CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 dicembre 2021, n. 41943
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Contradditorio endoprocessuale – Tesi difensive esaminate e disattese – Accertamento analitico-induttivo basato sul mero scostamento della dichiarazione rispetto agli studi di settore – Legittimità
Fatti di Causa
La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate, nei confronti della P.R. Srl in liquidazione con cui, per effetto della applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62-bis del decreto-legge 30.8.1993, erano individuati maggiori ricavi, con conseguente rimodulazione della pretesa fiscale ai fini Ires, Irap, Iva oltre sanzioni.
Tale atto era impugnato dalla società intimata che si doleva della illegittimità dell’accertamento, che si basava sul mero scostamento della dichiarazione rispetto agli studi di settore.
Si costituiva l’Agenzia che ribadiva come i motivi di opposizione erano già stati valutati dall’ufficio in sede di contraddittorio preventivo.
La Ctp di Roma accoglieva il ricorso, ritenendo che l’Agenzia avesse fondato l’accertamento sul mero scostamento dei dati rispetto a quelli degli studi di settore, senza considerare la realtà in cui operava l’impresa.
L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate era respinto dalla CTR del Lazio.
Propone ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi ad un unico motivo così sintetizzabile:
i) Violazione e / o falsa applicazione dell’art. 62 bis, del decreto legge 30.8.1993 n. 331 conv. nella legge 29.10.1993 n. 427 in relazione all’art. 360 1 comma n. 3 cpc.
Non si costituiva il contribuente .
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo il ricorrente si duole che la CTR non abbia applicato i principi di diritto, solo affermati, al caso concreto, in particolare evidenziava che nella fase endoprocedimentale era stato attivato il contraddittorio nell’ambito del quale il contribuente aveva potuto svolgere le proprie tesi difensive, poi comunque esaminaste e disattese con l’emissione dell’atto di accertamento. In altri termini per effetto ed in esito al contraddittorio, avendo l’Agenzia valutato gli argomenti difensivi dedotti , le presunzioni su cui si basano gli studi di settore devono ritenersi gravi, precise e concordanti, in grado quindi di sostenere la pretesa impositiva.
Il motivo è fondato.
In punto di fatto appare pacifico (vedi avviso di accertamento il cui contenuto è riportato analiticamente nel ricorso, ai fini della autosufficienza), che prima di emettere l’avviso impugnato l’Agenzia ha instaurato un contraddittorio con il contribuente per verificare le ragioni dello scostamento tra gli indici standardizzati ed i dati dichiarati.
Proprio l’instaurazione di questo contraddittorio preventivo autorizzava il contribuente a contestare l’applicazione dei parametri, provando le circostanze concrete che giustificassero lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenesse attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Nella fase propedeutica all’avviso di accertamento, come emerge dalla sentenza , la parte aveva dedotto una serie di argomentazioni , poi motivatamente disattese.
Come è noto, secondo l’indirizzo giurisprudenziale costante, gli studi di settore previsti dall’art. 62 bis D.L. 331/1993, convertito dalla legge n. 427 del 29.10.1999, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, primo comma, lett. d, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Inoltre spetta al contribuente, sia nella fase amministrativa endoprocessuale e / o nella fase contenziosa l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato.
Va anche sottolineato che la legittimità dell’accertamento tributario fondato sugli studi di settore, è stato confermato anche in sede sovranazionale, cfr. CGUE, 21.11.2018, in causa C-648-16. Pertanto non essendo stati applicati gli studi di settore in automatico ma dopo una fase amministrativa , in cui il contribuente ha potuto esporre le proprie ragioni , deve ritenersi che la Ctr è incorsa in errore di diritto laddove ha ritenuto che era onere dell’Agenzia specificare gli elementi concreti per cui potessero applicare gli studi di settore. Nel caso non ha minimante esaminato le ragioni con cui l’Ufficio impositore ha ritenuto non rilevanti le argomentazioni del contribuente. In sostanza non è stato considerato che gli studi di settore costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati , ma nasce solo in esito al contraddittorio, di cui l’Agenzia ha tenuto conto.
Inoltre l’Agenzia ha sottolineato che la maggiore pretesa fiscale sia stata individuata non in automatico a seguito della sola discordanza tra quanto dichiarato e gli studi di settore, ma tenendo conto anche di una ulteriore serie di elementi in grado di supportare l’accertamento induttivo analitico, immotivatamente obliterati dal giudice del merito. In particolare era stato sottolineato nell’accertamento che fin dalla costituzione la “società ha sempre concluso i propri esercizi con perdite di bilancio o tutt’al più con utili estremamente risicati”.
Proprio la mancanza di un ritorno economico in un periodo relativamente lungo si pone in netto contrasto con la logica economica.
Nella sentenza impugnata il giudice non ha minimamente considerato in base a quanto indicato nell’accertamento che gli indicatori economici non erano coerenti , sicchè nel caso gli studi di settore erano stati utilizzati quale riprova e cioè quale ulteriore elemento indiziario di conferma della inattendibilità della dichiarazione fiscale.
Sicuramente sussiste il difetto di violazione di legge in quanto la sentenza appellata si è limitata a considerare che non bastava la divergenza tra ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore senza considerare tutte le ragioni poste a fondamento dell’accertamento nel suo complesso, ed in particolare tralasciando di valutare in concreto le argomentazioni svolte dall’ufficio per contrastare le difese del contribuente, limitandosi a mere e generiche affermazioni. In particolare l’agenzia ha, analizzando le difese del contribuente , specificato che;le ore lavorate dai dipendenti indicate negli studi di settore erano analoghe a quelle dichiarate dal contribuente , visto che sommando le ore per part-time (tipologia di lavoro scelta dall’imprenditore )–non corrispondevano alle ore considerate dagli studi sulla base dell’orario del lavoratore a tempo pieno; che in sostanza il contribuente non aveva applicato alcun ricarico rispetto ai costi , nonché in costante chiusura dei bilanci con perdite o con utili “estremamente risicati “.
In conclusione non essendo stati applicati gli studi di settore in automatico, come erroneamente afferma la sentenza impugnata, ma dopo una fase amministrativa, in cui il contribuente ha potuto esporre le proprie ragioni, deve ritenersi che il giudice di appello sia incorso in errore non avendo considerato che sugli studi di settore costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento rispetto agli standards in sé considerati , ma nasce solo in esito al contraddittorio nel caso avvenuto non solo formalmente ma sostanzialmente come si è detto.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR di Roma (in diversa composizione) che provvederà anche alle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata rinviando alla Ctr Lazio in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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