CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 settembre 2022, n. 28381

INPGI – Omessi contributi – Disciplina sanzionatoria ex art. 116, l. n. 388/2000 – Applicabilità – Esclusione

Rilevato in fatto

che, con sentenza depositata il 26.5.2016, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado e in ulteriore parziale accoglimento dell’opposizione proposta da RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato di pagare all’INPGI somme per contributi omessi in danno di taluni giornalisti, ha dichiarato dovuti i contributi omessi per G. P., confermando la pronuncia di prime cure sia nella parte in cui ne aveva affermato la debenza per G. D.F., A.B., S.M.B. e B.C. sia nella parte in cui l’aveva esclusa per F.A. e S.B.;

che avverso tale pronuncia l’INPGI ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su quattro motivi;

che l’INPGI ha resistito con controricorso al ricorso incidentale;

che l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso principale;

che l’INPGI e RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. hanno depositato memoria;

Considerato in diritto

che, con il primo e il secondo motivo del ricorso principale, l’INPGI denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, comma 1°, e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere la Corte di merito preso in considerazione quanto effettivamente riportato nei verbali ispettivi prodotti in giudizio in ordine alle prestazioni rese dalle giornaliste A. e B.;

che, con il terzo motivo del ricorso principale, l’INPGI lamenta violazione dell’art. 2 del CCNL per il settore giornalistico per non avere la Corte territoriale in alcun modo valutato le peculiarità proprie della prestazione del collaboratore fisso;

che, con il primo motivo del ricorso incidentale, RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222 ss. e 2697 c.c., dell’art. 409 n. 3 c.p.c., dell’art. 1 CCNL del settore giornalistico, della legge n. 69/1963 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la prestazione dei giornalisti C., B., D.F., B. e P. avesse carattere subordinato;

che, con il secondo motivo del ricorso incidentale, ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2222 ss. E 2697 c.c., dell’art. 1 CCNL del settore giornalistico, della legge n. 69/1963 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con i predetti giornalisti nonostante che non fosse stata raggiunta alcuna prova sufficiente circa i contenuti della loro prestazione;

che, con il terzo motivo del ricorso incidentale, le medesime censure di cui ai primi due motivi sono ripetute sotto il profilo del vizio di motivazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.;

che, con il quarto motivo del ricorso incidentale, si deduce violazione degli artt. 1189 c.c. e 116, commi 8 e 20, l. n. 388/2000, per avere la Corte di merito ritenuto che la disciplina delle sanzioni di cui all’art. 116 cit. non fosse applicabile all’INPGI anteriormente alla delibera di recepimento che ne aveva fissato la decorrenza dal primo periodo di paga dell’anno 2005;

che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019);

che, nella specie, il primo e il terzo motivo del ricorso principale incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulati con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge richiamate nella rubrica di ciascuno di essi, pretendono in realtà di criticare l’accertamento di fatto in esito al quale i giudici territoriali hanno ritenuto che il compendio probatorio raccolto in riferimento alle lavoratrici A. e B. escludesse la prova sia di una attività giornalistica stricto sensu che di una prestazione di tipo subordinato (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata);

che del pari inammissibile è il secondo motivo del ricorso principale, atteso che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);

che considerazioni non dissimili vanno svolte in relazione ai primi tre motivi del ricorso incidentale, le cui censure, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge e di mancanza assoluta di motivazione e/o di sua insufficienza e contraddittorietà, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata la vicenda per cui è causa, ponendo a presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti che li hanno originati;

che, a tal riguardo, va ribadito che, anche prima della modifica apportata all’art. 360 n. 5 c.p.c. dall’art. 54, d.l. n. 83/2012, la censura di vizio di motivazione non può essere volta a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, né per suo tramite si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento (così, tra le più recenti, Cass. n. 7916 del 2017);

che il quarto motivo del ricorso incidentale è invece infondato, avendo i giudici di merito fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui la disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 116, l. n. 388/2000, non si applica automaticamente all’INPGI, potendo l’Istituto adottare, al fine di assicurare l’equilibrio del proprio bilancio, autonome deliberazioni soggette ad approvazione ministeriale e fermo l’obbligo, a norma dell’art. 76, l. n. 388/2000, cit., di coordinare l’esercizio di tale potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, di talché il nuovo regime sanzionatorio non è applicabile alle obbligazioni contributive riferite a periodi antecedenti al recepimento della disciplina da parte dell’Istituto medesimo (così da ult. Cass. n. 838 del 2016, sulla scorta di Cass. nn. 12208 e 12210 del 2011);

che, dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale, le spese del giudizio di legittimità vanno compensate tra le parti ricorrenti e controricorrenti, in considerazione della soccombenza reciproca;

che nulla va statuito sulle spese nei riguardi dell’INPS, non avendo l’Istituto svolto apprezzabile attività difensiva al di là del deposito della procura in calce al ricorso notificatogli;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso principale e del rigetto del ricorso incidentale, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.