CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 luglio 2018, n. 20120
Tributi – IVA – Dichiarazione considerata omessa per tardiva presentazione – Perdita del credito maturato – Esclusione – Prevalenza sostanziale del diritto alla detrazione
Considerato che
La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza depositata in data 6.9.2011, accoglieva l’appello proposto dalla società M.D. s.r.l., riformava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino, ritenendo ammissibile la compensazione del credito Iva con riferimento alla cartella di pagamento, ex art. 36 bis dPR 600/73, per la somma di € 48.223,32, per l’anno d’imposta 2006, con cui l’Agenzia aveva, invece, disconosciuto le compensazioni effettuate mediante utilizzazione del credito Iva di € 34.711,00, maturato nel 2005, avendo la società presentato la relativa dichiarazione oltre i termini di legge, da considerarsi quindi omessa.
La CTR riteneva che il contribuente non perde il diritto alla detrazione anche se abbia poi omesso di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’Agenzia, affidato ad un unico motivo; la società deposita controricorso.
Ritenuto che
1. Con I’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 7, dPR 322/98, 30, comma 2 e 55, comma 1 dPR 633/72, in relazione all’articolo 360, numero 3, c.p.c., non avendo la CTR rilevato, stante la tardività della dichiarazione Iva, relativa all’anno 2005, da considerarsi, quindi, omessa, la illegittimità della compensazione operata nell’anno successivo.
2. Il motivo è infondato.
Deve essere preliminarmente rilevato, come affermato dalle Sezioni Unite con le sentenze dell’8 settembre 2016, n. 17757 e 17758, che il rapporto di natura tributaria con il fisco scaturisce da un’operazione lecita ed effettiva e gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte. Pertanto ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito.
Il percorso della giurisprudenza è andato nella direzione di dare rilevanza alla sostanza (l’esistenza del credito) piuttosto che alla forma (mancato invio del modello annuale Iva) e il giudice tributario dovrà riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione.
L’omesso invio della dichiarazione Iva da cui emerge un credito, poi riportato nel modello dell’anno successivo, non comporta, quindi, la decadenza dal diritto di far valere tale credito purché lo stesso emerga dalle scritture contabili. Tale conclusione, discende dalla interpretazione dell’art.18 della Direttiva CE n. 77/388/CE, il quale subordina il diritto alla detrazione dell’Iva solamente al possesso della fattura, compilata secondo le disposizioni a essa applicabili. Tale soluzione garantisce il principio di neutralità dell’imposta in questione, quale principio fondamentale sul quale poggia l’intero impianto normativo dell’Iva. (cfr Cass. 16 ottobre 2012 n. 17754; Cass. 22 febbraio 2013 n. 4539).
La necessità di rispettare il citato principio di neutralità, infatti, deve essere garantito anche nel caso in cui il soggetto passivo non rispetti le formalità imposte da uno Stato membro, quale ad esempio la presentazione della dichiarazione annuale Iva.
Questa Corte, con riferimento ai concetti espressi dalla Corte di Giustizia CE cause C-95/07 e C-96/07 del 8/5/2008, ha affermato che “ai sensi degli artt. 18, n. 1, lett. d) e 22 della sesta direttiva CE n. 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/17 il principio della neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie succitate, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, mediante I’annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l’eventuale sanzione per l’inosservanza di tali obblighi”. (Cass. 20/3/2013 n. 6925)
Il presupposto dell’esistenza del documento contabile costituito dalla fattura, quale unico elemento sufficiente per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva, è stato stabilito in modo chiaro ancora con la sentenza n. 19529 del 23 settembre 2011, la quale ha affermato che “non v’è perdita del credito d’imposta nel caso in cui il contribuente, che abbia regolarmente annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca per lui il credito e operato la relativa detrazione nelle liquidazioni periodiche, non presenti poi la dichiarazione annuale”. Tale conclusione è la diretta conseguenza della considerazione secondo cui “gli altri adempimenti formali sono dettati unicamente per esigenze riguardanti l’accertamento del tributo, senza intaccare sul piano fiscale sostanziale il credito del contribuente” (Cass. 20/3/2013 n. 6925)
Pertanto in forza del prevalente orientamento della Suprema Corte l’omessa presentazione della dichiarazione Iva non fa perdere il diritto alla detrazione del credito maturato nel corso del medesimo anno, nell’ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso ed indicato nella dichiarazione Iva dell’anno successivo (cfr Corte Europea 12 maggio 2011, C – 107/10 e Cass. 22/05/2006, n. 12012; Cass. 06/08/2008, n. 21202.)
Tuttavia il diritto alla detrazione deve essere esercitato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 non contrastante con la citata Direttiva.
Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto “il credito Iva maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa può comunque essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di accertare l’esistenza del credito ai sensi dell’articolo 55 d.p.r. 633/1972”
Il presente giudizio, così come anche riconosciuto dalla stessa Agenzia, non ha per oggetto l’accertamento dell’esistenza del credito, bensì l’accertamento del diritto alla compensazione del credito vantato dalla società con i debiti tributari maturati nell’anno successivo a quello di maturazione del credito e, pertanto, deve essere riconosciuto il diritto del contribuente alla richiesta compensazione.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.5.000 per compensi professionali, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
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