CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 agosto 2022, n. 25520

Professionisti – Compenso professionale – Mancato pagamento – Condanna dei clienti – Prova del rapporto professionale

Fatti di causa

Con ordinanza del 13.5.2019 il Tribunale di Novara accoglieva la domanda proposta dallo Studio B.C.A., condannando R.S. e S.M. al pagamento della somma di € 27.059,10 a titolo di compenso per le prestazioni di tenuta della contabilità ed assistenza fiscale eseguite dal predetto studio associato in favore dei convenuti.

Con la sentenza impugnata, n. 1011/2021, resa nella resistenza della parte vittoriosa in prime cure, la Corte di Appello di Torino rigettava l’impugnazione proposta avverso detta decisione.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione R.S. e S.M., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso lo Studio B.C.A..

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Ragioni della decisione

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV. INAMMISSIBILITA’ del ricorso.

Con ordinanza del 13.5.2019 il Tribunale di Novara accoglieva la domanda proposta da Studio B.C.A., volta ad ottenere la condanna di R.S. e S.M. al pagamento della somma di € 27.059,10 a titolo di compenso per le prestazioni di tenuta della contabilità ed assistenza fiscale eseguite dal predetto studio associato in favore dei convenuti. Il giudice di merito accertava lo svolgimento delle prestazioni ed il loro mancato pagamento, e dava atto che l’eccezione volta ad accertare la sussistenza di profili di responsabilità dello studio associato era stata abbandonata perché non riproposta dai convenuti in sede di precisazione delle conclusioni.

Interponevano appello avverso detta decisione gli odierni ricorrenti e la Corte di Appello di Torino, con la sentenza impugnata, n. 1011/2021, resa nella resistenza della parte vittoriosa in prime cure, rigettava l’impugnazione.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione R.S. e S.M., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso lo Studio B.C.A..

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano l’erronea configurazione, da parte della Corte di Appello, della presunzione circa il conferimento dell’incarico da parte loro allo studio associato.

L’esistenza dell’incarico, infatti, era stata espressamente contestata dagli odierni ricorrenti nel corso del giudizio di merito.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano l’erronea affermazione dell’esistenza del credito dello studio associato, in difetto di produzione, nel corso del giudizio di merito, dello Statuto e di un mandato scritto proveniente dalla società D. S.n.c., già partecipata dagli odierni ricorrenti.

Le due censure, meritevoli di esame congiunto, sono inammissibili. La Corte di Appello ha infatti ravvisato l’esistenza del rapporto professionale tra gli odierni ricorrenti e lo studio associato valorizzando la circostanza, ritenuta decisiva, che le dichiarazioni fiscali prodotte dallo studio associato contenessero la “… esposizione del codice fiscale 02305500031, riconducibile univocamente allo “studio B.C.” quale intermediario nella relativa presentazione e talvolta nominativamente menzionato, e, quindi, presuntivamente estensore delle stesse (seppure necessariamente per il tramite di una persona fisica) e, di conseguenza, creditore del compenso” (cfr. pag. V della sentenza impugnata). Subito dopo, la Corte di Appello aggiunge che risulta inconferente l’affermazione, contenuta a pag. 7 dell’atto di appello, secondo cui gli odierni ricorrenti “… non avrebbero mai avuto consapevolezza di essersi obbligati con un soggetto diverso dal Rag. G.B.”; affermazione, questa, che dimostra come, contrariamente a quanto oggi sostenuto dai ricorrenti, la contestazione mossa dagli stessi nei gradi di merito non aveva avuto ad oggetto l’esistenza del rapporto, ma solo la sua riferibilità (o meglio, la riferibilità del relativo credito per le prestazioni svolte) in capo all’associazione professionale, anziché al professionista associato. Del resto, sempre la Corte distrettuale evidenzia, nel prosieguo della motivazione, che “… non hanno mai formato oggetto di contestazione, nell’an, le prestazioni così come elencate dallo Studio …”: affermazione, quest’ultima, che non risulta neppure specificamente attinta dalle censure in esame.

In definitiva, quindi, il giudice di merito ha valorizzato da una parte una circostanza documentale, e dall’altro la strategia difensiva scelta dagli odierni ricorrenti, per ricavare la prova dell’esistenza del rapporto professionale oggetto di causa e della riferibilità del relativo credito in capo allo studio associato, che aveva in concreto eseguito le prestazioni alle quali quel credito era riferito. Trattasi di valutazione di merito, non utilmente censurabile in sede di legittimità, stanti i limiti di deduzione dei vizi previsti dall’art. 360 c.p.c., rispetto alla quale i ricorrenti contrappongono null’altro che una differente ricostruzione del fatto”.

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

La memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale dalla parte ricorrente non offre argomenti ulteriori rispetto ai motivi di ricorso, dei quali essa è meramente riproduttiva.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.