CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2018, n. 27421
Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Contraddittorio endoprocedimentale – Contenzioso tributario
Ragioni della decisione
Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Campania, relativa a un avviso per Iva e Irap riferito all’anno 2010 emesso a seguito di accertamento, ex art. 39 comma 1 e 41 bis del DPR n. 600/73, con cui l’ufficio ha rideterminato il reddito d’impresa per ricavi non dichiarati e dove si è fatta questione della necessità o meno del contraddittorio endoprocedimentale tra contribuente e ufficio.
L’ufficio deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente i giudici d’appello avevano ritenuto invalido l’atto impositivo, per mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, in quanto trattandosi di accertamento cd. “a tavolino” e, quindi, senza accesso ai locali della società ovvero analoga modalità ispettiva, per i tributi “non armonizzati” l’obbligo dell’instaurazione del contraddittorio sarebbe insussistente, salvo che sia espressamente previsto, mentre, per i tributi “armonizzati” tale obbligo sussisterebbe, purché il contribuente assolva all’onere di enunciare in concreto le ragioni, non meramente pretestuose, che avrebbe potuto far valere (in sede endoprocedimentale) se ne avesse avuto la possibilità.
Il motivo è fondato.
È, infatti, insegnamento di questa Corte, che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (Cass. sez. un. 24823/15, ord. n. 11283/16, 8628/16, ord. n. 5502/16).
Nel caso di specie, la vicenda riguardava accertamenti formali, mediante consultazione di informazioni in possesso dell’ufficio, ovvero tramite documentazione (questionari e altro) consegnata dal contribuente all’ufficio, a seguito di richiesta, senza alcun accesso presso i locali del contribuente. Pertanto, per la parte dell’avviso d’accertamento impugnato che si riferiva a tributi “non armonizzati” (Ires e Irap) non vi era alcun obbligo di contraddittorio, non essendo specificamente previsto nella legge istitutiva del tributo indicato, mentre, per la parte relativa all’Iva, la società contribuente ha lamentato solo genericamente l’omissione del contraddittorio, senza indicare quali ragioni avrebbe potuto dedurre in tale sede se il chiesto contraddittorio si fosse effettivamente svolto.
La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Campania, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
Accoglie ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
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