CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2019, n. 27754
Omessi contributi previdenziali Inps e premi assicurativi Inail – Cartella esattoriale – Estinzione del credito – Prescrizione quinquennale
Rilevato che
la Corte d’appello di Bari, richiamando il dictum di Cass. S.U. n. 23397 del 18 novembre 2016, confermò la decisione di primo grado che aveva dichiarato l’intervenuta la prescrizione quinquennale di crediti previdenziali relativi a cartelle emesse nei confronti di relative a cartelle emesse nei confronti di A. G. per i quali era stata azionata opposizione a fermo amministrativo;
avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Agenzia delle Entrate – riscossione, subentrata a Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., sulla base di unico motivo;
A. G. è rimasto intimato, mentre l’Inps si è costituito con procura a margine del ricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
Considerato che
Con unico motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c. l n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. (applicabilità del termine decennale di prescrizione dopo la notifica della cartella), rilevando che ciò che può prescriversi a seguito della mancata opposizione della cartella è solo l’azione diretta all’esecuzione del titolo definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine di prescrizione decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.;
osserva, inoltre, che con la formazione del ruolo e il contestuale ingresso nel rapporto dell’Agente della Riscossione si determina un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito e, a seguito della creazione del ruolo, inglobate in un unico credito pecuniario cumulativo cosi trasformato, debba trovare applicazione, in assenza di diverse previsioni per l’azione di riscossione, il termine di prescrizione decennale;
la censura è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., poiché sui punti contestati la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l’esame dei motivi non offre elementi nuovi rispetto all’elaborazione giurisprudenziale consolidata (ex plurimis Cass. n. 26013 del 29/12/2015, Cass. n. 10327 del 26/04/2017);
soccorre, infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: <La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla I n. 122 del 2010)>;
in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che <In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dall’art. 3 della I. n. 335 del 1995 invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)>;
allo stesso modo non assume rilievo il richiamo all’art. 20 comma 6 del d.lgs n. 112 del 1999, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016, Cass. n. 31352 del 04/12/2018);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, senza adozione di provvedimento alcuno sulle spese, in mancanza di attività difensiva ad opera delle parti intimate;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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