CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13537
Cartelle esattoriali – Riscossione coattiva – Omessa notifica dell’atto presupposto – Illegittimità dell’esecuzione – Condanna alla refusione delle spese di giudizio
Ritenuto che
la società Equitalia Sud S.p.a. ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Roma 16.11.2015 n. 23143;
tale sentenza, accogliendo l’opposizione proposta ex art. 615 c.p.c. da A.G. all’esecuzione iniziata da Equitalia Sud per la riscossione d’una cartella esattoriale, a sua volta emessa per il pagamento di plurime sanzione amministrative (irrogate per violazione delle norme del codice della strada), ha condannato in solido sia il Comune di Roma (ovvero l’ente che irrogò la sanzione amministrativa), sia la Equitalia Sud s.p.a. (ovvero l’agente della riscossione), alla rifusione in favore dell’opponente delle spese del doppio grado di giudizio, lite, liquidate in euro 367 per il primo grado ed euro 730 per il secondo grado;
con l’unico motivo del proprio ricorso, la Equitalia Sud lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.; è denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e degli artt. 12, 24, 25 e 59 del d.p.r. 29.9.1973 n. 602;
il motivo, pur formalmente unitario, contiene in realtà due censure: (a) con una prima censura, la ricorrente sostiene che nel giudizio di opposizione all’esecuzione essa non si sarebbe potuta ritenere soccombente” ai sensi dell’art. 91 c.p.c., e di conseguenza non poteva essere condannata alle spese, in quanto l’opposizione fu accolta a causa dell’omessa notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, attività non spettante e non eseguita dall’agente per la riscossione;
(b) con una seconda censura sostiene che, in virtù delle norme che disciplinano la riscossione coattiva a mezzo ruolo esattoriale (artt. 12 e 24 del d.P.R. 29.9.1973 n. 602), l’agente della riscossione non ha né l’obbligo, né il potere, di verificare la legittimità del titolo esecutivo in base al quale è iniziata l’esecuzione, e di conseguenza non può essere condannata alla rifusione delle spese processuali, nel caso in cui l’opposizione venga accolta per fatti imputabili all’ente impositore;
Considerato che
il ricorso è infondato;
il presente giudizio ha preso le mosse da una opposizione a cartella di pagamento, con la quale l’opponente si dolse di non avere mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione dell’infrazione; tale opposizione, in virtù della scissione che il nostro ordinamento prevede tra la titolarità del credito e la titolarità del potere di azione esecutiva, va proposta nei confronti dell’agente della riscossione; questi, pertanto, è il solo soggetto che, iniziando l’esecuzione, fa sorgere l’onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi giocoforza che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste, per il caso di fondatezza delle contestazioni all’azione esecutiva da esso, come già ritenuto da questa Corte (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3101 del 6.2.2017, alla cui ampia motivazione può in questa sede farsi rinvio; nello stesso senso, peraltro, si vedano altresì Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6954 del 20.3.2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2996 del 7.2.2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2993 del 7.2.2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1110 del 18.1.2018);
la sopportazione di tali conseguenze, da parte dell’agente della riscossione, costituisce dunque applicazione del principio di causalità, non di quello di soccombenza, e trova il giusto contrappeso nella facoltà dell’agente della riscossione di chiamare in causa l’ente creditore (ai sensi dell’art. 39 d. lgs. 13 aprile 1999, n. 112), quando l’opposizione si fondi su vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’ente impositore o creditore;
aggiungasi che al fine di non aggravare ulteriormente la posizione del debitore d’una pretesa esattoriale, il quale è già assoggettato ad un regime di particolare sfavore rispetto all’esecuzione ordinaria — in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto a promuovere per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa;
le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna Equitalia Sud s.p.a. alla rifusione in favore di A.G. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 545, di cui 200 per spese vive, oltre IVA, cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55, importi tutti che si distraggono in favore dell’avv. A.D.M., la quale ha formulato richiesta di distrazione delle spese ex art. 93, comma primo, c.p.c., in tal modo assumendo di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari;
– dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Equitalia Sud s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
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