CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 maggio 2018, n. 13658
Tributi – IRPEF – Accertamento – Plusvalenza da cessione di terreno edificabile – Simulazione di negozi giuridici – Abuso del diritto – Donazione seguita a pochi mesi dalla cessione ad un terzo – Onere di prova a carico del contribuente – Valide ragioni economiche, anche in concorrenza al risparmio fiscale
Ritenuto
che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, nei confronti di G.V., che ha depositato controricorso, affidato a tre mezzi, e memoria, avverso la sentenza n. 124/12/11, depositata il 20/9/2011, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva rigettato l’appello e confermato la decisione di accoglimento del ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso per il recupero a tassazione (Irpef 2000) di una plusvalenza di Euro 397.000,00 realizzata mediante la vendita, con atto registrato in data 21/7/2000, alla Società A.E. s.r.l., da parte del coniuge L.S., di un terreno edificabile, per Euro 410.000,00, bene a quest’ultima donato, con atto registrato in data 17/2/2000, al dichiarato valore di Euro 400.000,00, operazione ritenuta dall’Ufficio fiscalmente abusiva in quanto posta in essere allo scopo di abbattere la predetta plusvalenza mediante interposizione soggettiva, non ravvisandosi alcuna valida ragione economica idonea a giustificare, a distanza di pochi mesi, la successiva cessione del cespite;
che il giudice di appello hanno escluso che sia stata raggiunta la dimostrazione che il contribuente avesse operato per frodare l’erario, in quanto “la vendita è avvenuta a distanza di ben cinque mesi dalla donazione”, sicché “il tempo trascorso fra esse risulta più che idoneo ad eliminare la presunzione” fatta valere dall’Ufficio, essendo la “presunzione peraltro non supportata da circostanze gravi precise e concordanti”, stanti le addotte “motivazioni familiari e personali” e l’estraneità della S. alla compagine sociale dell’acquirente;
Considerato
che, con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 53 Cost., 37 bis d.p.r. n. 600 del 1973, 81, comma 1, lett. a) e b), d.p.r. n. 917 del 1986, omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatti decisivi e controversi del giudizio, giacché la CTR non ha tenuto conto dell’indirizzo giurisprudenziale di legittimità che riconosce la figura generale dell’abuso del diritto, riconduce ad essa le operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale, e pone a carico del contribuente l’onere della prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti, di carattere non meramente marginale o teorico, quando l’abuso dia luogo ad un elemento negativo del reddito; che con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 37 bis, d.p.r. n. 600 del 1973, 81, comma 1, lett. a) e b), d.p.r. n. 917 del 1986, giacché la CTR ha ritenuto sufficiente, al fine di escludere l’illecito fiscale, la regolarità formale dei singoli negozi giuridici, senza considerare la conclamata presenza di un risparmio fiscale e l’assenza di ragioni economiche diverse da quelle consistenti nel conseguimento di un vantaggio fiscale, risultato quest’ultimo mai contestato dal contribuente;
che con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. n. 5, omessa e insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi del giudizio, giacché la CTR non si sarebbe dovuta arrestare davanti alla regolarità dei negozi giuridici ed all’assenza della simulazione, ma avrebbe dovuto valutare, fornendo una motivazione riguardo a ciascuno dei profili indiziari dedotti dall’Ufficio, la effettiva giustificabilità economica della complessiva operazione, considerando la circostanza che la vendita del terreno edificabile seguiva di pochi mesi la donazione del bene, che inoltre l’atto di liberalità era stato effettuato a favore di coniuge in regime di comunione dei beni, che infine il prezzo di alienazione era quasi identico al valore della donazione, con conseguente abbattimento della plusvalenza generata dall’operazione immobiliare; che le censure, scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente connesse, sono fondate e meritano accoglimento;
che, invero, come può ricavarsi dalla formulazione letterale del comma 1 dell’art. 37 – bis d.p.r. n. 600 del 1973 («sono in opponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti»), in particolare argomentando – a contrario – dall’inciso «privi di valide ragioni economiche», è sufficiente, al fine di escludere il carattere elusivo dell’operazione, che il contribuente dimostri che essa è giustificata da «valide ragioni economiche», sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale;
che occorre, però, che tali ragioni economiche siano «valide», ossia di carattere «non meramente marginale o teorico» perché in tal caso risulterebbero «inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al mero risparmio fiscale, e tali quindi da potersi considerare manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti rispetto alla predetta finalità» (Cass. n. 21221/2006; n. 10257/2008), per cui possono definirsi elusive le operazioni compiute «essenzialmente» (anche se non esclusivamente) per il conseguimento di un vantaggio fiscale, con ciò intendendosi che, al fine di negare il carattere elusivo dell’operazione, non può attribuirsi rilievo alla compresenza purchessia di ragioni extrafiscali indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza, di scopi cioè di rilevanza talmente ridotta da non potersi considerare quale attendibile (ossia, «valida») giustificazione concorrente. (Cass. n. 2240/2018); che questa Corte ha inoltre affermato, in relazione a fattispecie affini a quella della presente controversia contraddistinti dalla donazione di terreni edificabili conclusa tra familiari, seguita d breve dalla vendita dei beni a terzi, il principio secondo cui la disciplina dell’interposizione, prevista dall’art. 37, terzo coma, del d.p.r. n. 600 del 1973 – a tenore del quale “in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiano titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona” – non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta, di tal che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali (Cass. n. 12788/2011, n. 449/2013, n. 25671/2013, n. 21794/2014, n. 21952/2015, n. 4966/2017);
che, ciò premesso, la motivazione offerta dal giudice di appello si appalesa insufficiente e priva di congruenza, risolvendosi in considerazioni generiche, incentrata com’è sulla affermazione, apodittica, che il tempo trascorso tra la donazione e la compravendita del terreno “risulta idoneo ad eliminare la presunzione avanzata dall’Ufficio”, senza alcun concreto riferimento a tutti gli elementi indiziari indicati dall’Ufficio, dei quali si è in precedenza fatto cenno, come anche alle giustificazioni fornite dal contribuente, che avrebbero meritato una considerazione complessiva e di sintesi, alla luce dei tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza), essendo consentito a questa Corte controllare l’applicazione della disposizione dell’art. 2729 c.c., sia sotto il profilo della violazione di legge, che sotto quello del vizio motivazionale (Cass. n. 19485/2017; 10973/2017);
che, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla medesima CTR, in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in altra composizione, anche per le spese del presente giudizio.