CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 luglio 2020, n. 16382
Accertamento – IRAP – Ramo d’azienda – Riscossione – Omesso versamento – Pignoramento mobiliare
Fatti di causa
1. La contribuente espone di aver acquistato nell’anno 2000 un ramo d’azienda dalla Associazione Produttori Agricoli N.E. s.c.a.r.I., cui nel luglio del 2003 veniva notificata cartella per omesso versamento Irap relativa all’anno 1998.
L’agente per la riscossione tentava l’escussione del debitore con infruttuoso pignoramento mobiliare, per cui si rivolgeva alla cessionaria qui ricorrente che spiegava difese in primo grado, protestando la estraneità al rapporto fiscale, sia per decadenza dal potere impositivo, sia perché attinente a questioni estranee al ramo d’azienda acquisito, sia perché il debito non era presente né noto all’atto di cessione, sia -infine- perché comunque il titolo non era motivato.
2. Il rigetto del ricorso era confermato in appello, ove la CTR riconosceva sussistere tutte le condizioni di cui alla responsabilità solidale di cui all’art. 14 d.lgs. n. 472/1997 che, costituendo lex specialis in deroga al principio generale di cui all’art. 2560 c.c., richiede tre presupposti: l’indicazione del valore del ramo d’azienda, come dichiarato in atto notarile; la preventiva escussione del debitore principale, risultante dal verbale di pignoramento negativo; e le risultanze del debito fiscale agli atti dell’Ufficio, peraltro attestato dall’Agenzia fiscale. Rilevava che la cartella era stata notificata a luglio del 2003, cioè entro il quinquennio dall’anno di imposta cui si riferisce il debito, nel caso in esame, il 1998.
Avverso questa sentenza propone ricorso la Coop. Consumo N.E. scpa, affidandosi a due motivi di doglianza cui replicano il patrono erariale e dell’agente della riscossione.
Ragioni della decisione
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo si prospetta il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997, nella sostanza protestandosi non sussistere le condizioni di solidarietà nell’adempimento dell’obbligazione tributaria, sia per non aver ricevuto prima del 2003 alcuna notizia del debito, sia perché non attinente al ramo d’azienda acquisito, sia perché non preceduto dal beneficio della sussidiarietà.
Con giudizio di merito il cui sindacato resta precluso a questa Corte di legittimità, la CTR ha individuato i requisiti della solidarietà per i debiti fiscali nei limiti del valore del ramo d’azienda (anche se non debiti del ramo d’azienda), con estensione a quelli sorti nei due anni fiscali precedenti all’anno di cessione, ove quest’ultima è del 2000, mentre il debito riguarda omissione Irap 1998. Analoga sorte segue il giudizio sul beneficio della preventiva escussione del debitore principale, che la CTR dà per assolto con il verbale di un unico infruttuoso pignoramento immobiliare.
A questa Corte di legittimità resta inibito il controllo di merito sulla congruità di un pignoramento mobiliare negativo quale presupposto per far scattare la responsabilità sussidiaria del coobbligato, profilo che impinge pienamente nel merito. Il motivo è quindi inammissibile.
2. Con il secondo motivo, si profila censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990 e dell’art. 7 della l. n. 212/2000, per difetto di motivazione della cartella esattoriale. Come ha avuto modo di ribadire anche recentemente questa Corte di legittimità, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, ex art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta negli artt. 1, comma 2, e 6, comma 1, del d.m. Finanze n. 321 del 1999 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l’indicazione degli “estremi di tale atto e la relativa data di notifica”), in quanto essa va letta in combinato disposto con le di poco successive norme primarie contenute, prima in via generale nello Statuto del contribuente (art. 7, comma 3, della l. n. 212 del 2000) e poi, con specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel d.lgs. n. 32 del 2001 (art. 8, comma 1, lett. a) che ha modificato gli artt. 1 e 12 del d.P.R. n. 602 cit.), che si limitano a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa” (Cass. V, n. 1111/2018, conf. n. 25343/18; VI – 5, n. 8224/18). Il motivo è quindi
infondato e va rigettato.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in €.duemilatrecento/00 oltre a spese prenotate a debito, nonché ad equitalia che liquida in euro 2.300,00 oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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