo parziale dei maxi-canoni imputati, per intero, alla contribuente in relazione all’acquisizione delle imbarcazioni, ha omesso l’esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sostanziandosi in una insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.
Anche in questo caso i due motivi possono essere trattati congiuntamente, avendo ad oggetto la medesima questione diversamente prospettata.
Il sesto motivo, in particolare, è fondato.
Il contribuente ha prospettato una modalità di gestione delle imbarcazioni, e dei relativi canoni, caratterizzata da frequenti cambi tramite acquisti e rivendite, cosicché non avrebbe mai sostenuto per intero uno dei canoni relativo ad una singola imbarcazione, trasferendolo al successivo acquirente.
Questo avrebbe portato, secondo i conteggi prospettati dalla contribuente, ad un necessario ricalcolo della spesa effettivamente sostenuta per le imbarcazioni a titolo di maxi-canone. Tali elementi erano stati prospettati, secondo quanto esposto in ricorso, fin dal giudizio di primo grado.
La sentenza ha del tutto omesso di esaminare questi fatti.
Con il settimo motivo deduce che i giudici dell’appello hanno omesso di pronunciarsi sulla eccezione concernente l’errore in cui è incorso l’UF, consistito nell’imputare alla contribuente, quale spesa per incremento patrimoniale, l’intero prezzo della imbarcazione (euro 140.000) acquisita nel 2005, piuttosto che il solo maxicanone, pari ad euro 75.000. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.
Con l’ottavo motivo deduce che la sentenza impugnata, trascurando del tutto i documenti che attestano come la contribuente, in data 3.5.2005, dovesse versare, per l’acquisto della seconda imbarcazione, il solo maxi-canone di euro 75.000, piuttosto che l’intero prezzo di euro 140.000, ha omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Anche questi due motivi si possono trattare congiuntamente e sono fondati; la motivazione estremamente sintetica della sentenza non prende, infatti, in alcun modo in considerazione questi fatti.
L’ufficio eccepisce che la prova contraria doveva consistere solo nel possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, e quindi la prova che vorrebbe offrire il contribuente non è idonea a superare l’accertamento.
L’art. 38 d.P.R. 600 del 1973, ai commi 4-6, fino al dicembre 2005 recitava:
“L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’articolo 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.
A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti.
Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e1 costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità’ di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
La versione successiva al dicembre 2005 analogamente prevedeva:
“Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità’ di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”.
In ordine al contenuto della prova contraria del contribuente, in un caso relativo al 2004 e quindi a periodo coevo al presente, sez. V, n. 7382 del 2020 ha affermato che:
“la giurisprudenza di legittimità, quanto alla prova in tema di accertamento sintetico, ha affermato che ai sensi dell’art. 38, quarto comma, cit., una volta che l’Amministrazione abbia dimostrato, anche mediante un unico elemento certo, la divergenza tra il reddito risultante attraverso la determinazione analitica e quello attribuibile al contribuente, quest’ultimo è onerato della prova che l’imponibile così accertato è costituito, in tutto o in parte, da redditi soggetti a ritenute alla fonte o esenti ovvero da finanziamenti di terzi (Cass., 13602/2018)”.
La circolare del Ministero Finanze 101/e/1999, vigente per gli anni di imposta in questione, sul contenuto della prova contraria ha affermato:
“Per quanto attiene agli aspetti procedurali, si segnala in primo luogo la necessità di permettere al contribuente di provare preventivamente che il reddito determinabile sinteticamente trova giustificazione, in tutto o in parte, nel possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero in altre circostanze di fatto quali, ad esempio, disinvestimenti patrimoniali, percezione di indennizzi che legittimamente non hanno concorso alla determinazione del reddito, atti di liberalità degli ascendenti”.
Anche sez. V n. 3111 del 2014 ha ritenuto che “l’accertamento con metodo sintetico deve essere annullato se il contribuente dimostra “con documentazione inoppugnabile” che il finanziamento alla società è giustificato da somme disinvestite nell’anno precedente“.
Peraltro, sul contenuto della prova contraria a carico del contribuente, è noto che nella giurisprudenza di questa Corte esiste un orientamento (sez. V, n. 8043 del 2017) secondo cui non è sufficiente, a vincere la presunzione di cui all’articolo 38, comma 4, del Dpr 600/1973 (nella versione precedente la modifica apportata dal DI 78/2010), la dimostrazione, da parte del contribuente, dell’esistenza di redditi derivanti, in ipotesi, dallo smobilizzo di investimenti, “ma occorre anche un’indagine al fine di verificare se, sulla base degli elementi sintomatici in atti, i redditi oggetto del disinvestimento siano stati effettivamente utilizzati in funzione del mantenimento del tenore di vita“.
Ad esso si contrappone un diverso orientamento secondo il quale è sufficiente per il contribuente provare il reddito esente e non uno stretto nesso causale con la spesa (sez. V n. 7339 del 2015), nonché quella che si potrebbe definire come una sorta di “terza via”, per la quale il contribuente, sebbene non debba dimostrare l’utilizzo diretto delle somme non reddituali per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere, (sez. V, n. 16637 del 2020 e sez. VI-5, n. 9300 del 2021, che si riferisce all’anno di imposta 2008, secondo la quale “la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).”
Questa, in ogni caso, è una valutazione che deve compiere il giudice di merito in relazione al caso concreto, ma la suddetta giurisprudenza conferma che il contribuente può dimostrare, attraverso la prova dei disinvestimenti, la fonte della provvista per sostenere spese poste a base dell’accertamento.
Tra l’altro, i redditi da disinvestimento non sono rilevanti ai fini della dichiarazione proprio perché tassati alla fonte, mentre il prezzo della vendita di un immobile ugualmente non rileva, salvo che non realizzi una plusvalenza qualora ne ricorrano i presupposti di legge, per cui gli stessi appaiono rientrare nel concetto di “redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte”.
L’importo della spesa nella misura indicata dall’ufficio può ugualmente essere contestata dal contribuente con prova contraria, essendo implicita nella stessa natura dell’accertamento sintetico.
Sez. V, n. 21661 del 2010, ha ritenuto che l’ufficio deve adempiere al proprio onere della prova, “ferma restando la possibilità per il contribuente, oltre che, ovviamente, di contestare il possesso degli indicatori di capacità di spesa, di provare, con idonea documentazione” il contrario.
Contestare l’importo della spesa significa in altri termini contestare il possesso degli indicatori di capacità di spesa.
In conclusione, il terzo, sesto, settimo ed ottavo motivo devono essere accolti, con assorbimento del quarto, e la causa rinviata alla CTR della Campania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, con rigetto del primo e secondo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il terzo, sesto, settimo ed ottavo motivo, assorbito il quarto.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Campania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Rigetta il primo e secondo motivo.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 2073 depositata il 19 gennaio 2024 - Il vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2773 depositata il 30 gennaio 2023 - La fattispecie di cui art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 28494 depositata il 12 ottobre 2023 - Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi,…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 9131 depositata il 5 aprile 2024 - Il vizio ex art. 360 n. 5 richiede che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 30948 - Il ricorrente, che denunci il vizio dell'omesso fatto decisivo, deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 febbraio 2022, n. 6592 - Il libero convincimento del giudice di merito, in tema di presunzioni, sia sindacabile nei (ristretti) limiti di cui all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., e cioè, per mancato esame di fatti…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…