CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2022, n. 20824
Rapporto di lavoro – Impresa edile – Natura subordinata dei rapporti intercorsi con due prestatori – Accertamento – Valore probatorio dei verbali ispettivi
Rilevato che
1. la Corte di Appello di Bologna, con sentenza n.128 del 2016, ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Rimini (così in sentenza), che aveva rigettato i due ricorsi riuniti (così in sentenza) proposti dall’Impresa edile C.M. volti all’accertamento della natura autonoma dei rapporti di lavoro intercorsi con due prestatori, ritenuti subordinati dagli enti previdenziali e dalla Direzione provinciale del lavoro di Forlì, all’esito degli accertamenti ispettivi;
2. in particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che i rapporti di lavoro in contestazione fossero riconducibili allo schema tipico della subordinazione alla stregua delle risultanze del verbale ispettivo, per l’affidabilità degli elementi acquisiti nell’immediatezza dell’accertamento, e del testimoniale acquisito alla causa, esaminati gli elementi caratterizzanti i rapporti instaurati dalla società con gli asseriti artigiani edili e verificate, in concreto, le modalità di svolgimento dell’attività da parte di questi ultimi;
3. avverso tale sentenza l’Impresa edile C.M. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, al quale ha opposto difese l’INAIL ;con controricorso;
4. l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha conferito solo delega in calce alla copia notifica del ricorso;
5. La Direzione provinciale del lavoro di Forlì, oggi Direzione territoriale del lavoro, è rimasta intimata;
Considerato che
6. con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittoria per non essere evincibile dalla motivazione della sentenza impugnata alcun riferimento al caso di specie che permetta di ritenere effettivamente riferita la motivazione alla vicenda sottoposta all’esame dea Corte, arche per l’indicazione di due ricorsi poi riuniti, laddove i ricorsi riuniti erano tre, e per l’assorbente rilievo che non si è ma: adito il Tribunale di Rimini, come afferma la Corte territoriale, per essere stato, invece, investito della controversia il Tribunale di Farli e per non avere mai posto;in controversia, il tema del lavoro a progetto; in definitiva, assenza ed apparenza della motivazione non consente neanche di cogliere la ratio decidendi;
7. con il secondo si deduce violazione dell’art. 2697 cod.civ., in riferimento alla qualificazione dei rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 cod.civ., per avere la Corte di merito richiamato gli indici sussidiari della subordinazione, per inquadrare i! rapporto controverso, ma fondato la decisione unicamente sul verbale ispettivo; ignorando quanto emerso dalle prove assunte nei corso dei processo e dagli altri elementi forniti, finendo per invertire l’onere della prova in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato;
8. con il terzo si deduce violazione degi artt. 1655-2222, 2094 cod.civ. e omesso esame di elementi decisivi risultanti dagli atti, per avere la Corte di merito errato nell’applicazione degli indici sussidiari della subordinazione, in presenza di mansioni ripetitive, nella distinzione tra subordinazione e appalto nonché nella valutazione degli elementi, principale e secondari :valorizzati a tal fine;
9. il ricorso è da rigettare;
10. quanto alla doglianza svolta con primo mezzo, l’inesatta indicazione degli elementi segnalati nello storico di lite non ridonda in vizio della sentenza, ai sensi (dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod.proc.civ., per essere risultata la sentenza impugnata non disancorata dalla fattispecie concreta o sprovvista di riferimenti specifici per svelarne la ratio decidendi ed evidenziare gli elementi a fondamento, nella specie, del convincimento del giudice, tant’è che, all’evidenza, è stato agevole l’adito alle scrutinio di legittimità e allo svolgimento degli ulteriori mezzi di censura con i guaii la parte ricorrente ha attinto la decisione;
11. anche gli altri due motivi, esaminati congiuntamente per la loro logica connessione, sono rigettare;
12. innanzitutto, la violazione dell’art. 2697 cod.civ., in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v., ex multis, Cass. n. 8554 del 2018), è configurabile, integrando motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n 3, cod.pro.civ., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, secondo le regole dettate da quella norma mentre laddove la censura sia incentrata sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività regolata dagli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., il relativo vizio può essere fatto valere, ai sensi del n. 5 del citato articolo 360, del codice di rito, secondo il paradigma del novellato vizio di motivazione, secondo l’interpretazione data dalle già richiamate Sezioni unite della Corte (sentenza n. 8053 del 2014 e numerose successivi conforme);
13. vale, dunque, riaffermare, con le Sezioni unite della Corte, sentenza n. 8053 del 2014, che alla stregua dei novellato vizio di motivazione, applicabile rentione temporis l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, H vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
14. in sede di legittimità, non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente del n. 5 dell’art. 360 cod.proc.civ.) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico ma la stessa attività di valutazione del compendio probatorio, che solo ai giudice di merito compete;
15. inoltre la doglianza enunciata con il terzo motivo è in parte inammissibile laddove pretende di sindacare secondo i paradigma della violazione di legge, il compito del giudice dei merito di individuare le fonti dei proprio convincimento e la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova;
16. ed ancora, la riconducibilità dei rapporto all’uno o all’altro degli schemi contestati con l’azione di accertamento negativo svolta dall’attuale ricorrente esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione dei concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano il lavoro autonomo o subordinato e delle distinte e peculiari prestazioni, indagine il cui esito non è censurabile, in sede di legittimità e, nel profilo dei vizio motivazionale, soggiace allo scrutinio di legittimità solo nei limiti dianzi esposti;
17. quanto, inoltre, alla valorizzazione degli accertamenti ispettivi e degli elementi da essi desumibili, la Corte di merito si è correttamente uniformata alla giurisprudenza di legittimità sul valore da attribuire ai verbali di accertamento amministrativi e, in particolare ai verbali ispettivi redatti dagli ispettori degli enti previdenziali, la cui attendibilità può essere incrinata solo da una prova contraria (cfr., fra le tante, Cass. n.20768 del 2017 e i precedenti ivi richiamati);
18. vale, al riguardo, ricordare che i verbali ispettivi fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti (cfr., fra le tante, Cass.n.9632 del 2016);
19. del pari consolidato è il principio per cui per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (fra tante, Cass. n. 25692 del 2019);
20. in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
21. non si provvede alla regolazione delle spese per la parte che non ha svolto attività difensiva:
22. ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quelle per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, in favore dell’INAIL, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario dei 15 per cento.
Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, .P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.