CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2021, n. 18582
Tributi – Accertamento – Mancata esibizione documentazione contabile – Legittimo impedimento – Documentazione sequestrata dai carabinieri – Prova – Necessità
Rilevato
nella controversia originata dalla impugnazione da parte della R.I.C. s.r.l. di avviso di accertamento, relativo a Ires, Irap e Iva dell’anno di imposta 2002, la Commissione tributaria regionale del Lazio (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe e in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, riformava parzialmente la decisione di primo grado che aveva integralmente annullato l’atto impositivo.
Il Giudice di appello argomentava la decisione, per quanto ancora rileva in questa sede, ritenendo che:
– correttamente il primo giudice aveva ritenuto integrare legittimo impedimento all’esibizione della documentazione, richiesta in sede di contraddittorio, l’avvenuto sequestro a opera dei Carabinieri della documentazione contabile;
– in ordine ai costi relativi ai lavori stipulati tra la contribuente e la E.F., pur non essendo stati depositati gli stati di avanzamento dei lavori, gli stessi potevano ritenersi documentati, a fronte del sequestro delle scritture contabili, dai contratti di assegnazione di alloggi;
i rilievi avanzati dall’Ufficio, in ordine ai beni ammortizzabili, fossero meramente formali e quindi tali da non scalfire la legittimità dell’operato accantonamento di componenti positive o negative.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso, su quattro motivi, l’Agenzia delle entrate.
La Società non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis 1, cod.proc.civ., alla trattazione in camera di consiglio.
Considerato che
1. l’Agenzia delle Entrate, con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 cod.proc.civ., deduce la violazione o falsa applicazione dell’art.32 ultimo comma del d.P.R. n.600 del 1973, dell’art.52, quinto comma, del d.P.R. n.633 del 1972 nonché degli articoli 2697 cod.civ. e 115 cod.proc.civ. Con il mezzo, in particolare, si censura il passo motivazionale con il quale il Giudice di appello aveva confermato la prima decisione, condividendone l’argomentazione secondo cui il dedotto sequestro delle scritture contabili costituiva causa di materiale indisponibilità che ne giustificava la mancata produzione in sede di contraddittorio. La ricorrente evidenzia che il sequestro delle scritture contabili era stato meramente allegato dalla contribuente, la quale non aveva prodotto alcuna documentazione a conforto, e rileva come il giudice di appello abbia violato il principio dell’onere della prova, sia dando per dimostrato quanto solo dedotto, sia prospettando indebitamente un onere di dimostrazione dell’esistenza del sequestro in capo all’Ufficio.
1.1. La censura è fondata. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art.32 del d.P.R. n.600 del 1973 costituisce, infatti, onere del contribuente fornire la prova di non avere potuto adempiere alle richieste degli uffici per cause a lui non imputabili. Nel caso in esame, l’errore in iudicando commesso dalla C.T.R. appare evidente laddove il Giudice di appello da un canto, pur in presenza di espressa contestazione, ha ritenuto dimostrata l’avvenuta sottoposizione a sequestro delle scritture contabili, solo verbalmente dedotta dal contribuente, e dall’altro, dando rilievo alla assenza di prova certa e contraria sulla inesistenza di detto provvedimento di sequestro ha indebitamente addossato l’onere probatorio all’Amministrazione finanziaria.
2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.112 cod.proc.civ. e si denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.4 cod.proc.civ., la sentenza di apoditticità laddove la C.T.R. aveva argomentato la veridicità dei costi, relativi ai lavori stipulati tra la Società contribuente e la E.F., malgrado non fossero stati prodotti gli stati avanzamento dei lavori, sulla base dei contratti di assegnazione di alloggi.
2.2. La censura è fondata. A fronte delle copiose argomentazioni e allegazioni di fatti dedotti dall’Amministrazione sin dal primo grado, e ribaditi in appello, sulla mancanza di qualsiasi elemento di prova in ordine al reale pagamento delle fatture per i parziali lavori di costruzione realizzati nel 2002, la C.T.R. che, pur dà atto della mancanza della prova principe costituita dagli stati di avanzamento dei lavori, motiva il rigetto del corrispondente motivo di appello, facendo un generico riferimento a contratti di cessioni di alloggi che non consente di comprendere l’iter logico giuridico seguito dal giudice di merito per giungere alla sua soluzione.
3. L’accoglimento del superiore motivo esime questa Corte dall’esame del terzo siccome proposto in subordine.
4. Con il quarto motivo, infine, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art.102, comma secondo, del T.U.I.R. laddove la C.T.R. aveva ritenuto, in ordine alla deducibilità della somma relativa ai beni ammortizzabili, che i rilievi dell’Ufficio avevano natura meramente formale e come tali non scalfivano la legittimità dell’operato accantonamento.
4.1. Il motivo merita accoglimento. Con il rilievo, di cui si discute, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, ai fini della quantificazione del reddito, le quote di ammortamento utilizzate nell’anno, nella considerazione che le immobilizzazioni materiali riferite all’acquisizione di macchinari, attrezzature industriali e automezzi non avevano trovato riscontro nel registro dei cespiti ammortizzabili che, prodotto solo con il ricorso introduttivo, non recava alcuna specificazione circa la consistenza dei fabbricati civili o qualunque altro dato in grado di consentire l’identificazione degli immobili né l’indicazione del coefficiente di ammortamento.
A fronte di ciò, l’argomentazione del giudice di appello secondo cui tali rilievi erano meramente formali, pur nella mancata individuazione dei cespiti ammortizzabili e delle ragioni dell’applicazione di un coefficiente di ammortamento diverso da quello previsto dall’invocato decreto ministeriale, viola palesemente il disposto del citato art.102, il quale individua espressamente i limiti entro i quali l’ammortamento è consentito.
5. In conclusione, i motivi del ricorso, ad eccezione del terzo il cui esame è rimasto assorbito, vanno accolti con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al Giudice di merito il quale provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio sezione di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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