CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30882

Tributi – Agevolazioni prima casa – Riacquisto di immobile – Trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato oltre il termine di diciotto mesi – Decadenza dei benefici

Ritenuto che

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte avanti alla quale l’Agenzia aveva impugnato la sentenza della tributaria provinciale di Torino che aveva accolto il ricorso proposto da D. P. avverso l’avviso di liquidazione con il quale era stata dichiarata decaduta dall’agevolazione per l’acquisto prima casa di cui all’art. 1, nota II bis, comma 4, d.P.R. n. 131 del 1986.

Tale avviso era stato emesso in relazione alla compravendita, in data 20.2.2009, di un immobile sito in Torino che la contribuente aveva rivenduto nel successivo quinquennio acquistandone un altro, sito anch’esso a Torino, usufruendo anche in tal ‘caso dell’agevolazione suddetta. Successivamente, la P. aveva trasferito la residenza in un altro immobile sito nella stessa città e l’Ufficio l’aveva decaduta dal beneficio essendo tale trasferimento avvenuto oltre il termine di legge.

La CTP aveva accolto il ricorso e annullato l’atto impugnato.

La CTR aveva confermato tale decisione ritenendo che non fosse previsto alcun termine perentorio entro il quale il contribuente è tenuto a trasferire la residenza nell’immobile riacquistato.

La contribuente si è costituita con controricorso assistito da memoria.

Considerato che

Preliminarmente, la contribuente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività della notifica.

La sentenza della CTR è stata depositata il 23 novembre 2017 con conseguente scadenza del termine lungo ex art. 327 cod. proc. civ. in data 23 maggio 2018. L’Avvocatura dello Stato ha notificato il ricorso mediante consegna all’ufficiale postale solo in data 20 giugno 2018, il quale è pervenuto al domicilio eletto il successivo 26 giugno 2018.

Dalla documentazione in atti risulta che la ricorrente ha tentato la notifica del ricorso mediante consegna del medesimo all’ufficio postale in data 23 maggio 2018. Dalla relata di notifica in data 29 maggio 2018 risulta l’irreperibilità del destinatario in quanto risultato sconosciuto.

La ricorrente ha quindi tentato una nuova notifica mediante consegna dell’atto all’ufficio postale in data 20 giugno 2018. Tale notifica, effettuata al medesimo indirizzo della precedente, è andata a buon fine essendo stato il plico ricevuto dal destinatario il successivo 26 giugno 2018.

Viene in rilievo il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 14594 del 2016, per il quale «In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificazione con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa» (nello stesso senso, v. Sez. L. n. 17577 del 21/08/2020, Rv. 658886-01; Sez. 6-3, n. 19059 del 31/07/2017, Rv. 645352-01).

Nella specie, risulta che l’Avvocatura ha riattivato il processo per la notifica il 20 giugno 2018, e cioè meno di un mese dopo aver effettuato il primo tentativo, sicché, tenuto conto del tempo necessario per verificare l’indirizzo del destinatario, la notifica deve considerarsi tempestiva essendo stato rispetto il limite di tempo di 30 giorni, pari alla metà di quello di cui all’art. 325 cod. proc. civ. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate contesta la violazione e falsa applicazione della nota II bis, art. 1, comma 4 della Tariffa Parte I allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. avendo la sentenza impugnata fondato il rigetto dell’appello sull’assunto della inesistenza di un termine di legge entro il quale l’acquirente che abbia goduto delle agevolazioni “prima casa” debba trasferire la propria residenza nell’immobile acquistato. Ha ritenuto, conseguentemente, che con il trasferimento della residenza presso l’immobile entro i tre anni dall’acquisto, la contribuente aveva soddisfatto il requisito previsto dalla norma di adibire l’immobile a propria abitazione principale.

Il motivo è fondato.

Il riconoscimento delle cd. agevolazioni “prima casa” è subordinato dall’art. 1, nota II bis, comma 1, Parte I, Tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 – oltre al fatto che l’acquirente dell’immobile non sia titolare di diritti di proprietà (o di diritti a tal fine assimilati) su altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare e che non sia titolare di diritti di proprietà (o diritti, assimilati) su altra abitazione acquistata con le medesime agevolazioni fiscali – altresì al trasferimento entro diciotto mesi della residenza del contribuente nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato.

Il comma 4 della citata nota II bis prevede la decadenza dal beneficio in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, a meno che il contribuente «entro un anno dall’alienazione dell’immobile …. proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale». Il mantenimento del beneficio in caso di alienazione dell’immobile acquistato sottostà, dunque, ad una condizione più restrittiva rispetto a quella prevista dal  comma 1, non essendo sufficiente che il contribuente dichiari di voler stabilire la residenza del comune ove è ubicato l’immobile acquistato, bensì che entro l’anno dall’alienazione acquisti altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Questa Corte, con orientamento costante, ha affermato che, come si desume dal tenore letterale della citata disposizione, il contribuente che, venduto, prima del decorso di cinque anni dall’acquisto, l’immobile per il quale abbia usufruito dei benefici, ne acquisti un altro entro un anno dall’alienazione, può conservare l’agevolazione solo se trasferisca la propria residenza nel nuovo immobile, non essendo sufficiente la mera intenzione di detta destinazione (Cass., Sez. 5, n. 22488 del 16/10/2020).

La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 46 del 2009, ha affermato che con il comma 4 della citata nota II bis il legislatore ha voluto disciplinare una fattispecie del tutto diversa da quella dell’accesso alle agevolazioni, introducendo un’eccezione alla regola della decadenza dai benefici prevista dal primo periodo dello stesso comma e che tale eccezione opera esclusivamente nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. Si è, altresì, ritenuto non irragionevole che il legislatore, al fine di consentire al contribuente di evitare la decadenza dalle suddette agevolazioni, richieda, con riferimento all’acquisto del secondo immobile, una condizione diversa e più restrittiva, appunto la destinazione della casa ad abitazione principale, rispetto a quelle stabilite dal primo comma per l’ipotesi di primo acquisto.

Questa Corte ha evidenziato come la disciplina dettata per il riacquisto dell’immobile trovi la propria ratio nel fine di favorire l’acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale, in favore di coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, e al contempo, evitare che l’agevolazione possa assecondare intenti speculativi realizzati attraverso la semplice integrazione dei requisiti necessari a godere della agevolazione in riferimento al primo acquisto (cfr. Cass., sez. 5, n. 11221 del 2020; n. 30925 del 2019; n. 13343 del 2016; n. 8847 del 2015). Tale differente regime rispetto quello della prima compravendita, relativamente alla quale è sufficiente stabilire la residenza nel comune ove è ubicato il bene entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto, si giustifica in ragione dell’intenzione del legislatore di non favorire operazioni meramente speculative (Sez. 5, n. 13343 del 2016, Rv. 640169-01).

Conseguentemente, si è statuito che la decadenza dall’agevolazione prima casa nell’ipotesi in cui il contribuente abbia trasferito, per atto a titolo oneroso o gratuito, l’immobile acquistato con l’agevolazione medesima prima del decorso del termine di cinque anni dalla data di acquisto non è evitata ove, entro un anno dall’alienazione di tale bene, proceda all’acquisto della nuda proprietà di un altro immobile, atteso che lo stesso non può essere adibito, come necessario per il mantenimento del beneficio, ad abitazione principale (Sez. 5, n. 17148 del 28/06/2018), ovvero nel caso in cui, entro un anno dall’alienazione di tale bene, il contribuente medesimo proceda al conseguimento della sola prenotazione di un alloggio mediante subentro ad altro socio di una cooperativa (Sez. 5, n. 5353 del 27/02/2020).

Con specifico riferimento al termine entro il quale il contribuente deve trasferire la propria residenza nell’immobile riacquistato, questa Corte ha chiarito che l’art. 1, nota II bis, n. 4, Parte I, Tabella allegata al d.p.r. n. 131 cit. «letteralmente dispone nel senso che l’acquirente debba risiedere “anagraficamente” nella abitazione acquistata entro l’anno dalla vendita della precedente “prima casa”» affermando che la differenza delle condizioni cui la legge subordina il riconoscimento del beneficio “prima casa”, per il quale è sufficiente che il contribuente dichiari di «voler stabilire la propria residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato», è giustificata dall’intenzione del legislatore di evitare che l’agevolazione vada a favorire, non l’acquisto di un bene primario costituzionalmente così elevato dall’art. 47, comma 2, Cost., bensì intenzioni speculative (Cass. n. 30925 del 2019; n. 13343 del 2016). È dunque la stessa disposizione normativa che individua espressamente in un anno dal riacquisto dell’immobile il termine entro il quale il contribuente deve trasferirvi la residenza e che subordina a tale adempimento la conservazione dell’agevolazione.

Tali condizioni, più restrittive rispetto a quelle previste dal comma 1 della nota II bis, ben si giustificano in quanto evitano di creare un ingiustificato privilegio in favore di coloro che effettuino successivi riacquisti quinquennali, e al contempo garantiscono la realizzazione dell’intento antielusivo, scongiurando operazioni meramente speculative.

Nel caso di specie, la P. ha acquistato in data 20.02.2009 un immobile sito a Torino, usufruendo delle agevolazioni “prima casa”. Il  27.7.2011 ha venduto tale immobile e il successivo 21.9.2011 ne ha acquistato un altro sito nella stessa città, con l’impegno di destinarlo ad abitazione principale. In data 19.10.2011 ha trasferito la residenza in un immobile diverso da quello riacquistato. In data 10.5.2013 l’Agenzia delle entrate ha emesso l’avviso di accertamento impugnato. Successivamente, in data 17.7.2013, e comunque dopo la notifica dell’avviso di accertamento, la contribuente ha trasferito la residenza nell’immobile riacquistato.

Risulta dunque che l’immobile riacquistato è stato effettivamente destinato ad abitazione soltanto dopo oltre quattro anni dall’acquisto del primo immobile con le agevolazioni prima casa, e dopo circa ventidue mesi dal riacquisto del secondo immobile. Pertanto, correttamente l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che la ricorrente fosse decaduta dai benefici “prima casa”. In senso contrario non assume rilievo la giurisprudenza richiamata dalla contribuente e posta dalla CTR a fondamento della sentenza impugnata, secondo la quale i benefici per l’acquisto della prima casa possono essere conservati se la finalità, dichiarata dal contribuente nell’atto di acquisto, di destinare l’immobile a propria abitazione venga realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di tali benefici (Cass., Sez. 5, n. 9149 del 07/07/2000, Rv. 538339-01).

Trattasi infatti di pronuncia concernente il regime previgente di cui all’art. 1, I. n. 168 del 1982 il quale, a differenza di quanto attualmente previsto dall’art. 1, nota II bis, non stabiliva alcun termine entro il quale l’acquirente doveva trasferire la propria residenza nell’immobile riacquistato.

In conclusione, il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere deciso nel merito ex art. 384 c.p.c. con il rigetto del ricorso originario proposto dalla contribuente.

Trattandosi di questione nuova, sulla quale la giurisprudenza si è consolidata solo di recente, deve essere disposta la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso é, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio.

Visto l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.