CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30955
Tributi – IMU – Immobili concessi in locazione finanziaria – Risoluzione anticipata per inadempimento del locatario – Immobili rimasti nella disponibilità del locatario – Soggetto passivo – Locatore
Ritenuto che
La società I. B.I. spa aveva concesso in locazione finanziaria due immobili siti nel Comune di Nibionno con due distinti contratti che venivano risolti anticipatamente in data 10 gennaio 2012 per inadempimento del locatario, il quale tuttavia non provvedeva alla riconsegna di detti immobili fino al 29 maggio 2014.
Il Comune notificava alla società avviso di accertamento con cui contestava l’omesso versamento IMU per l’anno 2012.
La società impugnava tale avviso avanti alla Commissione tributaria provinciale di Lecco sostenendo che soggetto passivo dell’imposta doveva ritenersi il locatario in quanto detentore degli immobili. La CTP respingeva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, avanti alla quale la contribuente proponeva appello, dichiarava l’illegittimità dell’avviso di accertamento e condannava il Comune a restituire le somme riscosse nelle more del giudizio.
Avverso tale sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e assistito da memoria.
La società contribuente ha resistito con controricorso e successiva memoria.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 23 del 2011 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per avere la CTR ritenuto che soggetto passivo dell’IMU sarebbe il detentore dell’immobile pur dopo la scadenza del termine di durata del contratto di locazione finanziaria in contrasto con le richiamate disposizioni che invece identificano il debitore del tributo nel possessore dell’immobile.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 18, comma 2, 19 e 24, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 1, comma 162 della legge n. 296 del 2006 e 19, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. La sentenza impugnata, nella parte in cui reca una statuizione di condanna alla restituzione, da parte del Comune, delle somme versate dalla società in pendenza di giudizio sarebbe illegittima in quanto il giudizio tributario, è un giudizio di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità dell’atto impugnato che non comprende la pronuncia su eventuali domande riconvenzionali.
Il primo motivo è fondato.
La questione sottoposta all’esame di questa Corte attiene alla individuazione del soggetto passivo dell’IMU relativa ad un bene immobile concesso in locazione finanziaria nell’ipotesi di risoluzione del rapporto contrattuale cui non faccia seguito l’immediata materiale restituzione del bene. Si tratta di stabilire se, ai sensi dell’art. 9, d.lgs. n. 23 del 2011, nel periodo di tempo intercorrente tra la cessazione di efficacia del contratto e la restituzione del bene, la titolarità passiva del rapporto fiscale sorga in capo al locatore, nella qualità di soggetto che ha il possesso del bene, ovvero all’utilizzatore che materialmente ne dispone.
Nella giurisprudenza di questa Corte può oramai ritenersi consolidato l’orientamento secondo il quale dalla data di risoluzione per inadempimento il contratto di leasing cessa, e quindi il locatario non è più da considerarsi soggetto passivo, con la conseguente traslazione dell’obbligo di corrispondere il tributo relativo all’immobile sul proprietario (società di leasing). Ciò che assume rilevanza ai fini dell’IMU, infatti, non è la detenzione materiale del bene, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata, conferendo essa la titolarità di diritti opponibili “erga omnes”, la quale permane fintantoché è in vita il rapporto giuridico, traducendosi invece in mera detenzione senza titolo in seguito al suo venir meno (Cass., Sez. 5, n. 29973 del 2019, Rv. 655919-01, la quale ha analizzato criticamente il diverso orientamento espresso da ultimo da Cass. n. 19166 del 2019, Rv. 654521-01. In senso conforme, Sez. 6-5, n. 7227 del 2020; Sez. 6-5, n. 8957 del 2020; Sez. 6-5, n. 14906 del 2020; Sez. 6-5, n. 23914 del 2020).
In sostanza, questa Corte ha ritenuto che è il contratto a determinare la soggettività passiva del rapporto d’imposta in quanto è con esso che il locatario acquista i poteri e le responsabilità che connotano la sua posizione, e non già la disponibilità del bene, sicché la cessazione dell’originario vincolo giuridico (per scadenza naturale o per risoluzione anticipata) determina il venir meno della soggettività passiva in capo al locatario.
Conferma di tale conclusione si rinviene – come correttamente osservato dal ricorrente – nell’art. 9 del d.lgs. n. 23 del 2011 il quale stabilisce la titolarità passiva dell’imposta in capo al locatario anche nel caso di beni «non costruiti» o «in corso di costruzione» che, come tali, non possono essere detenuti. In tale ipotesi è la stipula del contratto, e non la materiale consegna del bene ad individuare il soggetto obbligato al pagamento dell’imposta.
Non ha valore in senso contrario la disciplina in tema di tributo per i servizi indivisibili (TASI) dettata dall’art. 1, comma 672 della legge n. 147 del 2014, il quale stabilisce che tale tributo è dovuto dal locatario a decorrere dalla data di stipulazione e per tutta la durata del contratto, e che per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene. Tale disposizione, infatti, è applicabile limitatamente al suddetto tributo, non potendo essere analogicamente estesa anche all’IMU, in primo luogo perché il comma 703 della citata disposizione normativa precisa che l’istituzione dell’IUC (della quale la TASI è una componente) lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’IMU, ed in secondo luogo in ragione della eterogeneità dei rispettivi presupposti applicativi delle imposte in esame.
La CTR non si è attenuta al suddetto principio sicché la decisione impugnata deve essere annullata con assorbimento del secondo motivo. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso può essere deciso nel merito ex art. 384 c.p.c. con il rigetto del ricorso originario proposto dalla contribuente.
La novità delle questioni trattate sulle quali la Corte si è espressa di recente e dopo la proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.