CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2022, n. 35043
Contratto di lavoro a tempo determinato – Responsabile Assicurazione Qualità – Clausola di stabilizzazione – Condizione sospensiva – Conseguimento della certificazione di qualità in epoca successiva al termine di scadenza – Mancato avveramento
Rilevato che
1. con sentenza 1 marzo 2021, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato il gravame di I.M.U. avverso la sentenza di primo grado, reiettiva delle sue domande: di accertamento della natura di licenziamento orale del recesso di I.M. s.r.l. alla scadenza del termine del contratto di lavoro a tempo determinato stipulato tra le parti dal 1° febbraio al 30 settembre 2017; in subordine, del diritto alla trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato; in ulteriore subordine, di condanna della società datrice al risarcimento del danno, sul presupposto della qualificazione di una clausola di stabilizzazione del contratto di lavoro a termine alla stregua di contratto preliminare di lavoro a tempo indeterminato;
2. la Corte territoriale ha qualificato la relazione tra clausola di stabilizzazione del rapporto (con promozione al livello superiore e riconoscimento di aumenti e bonus retributivi) e conseguimento della certificazione di qualità secondo la nuova normativa, non più ISO/TS ma IATF (essendo stata assunta la lavoratrice con mansione di Responsabile Assicurazione Qualità), alla stregua di condizione sospensiva;
3. essa ha quindi ritenuto detta qualificazione comportare, in riferimento al conseguimento della certificazione di qualità soltanto in epoca successiva al termine di scadenza del contratto a termine (il 15 febbraio 2018), non tanto una valutazione di (in)adempimento della lavoratrice alle obbligazioni contrattuali, quanto piuttosto il suo onere di dimostrare l’avveramento della condizione entro il termine di scadenza del rapporto. E ciò, in quanto fatto costitutivo della sua trasformazione, ovvero suo mancato avveramento per fatto imputabile alla società, con i conseguenti effetti di fictio previsti dall’art. 1359 c.c. o risarcitori;
4. in ogni caso, la Corte ha accertato l’esito negativo della verifica dell’ente certificatore dopo la scadenza contrattuale per diverse irregolarità, di cui particolarmente grave, ed ostativa al rilascio della certificazione, la mancata formazione del personale sulla nuova normativa, spettante alla lavoratrice quale Responsabile Assicurazione Qualità;
5. il venir meno dell’obbligo di stabilizzazione ha pertanto comportato il rigetto di tutte le sue domande;
6. con atto notificato il 19 aprile 2021 la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.,
cui la società ha resistito con controricorso;
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., in relazione all’art. 28, comma 2 d.lgs. 81/2015, per non corretta applicazione dei canoni ermeneutici denunciati sull’erroneo presupposto dell’impossibilità di trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato, dopo la sua scadenza, in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (unico motivo);
2. esso è inammissibile;
3. il motivo difetta di specificità, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che ne esige l’illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 23 gennaio 2019, n. 1845), per omessa confutazione della puntuale argomentazione della Corte territoriale, integrante ratio decidendi della questione, in ordine alla realizzazione della clausola di stabilizzazione del contratto a tempo determinato in dipendenza di un evento (conseguimento della certificazione di qualità secondo la nuova normativa) qualificato alla stregua di condizione sospensiva (dall’ultimo capoverso di pg. 6 al terzo rigo del primo capoverso di pg. 8 e ancora dall’ultimo capoverso di pg. 10 al penultimo di pg. 11 della sentenza);
3.1. inoltre, la Corte territoriale ha correttamente ancorato il presupposto di avveramento o meno della condizione sospensiva alla vigenza del contratto cui accede, in quanto suo elemento ancorché accidentale, come tale distinto dagli elementi essenziali astrattamente previsti per ciascun contratto tipico dalle rispettive norme; pur potendo tuttavia le parti, in forza del principio generale di autonomia contrattuale previsto dall’art. 1322 c.c., prevedere validamente come evento condizionante, in senso sospensivo o risolutivo dell’efficacia, il concreto adempimento o inadempimento di una delle obbligazioni principali del contratto (Cass. 8 agosto 1990, n. 8051; Cass. 19 novembre 35524);
3.2. giova poi ribadire la spettanza al giudice di merito dell’indagine diretta ad accertare se un contratto sia stato sottoposto a condizione sospensiva, insindacabile in sede di legittimità, qualora condotta nel rispetto delle regole che disciplinano l’interpretazione dei contratti (Cass. 14 maggio 1996, n. 4483; Cass. 22 gennaio 2019, n. 1547), neppure essendo state queste censurate con la specificazione delle ragioni né del modo in cui si sarebbe realizzata l’asserita violazione, meramente enunciata (Cass. 14 giugno 2006, n. 13717; Cass. 21 giugno 2017, n. 15350; Cass. 14 maggio 2019, n. 12791);
4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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