CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2145
Tributi – IVA – Rimborso – Società – Cessazione di ogni attività e cancellazione – Legittimazione attiva dei soci
Considerato che
L’I. S.R.L. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., D. C. e P. T. L., in proprio, la T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., nonché la V. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. – queste ultime nella qualità di ex socie della I. S.R.L. – impugnarono, innanzi alla C.T.P. di Venezia, il provvedimento di diniego di rimborso I.V.A. relativamente ad una richiesta formulata per l’anno 2006;
che la C.T.P. di Venezia, con sentenza 124/13/2009, previa declaratoria di difetto di legittimazione attiva di D. C., P. T. L., della T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., nonché della V. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., queste ultime nella spiegata qualità, accolse il ricorso della I. S.R.L., condannando altresì l’Agenzia alla corresponsione, sulle somme da restituire, degli interessi anatocistici;
che avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate, da un lato e I. S.R.L. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., il sig. D. C. in proprio, la T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., nonché la V. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. – queste ultime nella qualità di ex socie della I. S.R.L. – dall’altro, proposero – rispettivamente – appello principale ed incidentale innanzi alla C.T.R. del Veneto che, con sentenza 96/14/11, depositata il 10.11.2011, accolse il gravame principale limitatamente alla non debenza degli interessi anatocistici, confermando, per il residuo, la sentenza di prime cure; che avverso tale sentenza l’agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Si sono costituiti ed hanno resistito, con controricorso e contestuale ricorso incidentale (affidato a due motivi), I. S.R.L. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., il Sig. D. C., in proprio, la T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., nonché la V. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. – queste ultime nella qualità di ex socie della I. S.R.L.. È rimasto intimato il Sig. P. T. L., in proprio;
Rilevato che
con il primo motivo del ricorso incidentale – da esaminare in via preliminare rispetto a tutti i motivi di ricorso principale – si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.), la violazione dell’art. 2495 cod. civ., per avere la C.T.R. – così rigettando uno specifico motivo di appello incidentale e confermando, in parte qua, la sentenza di prime cure – escluso la legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento per cui è causa in capo alla V. S.R.L., alla T. S.R.L. (nonché ai rispettivi legali rappresentanti), quali ex socie della I. S.R.L. in liquidazione, cessata da ogni attività a far data dal 28 maggio 2007; che il motivo è parzialmente fondato;
che la cancellazione dal registro delle imprese e la conseguente estinzione della società I. 209 S.R.L. prima della notifica dell’avviso di accertamento e della instaurazione del giudizio di primo grado (circostanza implicitamente posta dalla C.T.R. alla base della applicazione dell’art. 2495 c.c. – cfr. motivazione della decisione impugnata, p. 6, quinto cpv.) determina – contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di appello – a il difetto della sua capacità processuale (Cass. Sez. U, 12.3.2013, nn. 6070 e 6071): sicché l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin da prima che venisse instaurato il primo grado di giudizio, secondo giurisprudenza costante, esclude ogni possibilità di prosecuzione dell’azione e comporta, a norma dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ., l’annullamento senza rinvio, limitatamente alla società contribuente, della sentenza impugnata per cassazione (cfr., da ultimo Cass., sez. 5, 15.3.2019, n. 7387, non massimata); che, se per effetto di quanto precede, va dichiarata, d’ufficio, l’inammissibilità ex art. 382, terzo comma, cod. proc. civ. del ricorso originariamente proposto dalla società, cionondimeno l’estinzione della stessa non elimina la legittimazione “in proprio” dei soci, che subentrano nella legittimazione processuale facente capo all’ente cancellato dal registro della imprese (Cass. Sez. U, 12.3.2013, n. 6070, cit.): con la conseguenza che non può dichiararsi la estinzione del giudizio o la cessazione della materia del contendere ma, al contrario, in accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale, va dichiarata la nullità della sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso la legittimazione attiva in capo alla V. S.R.L. ed alla T. S.R.L., quali ex socie della I. 209 S.R.L. in liquidazione (cfr. anche, da ultimo, in relazione ad un caso analogo a quello odierno, la già cit. Cass., sez. 5, 15.3.2019, n. 7387);
che con il secondo motivo del ricorso principale – da trattare per primo, per una evidente priorità logica – l’Agenzia si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) della violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 19-bis e 19-bis.2 del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 35, comma 9, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con mod. dalla l. n. 248 del 2006, per la avere la C.T.R. erroneamente ritenuto applicabile al caso di specie l’istituto della rettifica ex art. 19-bis.2 cit., anziché quello della “determinazione della detrazione” ex artt. 19 e 19- bis cit., trattandosi di immobili acquistati nel corso del 2006 ma anteriormente all’entrata in vigore del d.l. n. 223 del 2006 e rivenduti sempre nel corso del 2006, ma successivamente all’entrata in vigore del cit. d.l. n. 223; che il motivo è fondato;
che è noto che l’art. 35, comma 8 aveva reso non imponibili “le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato, escluse quelle effettuate, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e) della legge 5 agosto 1978, n. 457“; che l’art. 19-bis.2, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che “se mutamenti nel regime fiscale delle operazioni attive, nel regime di detrazione dell’imposta sugli acquisti o nell’attività comportano la detrazione dell’imposta in misura diversa da quella già operata, la rettifica è eseguita limitatamente ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, è eseguita se non sono trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione” ;
che da tale disposizione derivava che, per gli immobili il cui regime I.V.A. passava dalla imponibilità all’esenzione, vi sarebbe stato l’obbligo della rettifica, cioè del riversamento dell’imposta detratta negli anni precedenti, con le modalità e alle condizioni stabilite dal citato art. 19-bis.2 del d.P.R. n 633 del 1972;
che, tuttavia, l’art. 35, comma 9, del d.l. n. 223 del 2006, come modificato dalla l. n. 248 del 2006, stabilisce, per quanto riguarda gli immobili abitativi, che “in sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma 8 in relazione al mutato regime disposto dall’articolo 10, primo comma, numeri 8) e 8-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non si effettua la rettifica della detrazione dell’imposta prevista dall’articolo 19-bis2 del citato decreto n. 633 del 1972, limitatamente ai fabbricati diversi da quelli strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, posseduti alla data del 4 luglio 2006 che questa Corte ha recentemente chiarito (Cass., sez. 5, 30.1.2018, n. 2264, non massimata) che l’ordito normativo innanzi illustrato va interpretato nel senso che “non sono interessati dalla norma di esonero dalla rettifica di cui all’articolo 35, comma 9, del citato D.L. 323 del 2006, gli immobili acquistati nel corso del 2006 per i quali la detrazione sia stata operata in base alla normativa vigente prima del 4 luglio… in questo caso, infatti, non operano le norme sulla rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis2, bensì le regole di determinazione della detrazione previste dall’articolo 19, comma 5, secondo le quali “la detrazione operata nel corso dell’anno deve considerarsi provvisoria, in quanto l’ammontare dell’imposta detraibile risulta determinato solo alla fine del periodo d’imposta, sulla base delle operazioni esenti o imponibili effettuate“; – è decisiva la considerazione che la norma transitoria comporta eccezione al principio ex art. 19 bis2, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, consentendo a soggetti che, in base ad essa, perderebbero il diritto di detrazione già fruito di mantenerlo; – diversamente, con riferimento agli acquisti operati prima dell’entrata in vigore della normativa che ha modificato il regime d’imponibilità, ma comunque nel corso dello stesso anno (2006), il diritto di detrazione non era stata ancora fruito; – in questo caso, infatti, non c’è alcuna “rettifica” da operare, ma c’è solo da determinare la imposta, secondo la regola stabilita dall’art. 19, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, applicabile ratione temporis: «Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis. Nel corso dell’anno detrazione provvisoriamente operata con l’applicazione della percentuale di detrazione dell’anno precedente, salvo conguaglio alla fine dell’anno
che, in conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, va affermato il seguente principio di diritto:”in tema di I.V.A. relativa alla cessione di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumentali e che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, la disciplina transitoria di cui all’art. 35, comma 9, del d.l. n. 323 del 2006, come modificato dalla l. n. 248 del 2006, va interpretata nel senso che relativamente ai cespiti acquistati nel corso del 2006, per i quali la detrazione sia stata operata in base alla normativa vigente prima del 4 luglio, e rivenduti sempre nel corso del 2006 ma successivamente a tale data, non operano le norme sulla rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis.2 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì le regole di determinazione della detrazione previste dall’articolo 19, comma 5, del medesimo d.P.R. (nella formulazione applicabile ratione temporis), secondo le quali la detrazione operata nel corso dell’anno deve considerarsi provvisoria, in quanto l’ammontare dell’imposta detraibile risulta determinato solo alla fine del periodo d’imposta, sulla base delle operazioni esenti o imponibili effettuate”;
che con il primo motivo del ricorso principale parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, per avere la C.T.R. erroneamente applicato il principio di tutela dell’affidamento alla debenza del tributo (nella specie, l’I.V.A.) anziché alle sanzioni ed agli interessi; che il motivo è fondato essendo costante, nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, l’affermazione che le circolari ministeriali in materia tributaria (nella specie, la Circolare 27/E del 4 agosto 2006, richiamata dai controricorrenti alla p. 29 del proprio atto di costituzione) non costituiscono fonte di diritti e obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione (per quanto supra chiarito) erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non è esonerato dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, essendo esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 11.7.2019, n. 18618, Rv. 654515-01); che quanto precede determina l’assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale (che presuppone il riconoscimento del diritto al rimborso);
Ritenuto, quindi, che: a) debba essere dichiarato inammissibile il ricorso originariamente proposto dalla I. S.R.L. in liquidazione; b) debba essere accolto, nei limiti di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso incidentale; c) debbano essere accolti entrambi i motivi di ricorso principale, con assorbimento del secondo motivo di ricorso incidentale, che, pertanto, la gravata decisione debba cassata; peraltro, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa ben può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla V. S.R.L. e dalla T. S.R.L., quali ex socie della I. 209 S.R.L. in liquidazione; che sussistono le condizioni, ex art. 92, comma 2, cod. proc. civ., per la integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio tra tutte le parti, per l’assoluta novità della questione inerente la portata dell’art. 35, comma 9, cit., nonché per essere le Sezioni Unite intervenute a comporre il contrasto giurisprudenziale in relazione alla portata dell’art. 2495 cod. civ. solo in data successiva alla pubblicazione della sentenza di secondo grado;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’originario ricorso proposto dalla I. 209 S.R.L. IN LIQUIDAZIONE. Accoglie il ricorso principale; accoglie, nel imiti di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso incidentale, con assorbimento del secondo. Per l’effetto cassa la gravata decisione e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto dalla V. S.R.L. e dalla T. S.R.L., quali ex socie della I. S.R.L. in liquidazione.
Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.
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