CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2580
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notifica verbale – Termini di prescizione
Rilevato che
1. con sentenza n. 86/09/11 del 16/08/2011 la CTR della Liguria accoglieva parzialmente l’appello proposto da A.M. avverso la sentenza n. 222/12/08 della CTP di Genova, che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di una cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione e concernente debiti IVA della estinta B. s.d.f. di S., di cui il M. era socio;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) la cartella di pagamento riguardava, tra l’altro il pagamento di alcune sanzioni; b) la CTP respingeva integralmente il ricorso proposto dalla società contribuente; c) il M. proponeva impugnazione davanti alla CTR;
1.2. su queste premesse, la CTR motivava il parziale accoglimento dell’appello osservando, con riferimento alle sanzioni e per quanto ancora interessa in questa sede, che, «poiché l’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997/472 ha disposto che se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la disposizione più favorevole al contribuente», con conseguente obbligo di ricalcolo delle sanzioni a carico dell’Amministrazione finanziaria;
2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo;
3. A.M. non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimato.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando l’inapplicabilità della disposizione richiamata dalla CTR in ragione della definitività del provvedimento di irrogazione della sanzione;
2. il motivo è infondato;
2.1. come si evince dal ricorso, le sanzioni di cui si discute sono state comminate alla B. s.d.f. di S. in conseguenza della notificazione di due avvisi di rettifica, divenuti definitivi a seguito del rigetto del ricorso proposto dal curatore fallimentare della società;
2.2. in ragione dell’estinzione della società, la cartella di pagamento è stata altresì notificata al socio M., quale coobligato al pagamento e questi ha proposto impugnazione eccependo, tra l’altro, nel merito, la prescrizione del diritto per mancata notifica del verbale di accertamento ai coobbligati, nonché la prescrizione degli interessi e della sanzione;
tali censure sono state ripetute integralmente in appello, come si evince dallo stesso ricorso introduttivo, nonché dalla sentenza della CTR;
2.3. orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «il socio di società di persone, in caso di cessione della quota, è responsabile per le tutte le obbligazioni sociali, e perciò anche tributarie, esistenti al giorno dello scioglimento del rapporto sociale (artt. 2290, 2291, 2269 cod. civ.), sicché la sua responsabilità è diretta ancorché sussidiaria (art. 2304 cod. civ.). Ne consegue che, essendo il debito del socio il medesimo della società, l’amministrazione finanziaria non ha l’obbligo di notificare al socio l’avviso di accertamento o di rettifica dell’IVA, in quanto l’accertamento effettuato nei confronti della società ha effetto anche nei confronti del socio – così come il giudicato ottenuto nei confronti della società di persone costituisce titolo esecutivo nei confronti dei singoli soci -, e può quindi limitarsi a notificargli, nella vigenza dell’art. 46 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, l’avviso di mora ovvero la cartella di pagamento (come nella specie), potendo il contribuente contestare, con l’impugnazione di questo atto, anche l’esistenza e l’ammontare del debito d’imposta, senza che possa ravvisarsi violazione del suo diritto di difesa» (Cass. n. 19188 del 06/09/2006);
analoghi principi sono stati enunciati con riferimento più generale alla responsabilità del socio ordinario per i debiti della società di persone, anche in questo caso essendo sufficiente la notifica al socio dell’avviso di mora (cfr. Cass. n. 10584 del 09/05/2007; Cass. n. 11228 del 16/05/2007; Cass. n. 10267 del 21/04/2008; Cass. n. 20704 del 01/10/2014; Cass. n. 27189 del 22/12/2014 e Cass. n. 21763 del 26/10/2015) o della cartella di pagamento;
2.4. il diritto di difesa del socio è, infatti, garantito dalla possibilità di impugnare, contestualmente all’avviso di mora o alla cartella di pagamento l’atto impositivo presupposto ai sensi dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass. n. 25765 del 05/12/2014; Cass. n. 10584 del 2007, cit.; Cass. n. 11228 del 2007, cit.; Cass. n. 10267 del 2008, cit.);
2.5. è stato altresì evidenziato che «nel caso in cui il socio illimitatamente responsabile abbia impugnato il solo avviso di mora (unico atto) notificatogli per debiti sociali, gli atti presupposti non possono considerarsi definitivi e, quindi, si verifica la situazione di “pendenza di giudizio”, di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 472 del 1997, che consente l’applicazione della legge sopravvenuta più favorevole, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del d.P.R. citato» (Cass. n. 29625 del 18/12/2008);
2.6. nel caso di specie, si è già detto che il M. ha impugnato, unitamente alla cartella di pagamento, anche gli avvisi di rettifica a lui non notificati, chiedendo la prescrizione del tributo, delle sanzioni e degli interessi;
2.7. ne consegue che, proprio perché impugnati dal socio illimitatamente responsabile, gli avvisi di rettifica non possono dirsi definitivi con riferimento alle sanzioni, sicché correttamente il giudice di appello ha ritenuto l’applicabilità dell’art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 472 del 1997 e, dunque, della norma sanzionatoria più favorevole;
2.8. va, dunque,”enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, nel caso in cui il socio illimitatamente responsabile abbia impugnato la sola cartella di pagamento, unico atto notificatogli per debiti sociali, gli atti presupposti non possono considerarsi definitivi e, quindi, trova applicazione la legge sopravvenuta più favorevole, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del medesimo decreto»;
3. il ricorso va, dunque, rigettato; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di A.M..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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