CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2019, n. 2759
Inquadramento nel livello superiore – Orario di lavoro superiore a quello contrattuale pattuito – Pagamento di differenze retributive – Previsione CCNL sulla progressione di livello automatica per anzianità
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva rigettato il ricorso proposto da S.F. per ottenere dal datore di lavoro, B.N.G., il pagamento di differenze retributive, per l’importo complessivo di € 34.493,89, derivanti dall’asserito diritto all’inquadramento nel livello superiore e dall’asserita prestazione di un orario di lavoro superiore a quello contrattuale pattuito in 24 ore settimanali, nonché dall’incidenza delle correlate differenze sul TFR e sugli istituti retributivi indiretti;
2. S.F. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi;
3. B.N.G. ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.- la violazione e/o falsa applicazione del principio della domanda ex art. 345 c.p.c., ; il motivo attinge la sentenza della Corte d’appello là dove ha ritenuto inammissibile in quanto nuovo il richiamo all’ art. 10 del CCNL, che prevede la progressione automatica al livello b) dopo 12 mesi di permanenza nell’inferiore livello a), pur non essendo stato introdotto nel processo un nuovo tema di indagine e non essendo stato alterato l’oggetto sostanziale dell’azione.
2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciato- ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- l’omesso esame delle dichiarazioni testimoniali in relazione alle mansioni effettivamente svolte dalla ricorrente. La Corte territoriale avrebbe erroneamente valorizzato le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni all’interno di un precedente procedimento penale tra le medesime parti, ed avrebbe dunque omesso di esaminare compiutamente le dichiarazioni testimoniali relative alle mansioni effettivamente svolte dalla ricorrente.
3. Con il terzo motivo di ricorso viene denunciato-ex art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.- l’omesso esame delle dichiarazioni testimoniali in relazione agli orari lavorativi effettivamente osservati.
4. Ritiene il Collegio che il ricorso sia manifestamente infondato e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non occorrendo quindi esaminare, in ossequio al principio della c.d. ragione più liquida, l’eccezione di difetto di valida procura proposta dal controricorrrente (v. Cass. S.U. n. 13195 del 25/05/2018).
5. Il primo motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale ha argomentato che la domanda originaria di inquadramento superiore era fondata sul tipo di mansioni svolte e non sulla progressione automatica di livello dopo 12 mesi prevista dall’art. 10 del CCNL.
La soluzione adottata è pertanto coerente con il principio affermato da questa Corte (Cass. n. 1760 del 24/01/2018) secondo il quale il contratto collettivo di diritto comune, quale fonte contrattuale del rapporto di lavoro, integra un elemento del fatto costitutivo del diritto che la parte attrice ha l’onere di allegare nel processo; ne consegue che l’allegazione solamente in grado d’appello della violazione di una norma del contratto collettivo, di cui in primo grado non sia stata tempestivamente dedotta l’esistenza ed il contenuto, è inammissibile in quanto introduce un nuovo elemento di fatto ed una nuova “causa petendi” della domanda. Principio che vale dunque nel caso in esame, in cui la previsione del contratto collettivo sulla progressione di livello automatica per anzianità non era stata esplicitamente richiamata a fondamento della domanda, basata sull’inquadrabilità nel livello b) delle mansioni svolte e che tra l’altro chiedeva l’inquadramento superiore dall’inizio del rapporto, e non dopo 12 mesi.
6. Il secondo e terzo motivo sono inammissibili, in quanto sollecitano una nuova valutazione degli stessi elementi fattuali già esaminati dalla Corte territoriale, al di là dei limiti del possibile vaglio di questa Corte quali delineati dalla nuova formulazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, né può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito.
7. I motivi sono inammissibili anche in ragione dell’applicabilità, nel giudizio di cassazione, del quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ. (introdotto dall’art. 54 comma 1 lett. a) del D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif, nella L. n. 134 dello stesso anno, applicabile, a norma dell’art. 54 comma 2 del medesimo decreto, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione a far data dal 11 settembre 2012 (come chiarito da Cass. n. 26860 del 18/12/2014 e Cass. ord., 24909 del 09/12/2015), il quale prevede che la disposizione contenuta nel precedente comma quarto – ossia l’esclusione del vizio di motivazione dal catalogo di quelli deducibili ex art. 360 cod. proc. civ. – si applica, fuori dei casi di cui all’art. 348 bis, secondo comma, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado (cosiddetta “doppia conforme”(Cass. n. 23021 del 29/10/2014).
Nel caso, poiché la ricostruzione delle emergenze probatorie effettuata dal Tribunale è stata esplicitamente confermata dalla Corte d’appello, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 10/03/2014, n. 26774 del 22/12/2016), ciò che nel caso non è stato fatto.
8. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
9. Risultando ammessa al patrocinio a spese dello stato, la ricorrente non deve invece allo stato essere onerata delle conseguenze amministrative previste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (v. in tal senso da ultimo Cass. ord., n. 21/02/2017 n. 4493).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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