CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13636
Tributi – Accertamento – Notificazione – Cessione quota societaria – Plusvalenza
Rilevato che
1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 125 del 16 novembre 2010, con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento notificato – per Iva, Irpef ed Irap 2002 – alla commercialista L.F. a titolo di recupero di imposta su proventi professionali illeciti, nonché di plusvalenza non dichiarata su cessione 29 marzo 2002 di quota societaria.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che l’amministrazione finanziaria non potesse contestare quest’ultimo recupero di imposta, atteso che: – la F. aveva fruito della facoltà di rideterminazione del valore di acquisto della quota societaria mediante perizia giurata di stima, così come previsto dall’art. 5 L.448/01; – ancorché nell’ambito di un procedimento penale radicatosi presso il tribunale di Genova fosse emerso che tale perizia era stata materialmente redatta dalla stessa contribuente, e poi fatta propria per mera compiacenza dal collega B. (co-imputato con la F. per l’illecita ripartizione di compensi professionali rinvenienti da incarichi giudiziari), non risultava pur tuttavia che tale perizia fosse “falsa o comunque inattendibile”; – per quanto la F. non avesse esposto, nella dichiarazione dei redditi 2002, la plusvalenza derivante dalla cessione della quota societaria né l’operazione di rivalutazione, ciò non ostava all’ammissione al regime sostitutivo, avendo la contribuente regolarmente versato l’imposta a tale titolo dovuta. Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dalla F..
2. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 L. 448/01, in relazione agli articoli 51 e 63 segg. cpc..
Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto valida ed efficace, ai fini della rivalutazione della quota societaria, la perizia giurata di stima allegata dalla F.; nonostante che essa fosse stata materialmente redatta dalla stessa contribuente, e poi sottoscritta dal collega B. in situazione di astensione obbligatoria di quest’ultimo (rapporti di debito-credito con la F.; gravi ragioni di convenienza). Ciò attesi i rapporti illeciti tra i due, come risultanti dai capi di imputazione del suddetto procedimento penale, nonché da quanto dallo stesso B. riconosciuto in tale procedimento.
Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce analoga violazione, con riferimento agli articoli 5, co.3^, I. 461/97 nonché 81 e 82 d.P.R. 917/1986. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto ammissibile la procedura di rivalutazione della quota societaria, nonostante che la plusvalenza non fosse stata dichiarata dalla F. nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2002. Né quest’ultima aveva dichiarato, nell’atto di cessione, la volontà di avvalersi dell’agevolazione.
3.1 E’ fondato, con effetto assorbente dell’ulteriore censura, il primo motivo di ricorso.
In base all’art. 5 l. 448/01: “Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 81, comma 1, lettere c) e cbis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1^ gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonché nell’elenco dei revisori contabili, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 7”.
Il fatto che questa norma estenda al perito estimatore il regime di responsabilità – civile e penale – proprio del consulente tecnico d’ufficio e del perito (art. 64 cod.proc.civ.) trova fondamento nella ratio legis volta a consentire la tassazione agevolata sostitutiva, in luogo di quella ordinaria, solo in presenza di comprovati presupposti di oggettiva affidabilità ed attendibilità della perizia giurata di stima che deve essere obbligatoriamente allegata dalla parte contribuente al momento di fruizione di tale tassazione agevolata.
Quanto così valutato dal perito estimatore non è tuttavia assistito (fino a querela di falso) dalla fede privilegiata propria dell’atto pubblico, potendo invece essere assoggettato a controllo da parte dell’amministrazione finanziaria. Ciò quante volte emergano fondate ragioni per ritenere che la perizia giurata – demandata ad uno stimatore designato unilateralmente dalla parte interessata, e non dal giudice nell’ambito di un procedimento informato a contraddittorio e terzietà – sia appunto carente dei suddetti requisiti di affidabilità ed obiettività di giudizio.
Si è in proposito stabilito (con riguardo alla analoga fattispecie di cui all’art. 7 L.448/01, ma con principio di valenza generale) che – nel caso in cui il contribuente si avvalga della facoltà di rideterminazione del valore sulla base della prescritta perizia giurata di stima – “l’Ufficio conserva il potere di accertare se lo stesso corrisponda o meno alla realtà, in quanto il richiamo dell’applicabilità a detta perizia dell’art. 64 cod. proc. civ. non attribuisce a questa la forza di atto pubblico, ma ha l’unico scopo di assoggettare il professionista incaricato dal privato alla responsabilità penale del consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice, né, del resto, la consulenza tecnica fa pubblica fede dei giudizi e delle valutazioni in essa contenuti” (Cass. 9109/12).
Analogamente, Cass. ord 19465/16 ha stabilito che, in tema di determinazione della plusvalenza Irpef ex articolo 67 d.P.R. 917/1986, la perizia giurata di stima di cui alla 1.448/01 “non limita il potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria”; desumendosi da essa unicamente il valore normale minimo di riferimento – ma non per questo intangibile – ai fini della tassazione sostitutiva.
3.2 Ora, nel caso di specie l’amministrazione finanziaria ha appunto ritenuto di esercitare tale potere, disattendendo la rivalutazione di cui alla perizia giurata di stima del B. sulla base di elementi oggettivi e soggettivi di inattendibilità; così come rilevati dallo stesso giudice di merito nella sentenza impugnata.
In primo luogo emergeva dal procedimento penale pendente avanti al tribunale di Genova che la F. era stata rinviata a giudizio – con il convivente, giudice presso la sezione fallimentare del tribunale di Firenze – per i reati di cui agli articoli 319, 319 bis e 319 ter cp. E ciò con riguardo all’affidamento di incarichi giudiziari al B. (collega di studio della F.) previo accordo di spartizione a favore di quest’ultima di una quota (25%) dei compensi liquidati. A tali fatti di imputazione la stessa commissione tributaria regionale ha attribuito valenza giuridica di presunzione grave, precisa e concordante di percezione illecita di maggiori redditi da parte della F. nell’ambito del rapporto con il B.; e ciò, rilevando che si trattava di fatti (ancorché non ancora giudizialmente accertati) comunque costituenti la risultante di “verifiche e di accertamenti compiuti con le garanzie proprie delle attività giudiziarie nell’esercizio di una funzione pubblica”. Risultanze suscettibili, nel convincimento del medesimo giudice di appello, di giustificare la privazione della libertà personale e, a maggior ragione, l’emissione di un accertamento tributario in recupero di maggiore imposta sul reddito (accertamento che l’amministrazione finanziaria aveva in effetti fondato, ex art. 38, 3 co., d.P.R. 600/73, sul concorso di presunzioni con i suddetti caratteri).
Senonché, da tale premessa – dichiaratamente attestante la sussistenza, quantomeno a livello presuntivo, di uno stretto coinvolgimento nell’illecito della F. con il B. – il giudice di appello non ha fatto discendere alcuna conseguenza sulla dedotta inattendibilità, e non rispondenza alla legge, della perizia giurata di stima.
In secondo luogo si osserva che è ancora il giudice di merito a riferire come il B. avesse riconosciuto de plano, nel corso del procedimento penale, che la perizia in questione non era stata da lui redatta; perché predisposta interamente e personalmente dalla stessa contribuente F., “senza alcuna sua partecipazione”, diversa da quella di averla sottoscritta “dopo averne letto il contenuto”. La conclusione alla quale è pervenuto il giudice regionale – secondo cui tale “recepimento” sarebbe di per sé sufficiente ad attribuire l’esito della stima giurata alla persona del B. ed al vaglio consapevole e critico da questi prestato all’oggetto di stima – non tiene conto della suddetta ratio dell’articolo 5 l. 448/01. Così da porsi in contrasto con questa prescrizione di legge nel momento in cui assume l’incensurabilità, da parte dell’amministrazione finanziaria, di una perizia giurata di stima proveniente da un soggetto: – almeno presuntivamente legato alla F. da un pactum sceleris comportante un accordo di ripartizione di compensi professionali illeciti rinvenienti dall’autorità giudiziaria, di per sé attestanti la sussistenza di rapporti in dare ed in avere tra le parti; – dichiaratamente estraneo all’accertamento diretto e personale del valore attribuibile alla quota societaria ceduta, certo non potendosi ravvisare un siffatto vaglio critico nella sola “lettura del contenuto” della relazione di stima predisposta in prima persona dalla parte interessata, e da quest’ultima sottopostagli per la sola formalità di sottoscrizione.
Orbene, ancorché l’amministrazione finanziaria abbia invocato – nel motivo in oggetto – la sussistenza di tipiche cause di astensione obbligatoria del consulente tecnico d’ufficio e del perito (art.63-51 cod.proc.civ.; 36-223 cpp), quali la sussistenza di debiti o crediti tra le parti nonché, e comunque, la presenza di gravi ragioni di convenienza (ascrivibili agli stessi fatti in imputazione), è indubbio che tale deduzione valga di per sé a rimarcare l’inefficacia – in base non alla norma processuale, ma direttamente a quella fiscale – della perizia in oggetto; in quanto intrinsecamente difforme dal modello legale improntato, come detto, a caratteri di oggettività, imparzialità, disinteresse valutativo.
Il tutto denota l’utilizzo strumentale ed abusivo, da parte della F., dell’istituto della rivalutazione di plusvalenza di cui all’art.5 cit.; dal che non poteva non conseguire la decadenza dal regime di favore.
La decisione qui censurata risulta dunque effettivamente emessa in violazione dell’art.5 1.448/01 cit., essendosi posta in contrasto con il principio in base al quale non può ritenersi legittimamente fruito il regime agevolato sostitutivo di plusvalenza sulla base di una stima giurata che non risponda al modello legale, perché non redatta – al di là della sua riferibilità e provenienza formale – da uno stimatore che abbia operato nella posizione di terzietà ed obiettività valutativa dovuta, in quanto ausiliari del giudice, dal consulente tecnico d’ufficio o dal perito ex art.64 cod.proc.civ..
In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 cod.proc.civ., mediante rigetto del ricorso introduttivo della parte contribuente.
Le spese di legittimità vengono poste a carico della contribuente; con compensazione di quelle dei gradi di merito, atteso il consolidarsi soltanto in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo di legittimità sulla censurabilità della perizia giurata di stima da parte dell’amministrazione finanziaria.
P.Q.M.
– accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ex art.384 cod.proc.civ., rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;
– pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico di quest’ultima, liquidate in euro 5,000,00 oltre spese prenotate a debito; compensa le spese del giudizio di merito.
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