CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 settembre 2020, n. 20601
Tributi – Credito di imposta per teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica – Soggetti beneficiari – Società semplice esercente attività agricola – Esclusione
Ritenuto che
L’Azienda Agricola F.lli. B. s.s., svolgente attività agricola di florovivaismo sotto terre riscaldate e di allevamento di vacche di latte e coltivazione di seminativi, ritenendo di poter beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 8, comma 10, lett. f), della legge 23 dicembre 1998 n. 448, presentava, in data 8 aprile 2008 ed in data 12 dicembre 2008, istanza di attribuzione di un credito d’imposta, utilizzabile in compensazione, con contestuale autocertificazione relativa alla quantificazione del credito d’imposta stesso.
L’Agenzia delle entrate di Vittorio Veneto, ritenendo che questo credito non spettasse all’azienda agricola F.lli B., in quanto società semplice, priva di personalità giuridica, che non produceva né dichiarava redditi di impresa, notificava all’azienda atto di recupero del credito.
La società ed i soci impugnavano l’atto di recupero innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Treviso che accoglieva il ricorso ritenendo non vi fosse alcun dubbio sull’ “ampia” portata soggettiva dell’articolo 8, comma 10, della legge n. 448 del 1998. L’Ufficio proponeva appello innanzi alla commissione tributaria regionale che rigettata il gravame confermando la decisione dei primi giudici.
Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi ad un unico motivo di ricorso.
Resistono con controricorso la società contribuente ed i soci, fratelli B..
Considerato che
Con un unico complesso motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 10, della legge 23 dicembre 1998 n. 448 e del comma 138 della legge n. 224 del 24 dicembre 2007, chiede pronunciarsi sulla questione di diritto relativa al se «l’agevolazione concessa dall’articolo 8, comma 10, lettera f) della legge 23 dicembre 1998 n. 448 si applichi alle società semplici che esercitano attività agricole e che producono redditi che rientrano nella categoria del reddito agrario e non nel reddito d’impresa» (v. pag.5 del ricorso).
Tale questione è stata risolta in senso positivo dalla Commissione regionale la quale, argomentando in base al combinato disposto dell’articolo 8 della legge citata, nonché della successiva norma, di interpretazione autentica, di cui all’articolo 2, comma 138, della legge n. 244 del 2007 (cd. legge finanziaria 2008) ha ritenuto che è estensibile alle società semplici il credito di imposta di cui alla disposizione in parola.
I secondi giudici hanno supportato il loro assunto sulla base di due circostanze di fatto pacifiche tra le parti: la prima, che la società contribuente esercita attività agricola (florovivaismo e allevamento di vacche da latte coltivazione seminativi); la seconda, che la stessa gestisce la rete di teleriscaldamento alimentato con biomassa come fonte energetica ai fini di utilizzo proprio e non di terzi, con esclusione di qualsiasi attività commerciale.
Sulla base di tali premesse di fatto, hanno affermato che le società semplici, in base alla normativa civilistica (e in particolare in base alle previsioni di cui al Libro V – Titolo V del codice civile) «sono considerate persone giuridiche a tutti gli effetti» e che, quindi, l’interpretazione restrittiva dell’art. 8, comma 10, lett. f) l. n. 448 del 1998, proposta in tesi dall’Agenzia delle entrate, era priva di fondamento.
Ai fini fiscali, i secondi giudici hanno, inoltre, considerato che poiché l’impresa agricola sostiene dei costi per la realizzazione delle reti di teleriscaldamento che non possono essere portati in detrazione, in quanto il reddito imponibile è esclusivamente reddito agrario, «I crediti di imposta per tali investimenti costituiscono delle sopravvenienze attive che risultano ricomprese nel reddito agrario», sicché «se si considera che il costo delle reti in esame coincida con il credito di imposta, l’impresa agricola in ogni caso per tale investimento non realizzerebbe alcun costo da dedurre dal reddito imponibile».
Ritiene il Collegio che la Commissione regionale non ha fatto buon governo dei principi e delle leggi che regolano la materia.
La considerazione di fondo che induce a rivedere la decisione dei secondi giudici deriva essenzialmente dalla funzione dell’agevolazione in quanto destinata in favore di enti che esercitano attività commerciale e producono redditi di impresa e non in favore di enti che esercitano impresa agraria.
L’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha istituito un credito d’imposta per i gestori di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa e con energia geotermica.
A favore dei medesimi gestori, l’art. 29 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (riguardante norme in materia di energia biotermica) ha riconosciuto un ulteriore credito d’imposta per il collegamento alle reti di teleriscaldamento.
Tale credito d’imposta è fruibile, ai sensi di quanto disposto con il D.L. n. 268 del 30 settembre 2000 (che prevede altresì l’aumento a trentamila lire il costo per ogni kilowattore), previa presentazione di un’autodichiarazione del credito maturato agli uffici locali dell’Agenzia delle entrate. Il credito non utilizzato in compensazione può essere richiesto a rimborso nella dichiarazione dei redditi oppure utilizzato successivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 (le modalità di utilizzazione di detti crediti, sono indicate dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 95 del 31 ottobre 2001).
Secondo il disposto dell’articolo originario, il credito è ispirato a misure compensative di settore, con incentivi per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti in precise zone climatiche ovvero per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica. Tutte le agevolazioni sono concesse a beneficio dell’utente: la società deve farsi carico di finanziare l’agevolazione riconoscendola immediatamente in fattura al cliente, sostituendosi all’erario. La società potrà recuperare il credito in seguito, attraverso compensazione generale in sede di dichiarazione dei redditi.
E’ su tale ratio normativa, dunque, che va letta la norma d’interpretazione autentica introdotta con la legge finanziaria del 2008 (I. 24 dicembre 2007 n. 244) che, al comma 138 dell’art. 2, ha chiarito che il beneficio previsto dall’art. 8, comma, 10, lettera f) della legge n. 448 del 1998 «si applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell’energia», sicché, «tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito».
Ora, in primo luogo, non pare revocabile in dubbio – f) contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione regionale – che la norma interpretata (art. 8, comma, 10, lettera f) della legge n. 448 del 1998) abbia riservato l’agevolazione ai titolari di redditi di impresa, e che, quindi, il riferimento alla “persona giuridica” contenuta nella norma di interpretazione è associato all’esercizio di un’attività commerciale e non di mero godimento o di attività agricola, che, per definizione, non realizza un’impresa commerciale (art. 2195 cod.civ.). Fuorviante è, dunque, l’affermazione della Commissione regionale secondo cui «la società semplice è oggettivamente considerata persona giuridica», in quanto, si ripete, ciò che delinea l’ambito soggettivo di applicazione della norma è l’esercizio di un’attività commerciale (a tacere, peraltro, la considerazione che società semplici non hanno personalità giuridica).
Delineato in tali termini l’ambito soggettivo dell’agevolazione, ne discende che la norma di interpretazione autentica di cui si discute ha soltanto specificato che, nel caso di coincidenza tra soggetto gestore della rete ed utilizzatore finale, il credito di imposta si può comunque portare in compensazione, senza voler estendere il beneficio ad ogni “persona giuridica”, anche non svolgente attività commerciale.
Ciò che è rilevante ai fini dell’attribuzione del credito di imposta è l’esistenza di un reddito di impresa “puro” e non di un reddito agricolo, che, ai fini fiscali, gode di specifiche e diverse agevolazioni, non cumulabili con quelle dell’attività di impresa.
Nel caso in esame, poiché la società contribuente svolge – come è pacifico – attività di impresa agricola ed il reddito da essa prodotto, ai fini fiscali, è reddito agricolo e non di impresa, non può usufruire della agevolazione invocata.
Peraltro, non può essere condivisa neppure l’ulteriore affermazione dei secondi giudici secondo cui, poiché il credito d’imposta è commisurato al costo delle reti e poiché non può essere portato in detrazione dall’impresa agricola, esso va considerato come sopravvenienza attiva ricompresa nel reddito agrario.
Ed invero, l’art. 8, comma 10, della legge in questione, commisura l’agevolazione ad un determinato importo per ogni kilowattore (fissato originariamente a lire 20 per kilowattore, ma poi aumentato da successivi interventi legislativi) da traslare sul prezzo di cessione dell’utente finale, sicché il credito d’imposta non può mai coincidere con il prezzo delle reti ma solo con il calore fornito all’utente. Come pure argomentato dalla ricorrente Agenzia delle entrate, tale qualificazione del costo non è di poco momento in quanto «mentre per la società commerciale il ricavo e quindi il reddito tassabile aumenta in proporzione della produzione di energia, la società agricola, che non dichiara ricavi, continua ad essere tassata solo sulla base del reddito agrario dichiarato», come sarebbe dimostrato dal fatto che la società in questione «pur avendo un volume di affari di euro 1426.806,00 ha versato imposte sul reddito per soli euro 27.915,67, pretendendo poi di usufruire in compensazione un credito di imposta di euro 12.014,53» (v. ricorso pag. 7).
Il ricorso va, dunque, accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – e in ossequio al principio di ragionevole durata del processo – la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultima parte cod. proc. civ., con rigetto del ricorso proposto dalla società contribuente.
Sussistono giusti motivi, in relazione all’oggetto della controversia per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di merito.
Per il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio si pongono a carico dei resistenti e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società ricorrente. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di merito. Condanna i resistenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, in complessivi euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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